Ed è a questo ambiente asfittico che un Lee quasi quarantenne, che si credeva già sostanzialmente fuori dai giochi, porta nel 1961 una ventata di aria nuova: i Fantastic four inaugurano un universo in cui i supereroi non sono superuomini tutti d'un pezzo, totalmente al di sopra delle piccolezze e delle emozioni umane; un immaginario che si arricchisce negli anni seguenti dei tanti personaggi che la fucina artistica di Lee, Kirby e Ditko produce per un pubblico sempre più entusiasta, fatto (rivoluzionario in sé) tanto di giovani che di adulti, che trovano nei fumetti Marvel personaggi con cui è facile immedesimarsi al di là dei superpoteri alle prese con grandi e piccole questioni della contemporaneità.
Un pubblico che la Marvel non ha paura di provocare: è il caso di Iron Man, un miliardario capitalista del settore degli armamenti e collaboratore dell'esercito statunitense, ben lontano dall'integrità del Bruce Wayne di casa DC, che vede la luce al culmine della Guerra fredda e della diffusione degli ideali pacifisti negli Stati Uniti, o di Black Panther (prima apparizione nel '66), primo eroe nero nella storia dei comics, che aprirà la strada a tanti altri personaggi (non solo Marvel) lontani dallo stereotipo conservatore del maschio bianco americano pronto a salvare donzelle in pericolo. Un personaggio complesso e dalle potenzialità tuttora inesauste, che continua a stimolare l'immaginazione di artisti del calibro di Ta-Nehisi Coates e Nnedi Okorafor. E proprio le ridicole polemiche dell'estrema destra americana contro il recente blockbuster del Marvel Cinematic Universe dedicato a T'Challa/Black Panther dimostrano quanto le questioni che spinsero Kirby e Lee a creare il personaggio continuino ad essere all'ordine del giorno.
Marvel ne ha fatta di strada dai decenni pionieristici della Silver Age of Comics. Pezzo da novanta del capitalismo dell'intrattenimento a stelle e strisce, ha partecipato alle sue alterne fortune, finendo da ultimo per essere inglobata nell'impressionante macchina da guerra Disney, ma senza dimenticare mai (o mai per troppo tempo) l'originale voglia di innovare gli immaginari e di demolire le certezze del pubblico. Si può dire senza dover troppo temere smentite che nulla di quanto oggi ci emoziona del mondo di casa Marvel sarebbe mai esistito senza il sorridente Stan. Per omaggiare una vita dedicata all'arte del fumetto, e per ricordare l'immensità del suo contributo all'immaginario contemporaneo, non sono riuscito a pensare a nulla di meglio che una rapida rassegna di pubblicazioni recenti che a mio parere seguono quel filo rosso che attraversa le migliori testate Marvel, fatto di messaggi importanti e di innovazione artistica. In sostanza, di quel guardare più in là che è l'eredità pesante e fondamentale di Lee.
Visione 1 – Un po' peggio di un uomo, King/Walta, Panini comics-Marvel Italia, 2016
Visione 2 – Un po' meglio di una bestia, King/Walta, Panini comics-Marvel Italia, 2017
Visione è forse uno dei personaggi Marvel con il quale è più difficile empatizzare, non fosse perché è un essere sintetico costruito da Ultron. Un'impressione destinata a infrangersi di fronte alla potenza della narrazione di Tom King, autore ormai acclamatissimo nell'ambiente dei fan dei comics, degnamente illustrata da Gabriel Hernandez Walta. Dove ci aspetteremmo il “solito” fumetto supereroistico, vediamo invece Visione impegnato a “costruirsi” (nel senso letterale del termine) una famiglia normale in un sobborgo borghese. Ma quanto quel mondo di apparente felicità e normalità è alla portata di “cose” come Visione, la moglie e gli adolescenti sintetici Viv e Vin? In definitiva, un'opera notevole, che ci parla di temi come l'esclusione, la fatica di essere se stessi e la voglia di umanità con rara profondità emotiva.
Ms. Marvel 1 – Fuori dalla norma, Wilson/Alphona, Panini comics-Marvel Italia, 2016
Un fumetto Marvel vincitore del premio come miglior serie del festival di Angouleme si dovrebbe commentare da sé. Ma su questa nuova incarnazione cartacea di Ms. Marvel vale la pena spendere qualche parola. Kamala Khan, l'eroina della serie, è una adolescente americana, di origini pakistane e musulmana, grandissima fan di Carol Danvers (la prima Ms. Marvel, poi Capitan Marvel) in possesso di un potere non inedito nell'universo Marvel; una vita insomma tra comune e non comune, o, forse meglio, tra “maggioranza” e “minoranza”. Raccolta la fiaccola del suo mito, dovrà conciliare con la vita supereroistica famiglia, dubbi adolescenziali e un'identità culturale da costruire e ricostruire, con tutte le incertezze del caso. G Willow Wilson ci regala un personaggio che tra tanti alti e pochi bassi risulta tra i più sorprendenti dell'ultimo periodo, in cui infonde più di una nota autobiografica tratta dalla propria (e dell'editor Sana Amanat) biografia di donna musulmana americana. Per comodità ho indicato supra il primo cartonato italiano, ma in edizione italiana al momento ne esistono altri sette numeri, sempre ad un prezzo relativamente basso.
Punisher – Born, Ennis/Robertson, Panini comics-Marvel Italia, 2007 (ris. 2014, modificato)
Alias Omnibus, Bendis/AAVV, Panini comics-Marvel Italia, 2013
Cambiamo decisamente toni. L'etichetta MAX della Marvel, pensata per un pubblico “maturo”, ha prodotto negli anni fumetti particolarmente controversi, spesso sgraditi a Stan Lee stesso. Se è innegabile in certe produzioni MAX una certa ricerca dello scioccante fine a se stesso e una qualità tutto sommato scadente (ma bisognerebbe ricordarsi anche degli abissi raggiunti da certe testate mainstream negli anni '90), altre sono entrate prepotentemente tra le migliori del nuovo millennio.
È il caso del Punisher di Ennis, che si può a ragione dire abbia ridefinito per sempre il personaggio. Born, in origine una miniserie in quattro puntate, ci svela la genesi di uno degli antieroi più cupi di casa Marvel, la trasformazione del Capitano dei Marines Frank Castle nello psicopatico “punitore”, sullo sfondo di uno degli eventi più favoleggiati della storia contemporanea americana. Ennis mostra il suo odio per il mito della guerra in Vietnam distruggendone i toni pacificanti, riportando a galla un autentico inferno più reale nella sua irrealtà della malinconica ambientazione di tanta narrativa e saggistica. Un inferno in cui, per sopravvivere, non si può non cedere a caro prezzo ai demoni (ma “reali” o interiori?). Da segnalare, sempre in “ambito” MAX, l'imponente Omnibus di Alias, la cruda storia di Jessica Jones magistralmente narrata da Brian Michael Bendis, autore non tra i più amati dai marveliani di oggigiorno ma a mio parere imprescindibile.
Ovviamente, accanto a queste incarnazioni più contemporanee dell'”ideale Marvel”, vale sempre la pena recuperare le diffuse ristampe e raccolte dei fumetti di Lee e Kirby. Tra i tanti modi per ricordare questi giganti dell'immaginazione leggere un fumetto è di sicuro il migliore.
Immagine di copertina liberamente tratta dal profilo Twitter di Tom Hardy