Sabato, 16 Febbraio 2013 00:00

Uno sguardo panarabo sul Medio Oriente

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Mentre la Francia bombarda in Mali gli islamisti “cattivi” che meno di due anni fa appoggiava in Libia bombardando l’esercito di Gheddafi, l’Unione Europea su richiesta della stessa Francia e della Gran Bretagna e con la solita acquiescenza del ministro Terzi è sul punto di mandare armi agli islamisti “buoni” in Siria (arrivati anche dalla Libia), i quali non badano a nascondersi con i media internazionali: “L’unico nostro movente è l’Islam, combattiamo per Dio, per questo siamo scesi per strada ed è benvenuto chiunque voglia unirsi a noi, di qualunque nazionalità” (dichiarazione di un “capo dei ribelli” alla Reuters).

È il contesto giusto per ascoltare il punto di vista, laico e panarabo, di Osama Maarouf Saad, segretario generale dell’Organizzazione popolare nasseriana del Libano, in visita in Italia per un giro di incontri.

L’Organizzazione è un partito della Coalizione progressista – comprendente anche i comunisti - che dalle elezioni del 2009 non è in parlamento perché la legge elettorale quell’anno è tornata ai distretti del 1960, stabiliti su base religiosa e settaria, un sistema che privilegia i partiti di destra e quelli confessionali e “l’influenza della religione e del denaro che viene dall’Arabia Saudita, a favore dei partiti di destra, la Falange, Hariri e le forze armate libanesi.

La guerra in Siria è vicina, vicinissima al Libano. È dentro casa…”Non siamo d’accordo con la lotta armata che ha reso la Siria un inferno. Come si può chiamare rivoluzione una guerra civile? Per questi gruppi armati, non c’è soluzione: è l’esercito siriano che deve fare il lavoro, perché quelli non sono un movimento ma una macchina di morte che uccide su basi settarie. E che ha lo sciagurato sostegno militare, finanziario, mediatico e diplomatico dell’Occidente, delle petromonarchie del Golfo e della Turchia… Un Occidente apparentemente schizofrenico, perché in Mali combatte Al Qaeda, come in Yemen, e invece in Libia e Siria la sostiene”. In questo senso, “il ruolo della Russia, oltre che quello dell’esercito siriano, è fondamentale, ha evitato un intervento occidentale diretto e lavora per il dialogo. La Cina? Fa business”.

Quale soluzione per la fine della guerra? In tanti parlano di dialogo ma non sembrano intendere la stessa cosa…“In Siria ci sono nasseriani schierati sia con il governo sia contro. Noi pensiamo che l’unica soluzione sia il negoziato fra governo e opposizione; quella non armata perché gli altri, gli armati, sostenuti da ingerenze esterne, non hanno certo intenzioni di dialogo. Anche se qualche speranza c’è. Khatib – capo della Coalizione dell’opposizione nata a Doha in novembre, ndr - che è uomo degli americani apre al dialogo con il governo”.

Il partito di Osama ha rapporti, in Siria, sia con i due partiti comunisti che sono al governo, sia con la sinistra dell’opposizione parlamentare, sia con i progressisti extraparlamentari non armati. Ha incontrato Bashar Assad otto mesi fa e “gli ho detto che il regime ha fatto diversi errori, anche sul piano sociale. In primo luogo ha sbagliato ad avviare una riforma praticamente neoliberista, con tanto di privatizzazioni. I media del mondo parlano solo di diritti umani e civili, e in modo retorico, ma ignorano le questioni sociali. Con la svolta intrapresa anni fa, in Siria i contadini e i piccoli imprenditori sono stati rovinati e questo ha pesato nella rivolta”. E tuttavia, “ci vuole Assad per gestire la transizione. Ho una buona opinione di lui, anche se poi il regime non è certo solo Assad. Ma credo che tutti abbiano appreso la lezione”.

È comunque necessario che la Siria rimanga forte, in funzione anti Nato, anti Usa, anti Israele: “Per noi questa è l’ultima guerra della Nazione araba, del panarabismo! Per il progresso, e per resistere all’influenza americana e israeliana. Se perdiamo questa guerra in Siria, succederà che ogni gruppo religioso farà un suo stato, sulla base di divisioni settarie che renderanno fra l’altro Israele il paese più potente dell’area e gli Usa controlleranno tutto. Sarà un disastro. Pensiamo alla Libia adesso”. Alla fine, “questa in Siria è una guerra antimperialista. E se là le potenze perderanno, sarà anche più difficile che ne facciano altre, di guerre…”.

Ma perché il ruolo del panarabismo non potrebbe giocarlo ancora l’Egitto? “Così è stato ai tempi di Nasser, ma poi è venuto Mubarak uomo degli Usa, e adesso gli islamisti i quali come in Tunisia, sono saltati sul carro della rivoluzione fatta dai progressisti e ne hanno deviato il corso. I risultati li vediamo…”.

E il ruolo di Israele sullo scenario siriano e iraniano? “Non attaccherà direttamente l’Iran, sarebbe folle. Ma temo che con i suoi alleati si cercherà di provocare là una crisi interna, come in Siria. E bombardando il centro militare siriano, Tel Aviv ha mandato un chiaro messaggio a Damasco e a Hezbollah: siamo pronti a colpire e non abbiamo paura dei paesi arabi che, tanto, non reagiranno. Infatti, ci sono state solo parole”.

Israele, ricorda Osama, ha rapporti con l’opposizione siriana filoccidentale, sia il Consiglio nazionale siriano di Ghalioun (Cns) ora tramontato, sia la Coalizione siriana di Khatib” (nata a sotto le ali dell’emiro Al-Thani e riconosciuta come “unico legittimo rappresentante” del popolo siriano dall’Occidente, dalle monarchie del Golfo, dalla Turchia e da altri alleati). Quella stessa Israele che “nel 1991 chiuse gli occhi mentre Stati Uniti e petromonarchi sostenevano Hamas contro Arafat, colpevole di non aver appoggiato la guerra di Bush in Iraq”.

I paesi potenti “sanno gestire e usare ai loro fini i leader islamisti – sin da quando dovettero lavorare contro Nasser; e da tempo Al Qaeda è sempre una buona scusa - ma non possono controllare la base islamista. A volte gli effetti sfuggono di mano”.

Ultima modifica il Sabato, 16 Febbraio 2013 00:03
Marinella Correggia

Ecoattivista e attivista per la pace. È anche giornalista e scrittrice: è stata in numerosi paesi del Medio Oriente (oltre che nei balcani), collabora con il Manifesto e il sito www.sibialiria.org

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