Il 1918 non è stato solo l'anno della cessazione (sappiamo quanto temporanea) delle ostilità in Europa, ma anche un anno crudele tanto quanto quelli che lo avevano preceduto, al Fronte. Un anno decisivo, in ogni caso. L'Offensiva di primavera tedesca, tra marzo e giugno, si risolve nell'ennesimo bagno di sangue tra Francia del Nord e Fiandre. Francia e Gran Bretagna sono spiazzate e subiscono gravi perdite umane e di materiali. Tra le unità britanniche annichilite dall'avanzata imperiale spicca la sedicesima divisione irlandese, una delle tre divisioni provenienti dall'isola d'Irlanda, formata soprattutto da volontari “nazionali”, ovvero non specificamente Ulster Protestants come la “sorella” trentaseiesima divisione dell'Ulster.
Un pezzo di movimento nazionalista irlandese “legale” si era infatti dimostrato allo scoppio delle ostilità convintamente filo-Intesa, ma la partecipazione allo sforzo bellico britannico era rimasto un potente elemento di frattura tra nazionalisti moderati che puntavano principalmente al promesso Home Rule (in somma sostanza, la reintroduzione di una forma di sovranità locale in Irlanda, abolita da più di un secolo) e nazionalisti più radicali, ma anche più in generale ad ogni livello del movimento stesso, e trasversalmente alle sue divisioni programmatiche, oltre che nell'Irish Parliamentary Party – l'allora principale partito nazionalista, nonché uno dei primi partiti organizzati in assoluto.
L'Easter Rising del 1916, con la brutale repressione degli insorti da parte delle forze britanniche, e specialmente il triste spettacolo delle condanne a morte inflitte da corti sommarie e condotte con spietatezza – tra cui quella del leader socialista James Connolly, legato ad una sedia e fucilato in quanto non era in grado di stare in piedi a causa di una gamba ferita –, aveva nel frattempo contribuito a spostare l'opinione pubblica irlandese contro la guerra e l'autorità britannica. Ma, in quegli ultimi mesi di guerra del 1918, la Gran Bretagna si trovava a dover rimpinguare al più presto possibile le truppe al Fronte, e specialmente quelle unità irlandesi che avevano subito gravi perdite e che si erano fatte la fama (immeritata, a dire la verità) di essere restie a combattere e infide: imporre la coscrizione obbligatoria – che era legge dal '16 nel resto del Regno – anche all'Irlanda sembrava una soluzione ovvia, ma si sarebbe rivelato di lì a poco un passo falso fatale per l'élite britannica.
Contro la prospettiva della coscrizione obbligatoria nell'esercito di una potenza che sempre più veniva concepita come ingiusta ed oppressiva si sollevarono in Irlanda sindacati, leghe socialiste, nazionalisti e Chiesa Cattolica; la Gran Bretagna non riuscì ad imporre alcuna leva, e d'altra parte grazie ai successi riportati nel frattempo sul Continente dai rinforzi americani e dalle controffensive britanniche e francesi l'afflusso di uomini appariva sempre meno urgente. La partecipazione in prima linea al movimento anti-leva aveva d'altro canto enormemente ampliato il prestigio di un partito radicalmente repubblicano, lo Sinn Féin, e fatto risorgere qualche fiamma dalle ceneri dello sfortunato Rising del '16.
Le Elezioni generali britanniche del 14 dicembre 1918 sono ricordate per essere state le prime elezioni nel Regno in cui fosse riconosciuto il diritto di voto alle donne, a norma del Representation of the People Act 1918, un diritto che veniva riconosciuto per la prima volta anche a numerosi uomini poveri fino ad allora esclusi, e per il “patriottismo” del voto femminile, che si orientò particolarmente verso i candidati della coalizione di governo; nel contesto irlandese, per aver segnato il trionfo dello Sinn Féin ed il tramonto dell'Irish Parliamentary Party, e quindi il prodromo allo scoppio della Guerra d'indipendenza irlandese. Meno ricordata è l'elezione, in questo contesto, della prima parlamentare donna della storia del Regno Unito: Constance Georgine Markievicz, nata Gore-Booth, candidata nel collegio di Dublin St Patrick's per lo Sinn Féin.
