Parlare di Franco Califano è parlare di un Uomo e di un Artista colossali, dall'esordio come autore nel 1964 (Da molto lontano) e come interprete delle proprie canzoni nel 1965 (Ti raggiungerò), Califano ha cavalcato gli anni e la vita da combattente, senza lasciare spazio all'ipocrisia e alle situazioni di comodo.
La dolce vita, le auto di grossa cilindrata per far colpo comprate a cambiali, i fotoromanzi, le canzoni, i film, la prigione (sempre poi assolto con formula piena), la notte, le donne, tutto si è mischiato nella vita di questo Gigante, tutto ha contribuito alla poesia scritta, cantata e vissuta.
Già, Califano rientra nella categoria dei Poeti che vivono come le cose che scrivono, spremendo la vita fino a berne l'ultima goccia, non c'è un solo attimo di contraddizione nell'universo di Franco Califano, una sussunzione circolare ove ogni elemento è intrinsecamente legato al tutto.
Come tutti i giganti anche Franco Califano è stato specchio dove in tanti hanno visto riflesse le proprie merdiocrità e le proprie nequizie, da qui le calunnie, le invidie, il cucirgli addosso le caricature peggiori, ma lui, con la sua grande Umanità non seconda alla sua Arte, è sempre riuscito a cadere in piedi, ad attraversare ogni tempesta a testa alta a non dover inginocchiarsi sotto alcuna forca caudina.
Nella sua voce, nelle sue liriche, nella sua vita, in ogni ruga del suo volto c'è tutta la sua storia, senza aver paura di passare dal conferimento della laurea honoris causa in filosofia all'Università "Constantiniam" di New York nel 1993 a Music Farm del 2006, sempre rimanendo se stesso.
Chi scrive ha avuto il privilegio di conoscerlo, tanti ricordi, lo scambio di lettere quando era ai domiciliari nel 1985, quando, negli anni successivi, chiamava a casa mia e diceva a mia madre "C'è Bernardo? Sono Califano", le lunghe conversazioni a parlare di donne, di auto, di vita, i suoi abissi di malinconia ed i miei, le lettere scritte con la sua bellissima grafia, l'ultimo concerto nel 2011 in quel dell'Impruneta.
Franco Califano è l'incarnazione della notte, nelle sue ombre, nelle luci soffuse della nostalgia, nell'ambiguità di parole sussurrate, nei pensieri che tagliano dentro, nei fendenti del vento, 1500 canzoni scritte per sé e per altri, 28 album, l'ultimo C'è bisogno d'amore del 2009, 8 film, 6 libri, migliaia di concerti, interviste, Franco Califano non si è mai risparmiato, si è sempre gettato a capofitto in ogni avventura artistica e di vita con l'entusiasmo dell'esploratore e la curiosità negli occhi ed il pubblico lo ha sempre amato, dal professore universitario alla casalinga, dai giovani agli adulti, nel 2005 ha scritto per i Tiromancino, nel 2013 ha duettato con Simone Cristicchi.
Con l'umiltà dei grandi Franco Califano si è misurato con ogni sfida, uscendone sempre da campione, Charles Aznavour lo riconosce come uno chansonnier a tutti gli effetti, Mina, Ornella Vanoni, Mia Martini, Renato Zero, Bruno Martino, Umberto Bindi, Federico Zampaglione, sono alcuni fra gli interpreti che hanno dato voce alle sue liriche, Roma lo ha eletto sua voce, un amore ricambiato in tante canzoni scritte in dialetto. Anche le canzoni scritte tanti anni fa sono di un'attualità sorprendente, Franco Califano ha sempre scritto col sangue di chi racconta il proprio universo, certe sensazioni sfidano il tempo e le mode, l'essere vero trascende ogni temporalità.
Profonda l'amicizia che legava Franco Califano a Luigi Tenco, uno dei suoi più grandi crucci l'aver letto in ritardo il biglietto in cui gli chiedeva di raggiungerlo, che Tenco gli aveva lasciato in albergo quella notte maledetta del suicidio, dal 1967 l'attività artistica di Franco Califano è stata segnata da questa esperienza. Tante compagnie femminili ma nessuna capace di scacciare l'amante più fedele, la solitudine. Dalla solitudine sono nati dei capolavori dello spessore de L'urtimo amico va via, L'evidenza dell'autunno, E' la malinconia, La porta aperta, Me 'nnamoro de te, L'ultima spiaggia, L'amazzone di ieri, Chi sono io, Ma poi, Da solo,Attimi, Il professore, Il cuore al chiodo, E' tutto inutile, Grandi nell'addio, Fori la porta, Moriremo 'nsieme, Nun me porta' a casa,Sigarette spente, Non escludo il ritorno, Pallide memorie, perle di lirica graffiante ma mai disperata, veri e propri inni alla vita anche nella disperazione più profonda, anche nel disco del 1984 Impronte digitali registrato agli arresti domiciliari, c'è sempre lo sguardo rivolto al futuro dell'Uomo che guarda il mare. Poi c'è la canzone simbolo, il brano dei cori nei concerti, quella Tutto il resto è noia che gli è valsa il riconoscimento unanime, una frase che è entrata nel lessico comune, che Francesco (così all'anagrafe) Califano si è fatto tatuare sull'avambraccio, la canzone che più di tutte le altre gli somiglia. Da segnalare anche Pierpaolo, canzone del 2005 dedicata a Pasolini dove i mondi del regista e di Franco Califano si incontrano all'ultima fermata di un tram che porta ai confini di Roma. L'intrattenimento di massa si è accorto di lui solo per tentare di usarlo nello scandalizzare casalinghe inquiete o ragionieri frustrati facendogli raccontare le sue avventure sessuali, Franco Califano si è prestato, sicuro di mettere lui in ridicolo chi voleva farsene beffe e un'altra volta ha vinto la sfida tornando a riempire i teatri con la sua musica e la sua poesia. L'ultimo concerto al Sistina di Roma, tutto esaurito, il 18 marzo 2013.
Il 30 marzo ero a vedere un concerto, pochi minuti prima dell'inizio mi telefona la compagna di un noto cantautore delle ultime generazioni comunicandomi la morte di Franco Califano. Subito il pensiero ai versi della sua Razza Bastarda "qui se non crepi non ti spetta la gloria, quando ti hanno sotterrato allora passi alla storia, ho capito sulla pelle mia che questo è l'andazzo, ma io vivo sono vivo che si attacchino al cazzo". Con lui se ne va forse l'ultimo grande poeta della canzone, se ne va un mondo fatto di passione, di schiettezza, come l'uomo in frac di Modugno chiudeva un'epoca, con Franco Califano se ne va un'epoca fantastica e vera, un'epoca dove parlare con qualcuno significava guardarlo negli occhi. Ancora devo mettere a posto i pensieri e le emozioni ma non mi accodo al coro di saluti, mi fido di ciò che hai cantato "Il bello della vita è proprio questo qui, sapere che è finita, ma sei così stanco che è meglio così"..."è uno che se muore non ci credere perché è capace pure di rinascere"...d'altronde hai sempre detto che sulla tua lapide volevi inciso "Non escludo il ritorno".
Maestro ti aspetto, la tua vita nella mia vita.