Venerdì, 09 Novembre 2018 00:00

Quando la scienza arma la guerra

Scritto da
Vota questo articolo
(0 Voti)

Spesso le scoperte scientifiche sono finanziate e finalizzate per scopi bellici anche se la scienza, nella sua essenza profonda, non dovrebbe essere uno strumento di morte.

Fritz Haber era un chimico tedesco di inizio ‘900, amico e collega di Max Planck, Albert Einstein e di altri illustri scienziati dell’epoca. Vinse il Premio Nobel per la chimica nel 1918 per la sintesi dell’ammoniaca a partire dai suoi elementi1, anche se la sua figura è sicuramente rimasta più legata allo sviluppo delle prime armi di distruzione di massa moderne: i gas tossici. Haber2 fu un entusiasta sostenitore della Prima Guerra Mondiale, si arruolò volontario fin dal principio del conflitto e come consulente scientifico dell’esercito fu il principale ideatore dei gas tossici (cloro e fosgene) e della creazione di una autonoma Gastruppe inquadrata nel Reichsheer. A Ypres (Belgio), nella prima battaglia chimica della storia, morirono più di 5000 uomini nei primi 10 minuti di utilizzo del gas. Alla fine della guerra si conteranno circa un milione di caduti a causa dei gas, di cui circa 200.000 tedeschi e più di 400.000 russi.

Al termine del conflitto, dopo l’assegnazione del Nobel, Haber fu perseguito come criminale di guerra per aver violato la convenzione de L’Aja. Non venne condannato e, dopo una breve parentesi da fuggitivo in Svizzera, tornò a lavorare in Germania, dove si interessò di pesticidi, insetticidi e della sintesi dell’acido cianidrico, esperienze da cui elaborò, senza altri fini, lo Zyklon B3, sostanza che sarebbe divenuta tristemente famosa nelle “docce” dei campi di concentramento nazisti. La sua ascendenza ebraica lo escluse dalla comunità accademica tedesca e, nonostante i tentativi di Planck di convincere Hitler, lo costrinse all’esilio prima in Gran Bretagna e infine in Palestina dove morì. I suoi interessi dopo la Grande Guerra erano sinceramente lontani dalle applicazioni che poi ne avrebbero fatto i nazisti, ma resta il fatto che Haber sia stato l’inventore sia delle armi chimiche che del gas utilizzato per l’olocausto. Una triste fama che fa si che tutt’oggi si definisca come costante di Haber la dose letale minima di un gas per gli esseri umani. Non proprio un bel biglietto da visita.

Questa lunga introduzione su Fritz Haber è servita per mostrare come la scienza, così come la vita privata e pubblica di uno scienziato, non può essere slegata dall’ambiente circostante, dalle condizioni sociali, politiche e culturali e che, come conclusione estrema, non può essere che condizionata da una costante di tutta la storia umana: la guerra.
La fisica del moto e l’astronomia, solo per fare alcuni esempi, nacquero in Persia, in Egitto e in Grecia per permettere la costruzione di ingegnose macchine militari (catapulte, navi, arieti, trabucchi) e per permettere agli eserciti di orientarsi durante le campagne militari, così come la polvere da sparo e lo studio della balistica e dell’artiglieria aprirono, nel tardo medioevo, una nuova strada per la ricerca scientifica applicata. Arrivando poi ai nostri tempi dopo Haber, i gas tossici e tutte le innumerevoli stragi di cui si sono resi responsabili, si è passati alla ricerca sull’energia atomica e alla sua applicazione bellica, con un salto di qualità che potrebbe realisticamente cancellare l’umanità dalla faccia della Terra in pochi minuti.