Forse perché, come tutti i suoi colleghi repubblicani, non si insediò mai nel parlamento di Westminster, anche perché detenuta nelle regie galere, forse perché la sua fama di prima donna ministra al mondo (al Lavoro, tra '19 e '22 nell'autoproclamato governo irlandese) è un po' oscurata dalla sua collega leniniana Kollontai, che pure era propriamente “Commissaria del Popolo”, o forse anche perché dell'ondata femminista suffragista ci siamo fatti un'immagine patinata che ha poco a che fare con la realtà. Forse anche perché la vita di questa donna eccezionale si è svolta in un Paese favoleggiato ma spesso considerato periferico e arretrato, e perché quella stessa vita ha tratti di complessità poco comprimibili in un'immagine di semplificazione agiografica.
Figlia di un piccolo nobile anglo-irlandese con la passione dell'esplorazione polare, “Con” Markievicz (classe 1868) era cresciuta con la sorella Eva Gore-Booth in un ambiente ricco di suggestioni intellettuali, attraversato da figure della levatura di W. B. Yeats, amico d'infanzia, e sociali: il padre, pur facendo parte della classe possidente, era stato colpito nel profondo dalla tragedia della carestia irlandese del 1879, tanto da organizzare in proprio sforzi di soccorso umanitario. Sposatasi con Casimir Markievicz, artista di origini polacche, e convertita alla causa repubblicana irlandese attorno ai primi anni del '900, Constance partecipò all'Easter Rising combattendo con gli insorti. Catturata, tenuta in isolamento e condannata a morte al fallimento dell'insurrezione, venne graziata in quanto donna, un destino che deve esserle sembrato più crudele della fucilazione. Rilasciata nel '17, parteciperà alla già citata sollevazione anti-coscrizione e alle vicissitudini politiche che abbiamo raccontato, un capitolo concluso con l'elezione al primo e secondo Dáil (parlamento) irlandese.
Purtroppo, al termine della Guerra d'Indipendenza, il movimento nazionalista irlandese doveva nuovamente spaccarsi sull'accettazione o meno dell'Anglo-Irish Treaty del dicembre '21, che aveva acconsentito alla parziale separazione dell'Irlanda dal Regno Unito, sotto la forma dell'Irish Free State, Dominion autogovernante e messo fine alla conflagrazione indipendentista. I nazionalisti accettavano de facto ferite come la partizione dell'Irlanda, con l'Irlanda del Nord che “optava” per restare parte dell'Unione, e la continuazione – largamente simbolica – di una forma di autorità britannica in terra irlandese, ma d'altronde concludevano in vantaggio un conflitto altrimenti incerto (munizioni e altri rifornimenti scarseggiavano, la possibilità di una controffensiva britannica era reale) e ottenevano quella «liberà di ottenere la libertà» teorizzata da Collins. Ma, dopo secoli di sofferenze, un compromesso che sapeva di delusione non poteva risultare universalmente condivisibile.
Non lo era certamente per Con Markievicz, che dette il suo sostegno convinto prima alla fazione Anti-Treaty nella sanguinosa Guerra civile irlandese (1922-23, conclusa da una vittoria schiacciante di Irish Free State e forze Pro-Treaty) e poi al Fianna Fáil di Éamon de Valera, nato dalle macerie della fazione Anti-Treaty. Rieletta al quinto Dáil nel '27, la morte per peritonite in un’ala ospedaliera di Dublino, per sua espressa decisione ricoverata con i poveri tra cui aveva desiderato tutta la vita stare, le risparmiò di dover sottoscrivere con tutti i suoi colleghi devaleriani il giuramento di fedeltà alla Corona che ancora nominalmente esercitava la sua autorità regale sull'Isola.
Dell'immagine pop creata ad arte dal nostro secolo, patriarcale quanto quello che lo ha preceduto, della suffragetta tutta coccarde e tè pomeridiani, davanti alla Storia non rimane assolutamente nulla.
Immagine National Library of Ireland liberamente ripresa da flickr.com