Attacco alla Siria: il déjà-vu di cui il mondo non aveva bisogno
Dopo due settimane di propaganda di guerra sul presunto utilizzo di armi chimiche in Siria, a cui hanno partecipato esponenti della sinistra parlamentare, è arrivato puntuale il bombardamento "umanitario".
Nella notte tra venerdì e sabato, statunitensi, francesi e britannici hanno scatenato un bombardamento di missili sul territorio siriano. La promessa di Trump, il suo "arriveranno" (i missili), è stata mantenuta. La Russia invece ha preferito non rispondere, almeno per ora. Vista l'alta densità di eserciti stranieri presenti in Siria il pericolo principale resta il possibile incidente, tanto più che l’amministrazione statunitense potrebbe non essere interessata a fermare l’escalation seguendo la scia di odio e volontà di dominio israeliana.
L'offensiva turca contro Afrin
Una bella illustrazione di Zerocalcare spiega meglio di mille parole il disinteresse generalizzato che avvolge l’operazione militare turca nel distretto di Afrin.
Se l’eroica resistenza di Kobane contro l’ISIS era stata celebrata ovunque, un silenzio glaciale avvolge la carneficina annunciata di Afrin, contea del Rojava molto vicina al confine turco e oggetto degli interessi strategici di Erdogan, intenzionato a colpire e reprimere con ogni mezzo qualsiasi forma di autoaffermazione del popolo curdo.
Storie di Nobel
116 anni, 585 Nobel: 892 persone e 27 organizzazioni. Ecco qualche storia che merita di essere conosciuta!
Albert Einstein vinse il Premio Nobel per la fisica nel 1921. Sapete per cosa? Beh, non per la relatività come ci si potrebbe aspettare, ma per la scoperta dell’effetto fotoelettrico1. Non sapete cosa sia? Non siete di certo gli unici! Sappiate però che molti Nobel sono stati vinti con motivazioni molto diverse da quelle che si potrebbe pensare!
Il MIA – Meeting Internazionale Antirazzista è un importante momento di confronto e formazione, una festa politica che pone un focus sulle migrazioni, sui conflitti nel mondo, sul sistema dell’accoglienza italiano e molto altro. Organizzato da Arci Toscana e tenutosi al parco I Pini di Cecina, quest’anno ormai alla ventitreesima edizione, il meeting comprende 5 giornate tematiche che, come riporta il pieghevole informativo, sono “incentrate, di volta in volta, sugli aspetti più stringenti legati ai temi dell’integrazione e dei diritti, con alcuni focus specifici sulla Siria e sui Paesi in cui Arci Toscana opera con i suoi progetti di solidarietà internazionale”.
Il monito di Jorge Bergoglio sulla “terza guerra mondiale a pezzetti” trova una sinistra conferma dall’ultimo report dell’International Peace Research Institute di Stoccolma, nel quale si rileva che i governi in tutto il mondo hanno speso l’anno scorso qualcosa come 1.686 miliardi di dollari in spese militari. Una somma inimmaginabile, tale da far capire come i movimenti contro la guerra abbiano profonde ragioni nel denunciare lo stato delle cose, in un pianeta nel quale un quarto della specie umana sopravvive a stento.
Martedì 13 dicembre il Presidente della Regione Enrico Rossa ha consegnato, presso il Palazzo della Regione (Palazzo Guadagni Sacrati Strozzi) il Pegaso d’oro a Kosrat Rasul Ali, vicepresidente del governo regionale del Kurdistan iracheno (KRG) e leader storico dell’UPK (Unione Patriottica del Kurdistan), o meglio noto, soprattutto tra i peshmerga che lo considerano una figura quasi leggendaria, come “il Leone del Kurdistan”.
Il Pegaso d’oro è la massima onorificenza che la Regione Toscana conferisce a personalità, nazionali e internazionali, che hanno si sono distinte per il proprio lavoro e/o per il proprio impegno civile e politico. Nei tempi passati il premio è andato a Yasser Arafat, Ingrid Betàncourt, all’ideatore del microcredito moderno Muhammad Yunus, Luis Sepúlveda e a molti altri, e, tra gli italiani, ricordiamo Mario Luzi, Eugenio Garin, i fratelli Taviani, Margherita Hack e Roberto Benigni. Questa volta la Regione Toscana ha voluto premiare Kosrat per lo straordinario coraggio e l’indomita tenacia che da sempre ha dimostrato nella sua lotta contro l’orrore e la barbarie, prima del regime baathiano di Saddam Hussein, e adesso contro il sedicente Stato Islamico.
Il Pegaso simbolicamente va però all’interno popolo curdo che appunto combatte in prima linea le efferatezze del terrorismo islamico, e che si batte per la libertà e la difesa dei diritti umani, a cominciare da quelli di profughi e sfollati. Noi italiani che ci lamentiamo dell’ “invasione dei migranti” dovremmo riflettere sul fatto che il Kurdistan iracheno ha accolto e continua ad accogliere milioni e milioni di rifugiati, sia quelli interni, che fuggono dagli avamposti e le città che sono o erano sotto diretto controllo dell’Isis, sia esterni, in particolare siriani: si pensi che a Erbil, città di un milione e mezzo di persone, nel 2014 sono stati accolti 750.000 profughi che fuggivano dalle terre di Iraq e Siria e oggi sono due milioni accampati intorno a Erbil. Il Governo curdo iracheno, dice il presidente Rossi, “è perciò un rifugio vitale per un enorme numero di profughi e sfollati di ogni etnia e fede e quando in Europa si agita e si cavalca la paura della presunta invasione dei migranti dobbiamo ricordarci sempre che l’area mediorientale è la prima a dare protezione e ospitalità alla stragrande maggioranza delle persone che fuggono dal terrorismo”. Rossi tiene anche a sottolineare che il Pegaso, emblema della Resistenza e del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale, non poteva che essere il riconoscimento più adeguato per la resistenza del popolo curdo contro il nuovo nazi-fascismo rappresentato oggi dallo Stato Islamico.
Kosrat è una testimonianza vivente della lotta contro il Califfato e per i diritti del popolo curdo che è il principale argine al terrorismo e al fanatismo. La sua vita è un inno alla resistenza e alla libertà. Nel 1976, dopo gli studi, fondò a Kirkuk l’Associazione degli studenti universitari. L’anno dopo fu arrestato dagli agenti baathisti di Saddam, incarcerato e torturato per molti mesi. Dopo il rilascio si unì al Movimento clandestino. La sua battaglia non è stata fermata neanche dalla perdita dei due figli, di nove e dieci anni, uccisi da un raid aereo del regime di Baghdad mentre stavano cercando di mettersi in salvo. Kosrat, veterano peshmerga e dirigente politico, ha continuato a combattere contro Saddam e nel 1991 fu tra i capi del fronte curdo che liberò la città di Erbil dalle forze del regime baathista e poi guidò la liberazione di Kirkuk. Fu uno dei protagonisti del processo che condusse alle prime elezioni parlamentari, libere e democratiche, della storia del Kurdistan. Dal 1993 al 1996 è stato primo ministro del Governo Regionale curdo, dal 1996 al 2001 primo ministro dell’amministrazione di Sulaymaniyah e nel 2006 è stato eletto all’unanimità vice presidente della Regione del Kurdistan iracheno. “Ha rappresentato”, prosegue Rossi, “una voce autorevole contro le lotte intestine tra i partiti politici curdi, facendosi promotore di un piano che ha garantito la pace, il rispetto dei diritti umani e una buona qualità della vita nella regione del Kurdistan. Più volte ferito nei combattimenti, che hanno lasciate tracce evidenti sul suo corpo, Kosrat è ancora oggi in prima fila nella lotta contro i miliziani del Califfato”. Il suo coraggio e quello dei peshmerga hanno consentito di arrestare l’avanzata del gruppo terroristico, liberando città, villaggi e posizioni vitali.
“Quella del popolo curdo è una lotta per l’autodeterminazione l’autonomia e il riconoscimento della propria identità e dei propri diritti civili e politici. Oggi i curdi nel mondo sono 45 milioni. I governi di Turchia, Iran e Iraq di Saddam Hussein hanno sempre cercato di negare l’esistenza di questo popolo tentando di cancellarne la cultura, la storia, la lingua e talvolta negando anche il diritto di un documento di identità. La repressione a cui sono stati sottoposti in Iraq e a cui oggi sono sottoposti in altri paesi è stata durissima: torture, processi sommari, incarcerazioni, repressione violenta, fanno della storia passata e attuale di questo popolo, che abita un territorio ricco di petrolio (il 70% del petrolio si trova nel Kurdistan iracheno) e risorse naturali, una storia assolutamente unica a cui il popolo curdo non ha intenzione di rinunciare. La ricchezza del territorio è una delle principali ragioni per cui Turchia, Iran, Siria rifiutano a questo popolo il riconoscimento dei più basilari diritti civili e politici, negando di fatto la sua stessa esistenza”. Una negazione che ha esordi che risalgono all’Impero Ottomano e che continua ancora oggi nel quasi totale silenzio, di fatto omertoso e complice, della comunità internazionale. La Commissione contro il razzismo e l’intolleranza del Consiglio d’Europa ha più volte ribadito come in Turchia non siano garantiti ai curdi i fondamentali diritti umani, quali quelli di espressione, di assemblea e associazione.
In questi anni il mondo occidentale ha assistito in maniera troppo passiva e indifferente a genocidi e violenze di ogni tipo, tanto da poter parlare, dice Rossi, “di un comportamento da omissione di soccorso”. Internet e le nuove tecnologie, continua il Presidente, hanno portato la guerra fin dentro i nostri smartphone, ma al contempo ci hanno forse allontanati e distaccati rendendoci più anestetizzati di fronte all’orrore, quasi ci avessimo fatto l’abitudine, e rendendo questa e altre tragedie sempre più familiari ed estranee. Ma questa estraneità non deve tradursi in complicità rispetto alle stragi che si consumano: “L’Europa, gli Stati Uniti e i paesi arabi moderati avrebbero dovuto intervenire con una forza di polizia internazionale e sottrarsi così al complesso della paralisi di chi ritiene che la prima mossa la debbano fare sempre gli altri”. Infine Rossi conclude dicendo che “in quelle terre ancora oggi si muore per mano dei terroristi di Daesh, per quelli che sono oggi i nazifascisti del XXI secolo e che per questo dobbiamo dire grazie a tutti quegli uomini e a tutte quelle donne che si sono messi al servizio della libertà anteponendola alla propria vita. Cosi ha fatto e sta facendo il popolo curdo. La presenza di Kosrat ci riporta forzatamente a una realtà che troppo spesso tendiamo a ignorare o a vedere come distante ed estranea. Quello con il popolo curdo è un legame vero. Noi abbiamo un debito con questo popolo che giustamente oggi sta combattendo per vedere riconosciuto il suo ruolo in prima linea nella lotta che porta avanti per conto della comunità internazionale contro il terrorismo. Il progresso della democrazia nel Kurdistan e l’unità e la solidarietà delle sue forze politiche sono valori preziosi per tutti noi e per chiunque lavori per un mondo di libertà e tolleranza. Per tutto questo la Regione Toscana che nel Kurdistan è variamente presente, desidera dare un segnale forte di gratitudine assegnando il suo principale riconoscimento a un rappresentante del coraggio, dello spirito unitario e dell’apertura di questo popolo”.
Dopo le parole di Rossi la cerimonia è proseguita con la proiezione di un filmato sulla biografia di Konsrat e infine quest’ultimo ha preso parola, ringraziando il presidente per questo premio alla sua persona ma che però in realtà è un premio per il popolo curdo e in particolar modo per i partigiani curdi che stanno lottando per la libertà: “Ringrazio perciò a nome di tutti i peshmerga”, dice Konsrat, “oggi tutto il mondo conosce i peshmerga e la loro battaglia per la libertà e la democrazia. Oggi tutti sanno che la situazione del Kurdistan è una situazione drammatica: stiamo vivendo la crisi economica, siamo perseguitati e siamo in guerra contro il terrorismo. Bisogna fare sapere che lungo un fronte di 1200 km ci sono i nsotri peshmerga a combattere il terrorismo e per la democrazia, la libertà e contro la piaga nera e distruttiva del XXI secolo”.
L’altro riconoscimento della regione Toscana a Konsrat rappresenta quindi un invito a rendere più forte il legame con il popolo curdo, nella consapevolezza che , come afferma Rossi nelle conclusioni finali, “la sua lotta per la libertà è fatta anche in nome e per conto dell’occidente e quindi anche in nome e per conto dei cittadini della Toscana”.
“Qualora il governo cambiasse la corrente interpretazione della Costituzione Tokyo non sarebbe in grado di rifiutare richieste da parte di Washington per il dispiegamento di truppe delle Forze di Autodifesa all'estero”, a dichiararlo Kiyohiko Koike, dal 1995 sindaco della cittadina di Kamo (Prefettura di Niigata) ed ex alto dirigente dell'Agenzia per la Difesa (oggi Ministero della Difesa), intervistato dal periodico comunista Akahata. Akahata ha anche raccolto le opinioni di tre ex appartenenti alle forze di terra delle FAD: “l'essenza della “autodifesa collettiva è: uccidere o essere uccisi” ha affermato Takao Izutsu, un ex sergente.
“Arca di pace o arco di guerra minacciosamente proteso nel Mediterraneo?”. La domanda che nei primi anni novanta don Tonino Bello si poneva per la sua Puglia, possiamo oggi farla per l’intera Europa. Perché la Ue non è solo moneta e politiche neoliberiste. Negli ultimi anni è diventata anche sistemi di polizia integrata, militarizzazione dei confini, missioni militari di contenimento dell’immigrazione che sono tutt’uno con gli accordi di libero scambio imposti ai popoli nordafricani. La linea del fronte è proprio qui, tra le due sponde del Mediterraneo le cui acque sono diventate il più grande cimitero della globalizzazione capitalista.
Su questa linea del fronte l’Italia è immersa dallo stivale in su.
Tokyo città di pace, questo l'appello – contenuto nella piattaforma elettorale – di Kenji Utsunomiya candidato della sinistra alle prossime elezioni dell'area metropolitana. L'ex presidente della Federazione delle associazioni Forensi ha proposta un incontro internazionale di “città della pace” coinvolgendo Pechino e Seul.
Di importanza cruciale nel programma elettorale del noto avvocato la realizzazione delle olimpiadi del 2020 riducendo l'impatto ambientale dell'evento.
Trasformare il Giappone in una potenza militare capace di operare al di fuori dei propri confini, questa l'ossessione della maggioranza conservatrice alla Dieta. Per realizzare questo obiettivo sono continui i tentativi di modifica dell'articolo 9 della Costituzione, sia in maniera diretta che indiretta, modificando cioè prima l'articolo 96 che regola le procedure per le riforme costituzionali.
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