Marinella Correggia

Marinella Correggia

Ecoattivista e attivista per la pace. È anche giornalista e scrittrice: è stata in numerosi paesi del Medio Oriente (oltre che nei balcani), collabora con il Manifesto e il sito www.sibialiria.org

Libia 2011: troppi ignavi, silenziosi o consenzienti mentre la Nato apriva la strada ai nazi-califfi.

Con atrocità e massacri, l’intero Medioriente e buona parte dell’Africa pagano per le guerre dei governanti occidentali e l'ignavia dei relativi popoli. In tanti dovrebbero mettersi in ginocchio.

Adesso che il nazismo dello Stato sedicente islamico dilaga in Libia e sgozza lavoratori migranti egiziani sulle spiagge mentre altri frutti delle guerre occidentali dirette o indirette continuano a morire in mare; adesso che il risultato della guerra Nato del 2011 si dispiega pienamente, adesso che- veramente da tempo - gli altri effetti sono in Siria, Iraq, Africa, ammetterà qualche colpa chi nel 2011 per sette lunghi mesi non fece nulla, tacque o peggio avallò le menzogne mena-guerra dei cosiddetti “ribelli” poi rivelatisi bande islamiste e razziste che ora confluiscono nel califfato nazista - nazista per le infernali azioni e l'equivalente pensiero?

Martedì, 08 Ottobre 2013 00:00

GIAP, il rossoverde

Prima che la sua salute peggiorasse, si svegliava ogni giorno alle 5 mattina e faceva esercizi di respirazione nella vecchia casa dove viveva modestamente con la moglie ad Hanoi, la bellissima città ricca di laghi che fino a qualche decennio fa era percorsa da silenziosi fiumi di biciclette – poi trasformatesi in motociclette cinesi piuttosto nocive per l’ambiente.

Una doppia manipolazione sembra caratterizzare il rapporto degli ispettori dell’Onu sull’uso di armi chimiche in Siria il 21 agosto. 

Intanto i paesi e i media interessati hanno subito dichiarato che la pistola fuma: il rapporto proverebbe che Assad ha davvero passato la linea rossa di Obama oltre alla quale bombe e stridor di denti: insomma come ha detto l’ambasciatrice Usa e come ripetono i francesi, il gas è stato trasportato da un missile certamente sparato dall’esercito ufficiale per via della tipologia, dei caratteri in cirillico e della traiettoria. 

Di ritorno da Libano e Siria

Mussalaha significa, in arabo, riconciliazione, fra parti che si contrappongono anche in armi. All’opposto, musallaha significa lotta armata e musallahin uomini armati. Un po’ come salàm significa pace e àlam dolore, e la guerra non è sinonimo di dolore?

In Siria esistono molti musallahin fra i quali circa 50mila combattenti stranieri provenienti da oltre venti paesi, attirati sulla via di Damasco chi dalla remunerazione (Qatar e Arabia Saudita principali datori di lavoro) chi dalla prospettiva del paradiso con fiori e ragazze, chi dal sogno di un emirato universale. Ma in Siria esistono anche molti “combattenti disarmati per la pace”, molti mussalahin! E in sostegno alla mission impossible di questi attori del dialogo – religiosi e laici – una delegazione di pacifisti ed esperti di soluzione dei conflitti si è recata in Siria, guidata dalla premio Nobel per la pace nord-irlandese Mairead Maguire.

Lunedì, 25 Marzo 2013 00:00

Primavera di guerre, guerre di primavera

Marzo è davvero il mese di Marte, momento privilegiato per iniziare nuove guerre. Era così nei tempi antichi dei Romani, figli di divinità bellicose. E sembra così adesso, nei tempi moderni dei paesi Nato e dintorni, figli di divinità bellicose.

Giovedì, 28 Febbraio 2013 00:00

Se in Italia si favorisce la guerra siriana

Il 28 febbraio il ministro tecnico e uscente Terzi convoca a Roma undici paesi sostenitori dell'opposizione armata in Siria e proporrà un maggiore aiuto militare, che fomenterà la guerra e prolungherà la tragedia (leggi qui). Terzi agisce disinformando e nascondendo i crimini commessi dai gruppi armati. La Rete No War Roma chiede a cittadini e gruppi di mandare agli uffici del ministro tecnico e uscente Terzi (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.; e chi ha Facebook anche cliccando qui), al ministro Riccardi (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.) il seguente messaggio.

Sabato, 16 Febbraio 2013 00:00

Uno sguardo panarabo sul Medio Oriente

Mentre la Francia bombarda in Mali gli islamisti “cattivi” che meno di due anni fa appoggiava in Libia bombardando l’esercito di Gheddafi, l’Unione Europea su richiesta della stessa Francia e della Gran Bretagna e con la solita acquiescenza del ministro Terzi è sul punto di mandare armi agli islamisti “buoni” in Siria (arrivati anche dalla Libia), i quali non badano a nascondersi con i media internazionali: “L’unico nostro movente è l’Islam, combattiamo per Dio, per questo siamo scesi per strada ed è benvenuto chiunque voglia unirsi a noi, di qualunque nazionalità” (dichiarazione di un “capo dei ribelli” alla Reuters).

È il contesto giusto per ascoltare il punto di vista, laico e panarabo, di Osama Maarouf Saad, segretario generale dell’Organizzazione popolare nasseriana del Libano, in visita in Italia per un giro di incontri.

Giovedì, 13 Dicembre 2012 00:00

Caos climatico arma di distruzione di massa

L'articolo sarà pubblicato anche sulla rivista cartacea Amerindia, che ringraziamo, insieme ovviamente all'autrice

Aprireste una banca del sangue nel castello di Dracula? In un certo senso è stato fatto. L’ultima e diciottesima Cop (conferenza delle parti) dell’Onu sulla crisi climatica - ormai una questione di vita o di morte – si è svolta a Doha, capitale del Qatar, un Creso climalterante. L’Onu avrebbe piuttosto dovuto riunire i governi in una delle tante aree che già subiscono gli effetti della guerra climatica: fra la sabbia del deserto che avanza in Sahel, ai piedi dei ghiacciai che si sciolgono sulle Ande, ai bordi delle pianure inondate in Bangladesh, fra le zolle delle campagne in carestia, arse da ripetute siccità, o sott’acqua nell’oceano dove tante isole-stato si inabisseranno per via dell’innalzamento del livello dei mari. L’emirato qatariota non aveva il physique du role per presiedere la Cop 18. E’ infatti la massima espressione delle minoranze privilegiate mondiali, paesi e ceti sociali del Nord globale, che dovremmo chiamare grandi debitori del clima. Così infatti li definiscono i paesi “creditori”: dell’Unione africana, dell’Aosis (le piccole isole- stato del Pacifico), e dell’Alleanza bolivariana Alba, con in testa la Bolivia; i più attivi nella denuncia di un capitalismo che ha sconvolto anche il bene comune più globale di tutti.

Responsabili molto irresponsabili contro vittime non responsabili. Belligeranti contro bombardati

Il Qatar, emirato islamista, è il primo paese al mondo per emissioni pro capite di gas serra: 54 tonnellate all’anno. Il Niger, all’ultimo posto, è a circa 300 kg annui. Questa è la faccia dell’ingiustizia climatica, parallela al gap sociale ed economico. Il peso piombo dell’emirato dipende sia dai pletorici consumi interni sia dalle enormi esportazioni di gas naturale, la grande pepita dell’emiro al-Thani (“il gas darà al mondo 300 anni di sicurezza energetica”: e di caos climatico?). Il Qatar è anche il più ricco paese del pianeta: i 250mila sudditi si godono un reddito pro-capite medio di 400mila dollari l'anno (e son serviti da un milione e mezzo di lavoratori stranieri dal Sud globale). E come usa il Qatar i grassi proventi del gas? Non certo a scopi sociali e redistributivi. Ma nel lusso, nella crescita pletorica e in spese militari.

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