Circa un anno fa parlai per la prima volta di riscaldamento globale e della sfida che ciò pone ai tanti diversi attori politici, sociali, economici e scientifici presenti sulla scena. In questi ultimi giorni inoltre, a seguito dell’uscita del rapporto dell’IPCC 20181, Il Becco ha dedicato un Dieci Mani al tema e al come le potenze economico-politiche mondiali lo stanno affrontando.
Dal punto di vista scientifico sta diventando sempre più chiaro come gli obiettivi posti dalla grande conferenza di Parigi 2015, difficilmente realizzabili, siano anche probabilmente insufficienti per evitare il disastro. In quella sede (COP21) si erano fissati due obiettivi: un 2°C di massimo riscaldamento tollerabile e un 1.5°C come riscaldamento auspicabile. Il report, tecnico e scientifico, è uno strumento asettico che assume però una fortissima valenza politica nel momento in cui, ancora oggi, si mette in discussione la realtà di un fenomeno che sta già mostrando (solo marginalmente) i suoi effetti negativi sul pianeta, sulla vita umana, sull’economia e sulla coesistenza dei popoli.
Nella marea di articoli scientifici sull’argomento ho scovato questo interessante rapporto dell’European Environment Agency2 sui principali rischi meteorologici legati ad un innalzamento costante delle temperature; si parla di ondate di calore, piogge torrenziali, straripamento di corsi d’acqua, tempeste di vento, frane, siccità, incendi boschivi, valanghe, grandinate e mareggiate. È un rapporto su ciò che in potenza potrebbe accadere, ma terribilmente somigliante a ciò che, sempre più spesso, accade. La sfida che ci attende è immane e totalizzante, per questo va saputa affrontare sotto tutti gli aspetti, da quello politico a quello economico, da quello culturale a quello scientifico e tecnologico. Pensare di essere a un passo dal baratro non sta mettendo quella paura che dovrebbe e la mole di dati raccolti dagli scienziati di tutto il mondo non sta sortendo l’effetto sperato, anzi sta alimentando sempre più la fiamma del complottismo.
In tabella vediamo quindi in quale direzione stiamo spingendo il nostro pianeta e come può cambiare la situazione tra le due estremità della forchetta di obiettivo che ci siamo dati (1.5°C – 2°C)3. Salta subito all’occhio come le differenze tra i due obiettivi siano sensibili solo in alcuni casi, mentre risulta difficile da capire come, ad esempio, un 100% di aumento di rischio di alluvioni possa stare nel target auspicabile del 1.5°C. Insomma, da questo specchietto si capisce facilmente come la situazione sia drammatica e come dovremmo invertire la rotta tutti e subito. Sempre nel rapporto, come riporta anche Nature4, si parla di un raggiungimento del 1.5°C di riscaldamento già tra il 2030 e il 2050 (molto prima del 2100 ipotizzato a Parigi!).
Rischio |
Aumento di 1.5°C |
Aumento di 2°C |
Meteo estremo |
100% di aumento nel rischio di alluvioni |
170% di aumento nel rischio di alluvioni |
Ghiacciai artici |
Estati senza ghiaccio nell’Artico ogni 100 anni |
Estati senza ghiaccio nell’Artico ogni 10 anni |
Livello del mare |
Circa 46-50 milioni di persone colpite dall’innalzamento del livello del mare |
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Barriera corallina |
70% della barriera perduta entro il 2100 |
Tutta la barriera perduta entro il 2100 |
Specie animali |
6% degli insetti, 8% delle piante e il 4% dei vertebrati avrà problemi |
18% degli insetti, 16% delle piante e l’8% dei vertebrati avrà problemi |
Disponibilità di acqua |
Tra i 350 e i 410 milioni di persone subiranno restrizioni o patiranno la sete |
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Popolazione mondiale |
Il 9% della popolazione mondiale sarà soggetta a violente ondate di calore |
Il 28% della popolazione mondiale sarà soggetta a violente ondate di calore |
Cibo |
Ogni mezzo grado di innalzamento si perdono colture e nutrienti nei cibi, specialmente nella regione tropicale e sub-tropicale |
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Costo economico |
Economie in crisi, soprattutto con maggiore innalzamento e specialmente nei paesi del terzo mondo. Possibili carestie, guerre e migrazioni di massa. |
Cosa possiamo fare? Prima di tutto prendiamo consapevolezza che questa è la sfida del XXI secolo, poi iniziamo a mettere in fila le operazioni che possiamo mettere in pratica ogni giorno per fare la nostra piccola parte (meno carne, più bici e mezzi pubblici e meno viaggi) e infine cerchiamo di far pressione, individualmente e collettivamente, sui governi e sulle organizzazioni internazionali per costringerle a cambiare le politiche ambientali ed energetiche. La scienza, nelle sue svariate articolazioni, lavora da molti anni ad alcuni macro-obiettivi come la diminuzione di CO2 emessa, la cattura della CO2 in eccesso già presente nell’atmosfera, le nuove fonti di energia pulita e rinnovabile e la riduzione generale di energia necessaria.
La sfida della CO2 è ben strutturata (-45% entro il 2030, zero emissioni nel 2050), richiama numerosissimi investimenti e finanziamenti in tutto il mondo e attira tanti gruppi di ricerca che lavorano su diversi approcci tecnologici. Purtroppo però oltre all’aspetto della ricerca e dell’applicazione tecnologica esiste, come ben spiegato nel Dieci Mani, l’aspetto del profitto e del modello economico-culturale dominante che non ci permette di rinunciare al profitto neanche di fronte all’imminente catastrofe. Pensiamo così: l’obiettivo minimo di Parigi è già diventato quello massimo che possiamo permetterci per non finire come la famosa rana bollita. E se non iniziamo subito a muoverci rischieremo di sforarlo troppo presto e troppo velocemente, rendendo comunque inabitabile il nostro pianeta. Magari non siamo rane in umido, anche se siamo letteralmente dentro a un forno.
1 http://www.ipcc.ch/report/sr15/
2 https://www.eea.europa.eu/publications/climate-change-adaptation-and-disaster
3 http://www.greenreport.it/news/clima/rapporto-ipcc-gli-anni-piu-importanti-della-storia-le-prime-reazioni/
4 https://www.nature.com/collections/ktngcktwnm
In copertina: proiezione NASA del futuro surriscaldamento del pianeta, liberamente ripresa da giss.nasa.gov