Anche il progresso nel campo informatico è legato a doppio filo con le sue applicazioni in campo militare: Internet4 è nato come una rete dell’esercito statunitense, le guerre informatiche sono ormai all’ordine del giorno e i servizi segreti ormai si muovono dentro al deep web con maestria e senza lasciare molte tracce. Senza considerare eventuali progressi in quelle che potremmo chiamare armi scientifiche tradizionali, come quelle nucleari, chimiche o biologiche. Si continua a investire per avere sempre un vantaggio sugli altri eserciti, per avere un qualcosa in più nella sciagurata ipotesi che un conflitto dovesse davvero iniziare, senza rendersi però conto che, sempre in questa tragica possibilità, le armi chimiche, nucleari o batteriologiche porterebbero certamente a una devastazione globale e non certo locale.

Purtroppo, da molto tempo, le sovvenzioni per le spese militari sono di gran lunga superiori a quelle per la ricerca pura, quindi è diventato ovvio e scontato rincorrere i militari per ottenere finanziamenti e collaborazioni. Magari con risultati che poi non vengono utilizzati sul campo di battaglia, ma che si trasferiscono poi nella vita quotidiana dei civili o con potenziali ripercussioni sul modo di fare la guerra da far venire i brividi.

Pensiamo agli enormi sviluppi degli ultimi anni nel campo dell’intelligenza artificiale: se l’utilizzo di droni per bombardare postazioni nemiche già oggi rende molto più distaccato l’approccio dell’uomo che fisicamente drops the bomb sull’obiettivo, cosa potrà diventare quando l’ultimo controllo umano sarà nella programmazione dell’intelligenza che sceglierà se e come colpire un obiettivo? Chi si prenderà la responsabilità quando una bomba distruggerà una scuola o un ospedale? Sembrano ragionamenti lontani, ma non lo sono affatto. Pensando che, a livello civile, varie aziende hi-tech e automobilistiche stanno testando da tempo le auto senza pilota e che la più grande discussione riguarda proprio chi sarà responsabile di eventuali incidenti5, non sarebbe per niente una sorpresa scoprire che test molto più avanzati sono condotti su scenari di guerra. Questo ci insegna la storia della scienza, nel bene e nel male.

Quando si pensa alla ricerca scientifica si tende sempre a pensare ad Einstein e alle sue ferme posizioni pacifiste (non collaborò né con la Germania durante la Prima Guerra Mondiale, né al Progetto Manhattan nella Seconda al fianco degli USA), ma dobbiamo considerare che in realtà nella storia del mondo ci sono stati molti più Fritz Haber di quello che si pensi e che spesso non sono le loro scoperte in sé ad essere violente, quanto le applicazioni che eserciti e governi ne hanno fatto. La scienza è neutrale, gli uomini no. Questa forse è la più grande battaglia da combattere per noi uomini di scienza.

 


1 https://www.chimicamo.org/chimica-generale/sintesi-dell%E2%80%99ammoniaca.html

2 https://it.wikipedia.org/wiki/Fritz_Haber

3 https://www.basf.com/en/company/about-us/history/chronology/1925-1944/1939-1945/kampfstoffe-und-zyklon-b.html

4 https://www.wired.it/internet/web/2016/04/29/vera-storia-internet/

5 https://www.ai4business.it/intelligenza-artificiale/lavoro/lintelligenza-artificiale-responsabile/

 

Immagine Bundesarchiv, Bild 146-1969-024-67 liberamente ripresa da commons.wikimedia.org

Ultima modifica il Giovedì, 08 Novembre 2018 19:01
Samuele Staderini

Sono nato nel 1984 vicino Firenze e ci sono cresciuto fino alla laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche nel 2009. Dopo il dottorato in Chimica, tra Ferrara e Montpellier, ho iniziato a lavorare al CNR di Firenze come assegnista di ricerca (logicamente precario). Oltre che di chimica e scienza, mi occupo di politica (sono consigliere comunale a Rignano sull'Arno), di musica e di sport. E si, amo Bertrand Russell!

Devi effettuare il login per inviare commenti

Free Joomla! template by L.THEME

Questo sito NON utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti.