Toni Ricciardi ha recentemente pubblicato per Donzelli Morire a Mattmark. L’ultima tragedia dell’emigrazione italiana. Il volume si presenta come un esaustivo resoconto di quello che accadde nel Canton Vallese, almeno per un primo approccio (l’autore spiega nella sua introduzione come in Italia non esiste «alcuna pubblicazione scientifica sulla tragedia»).
Diversi i punti di vista toccati, sempre con grande attenzione ai fatti e misurata denuncia. Si va dalle testimonianze dei sopravvissuti italiani all’analisi dei flussi migratori che interessarono Svizzera ed Italia, passando per i mutamenti del giornalismo italiano tra la strage di Marcinelle e quella di Mattmark.
Al centro di tutto c'è l’attualità di un episodio che segnò il 1965, al di là dell’immediato dibattito politico e dell’assenza (processuale) di un’individuazione dei colpevoli.
A morire furono lavoratori e lavoratrici, per inadempienze da parte delle aziende e delle autorità istituzionali. Se è certo che non tutto in natura può essere previsto e il rischio di per sé non è rimovibile, esistono pratiche di prevenzione e di riduzione al minimo del pericolo. Costruire gli alloggi in un luogo dove è facilmente ipotizzabile che arrivi una valanga fa parte delle responsabilità del capitale, interessato più ad avere piani di pulizia delle strade in cui passano le merci, piuttosto che tutelare la salute di manodopera immigrata (e non) a basso costo.
In tempi di crisi sono anche i lavoratori a dimenticarsi della centralità della sicurezza sul lavoro. Morire di lavoro appare una prospettiva più allettante che morire per assenza di lavoro, soprattutto se l’impiego è un dono di qualche generosa azienda, piuttosto che un diritto sancito dal primo articolo della Costituzione italiana (per rimanere all’interno dei confini nazionali).
L’altro punto di estrema attualità è la condizione dei migranti italiani in Svizzera nel 1965 (pochi decenni fa). Descritti come “negri” e trattati con ostilità, i connazionali che hanno garantito al vicino elvetico "convenienti" tassi di sfruttamento ci ricordano quando dipenda dal sistema economico la questione dell’immigrazione e quanto sia inesistente il tema di presunte invasioni straniere.
La tragedia di Mattmark ha registrato l’inadempienza del sistema giudiziario. Sono morti quasi cento lavoratori. Sarebbe andata peggio se la valanga avesse travolto gli alloggi a fine turno, invece che alle 17.30. Il rischio era noto ma è stato ignorato. Nessun colpevole individuato. Nessuna soddisfazione per i parenti delle vittime e i sopravvissuti. Eventuali riconoscimenti economici e formali non contano, laddove non sia riconosciuta la natura della tragedia che ha ucciso persone che offrivano le loro ore di vita per il lavoro.
Sicurezza nei luoghi di lavoro, dignità dell’essere umano ed immigrazione. Mattmark non è lontana nella storia, merita di essere ricordata, per quello che ancora ha da insegnarci.
Il libro di Ricciardi aiuta a colmare l’assenza di informazioni sulla Marcinelle dimenticata. L’impegno a farne strumento di memoria condivisa è qualcosa da costruire a livello diffuso.
Perché la giustizia la si costruisce anche nel corso della storia, forse più che nelle aule dei tribunali.
immagine liberamente tratta da YouTube, Voci Mattmark