Piuttosto che nei confronti del razionalismo umanista di Cartesio, Althusser è profondamente debitore del pensiero di Spinoza al quale attribuisce una delle più grandi rivoluzioni filosofiche di tutti i tempi. Il filosofo olandese ha avuto infatti il merito, secondo questa lettura, di aver smantellato i grandi presupposti metafisici della filosofia tradizionale a cominciare dal fatto che la sua interrogazione dell’Essere, critica nei confronti di Cartesio, smette di implicare le questioni dell’origine e della destinazione. La sostanza in Spinoza gode di una totale autonomia ontologica e concettuale poiché si identifica con una realtà che non presuppone ma che è eventualmente presupposta. Alcune di queste intuizioni vengono riprese da Hegel nel momento in cui pone l’assenza di origine come il solo inizio che sia dato pensare. Fra i due filosofi resta tuttavia una differenza fondamentale: mentre Spinoza fonda l’ontologia sul piano dell’immanenza pura e nega che esista nel mondo qualsiasi forma di finalità prestabilita o telos, Hegel fa emergere dalla negazione della negazione un meccanismo dialettico e teleologico che fa della storia un processo di rivelazione dello Spirito. Secondo Althusser, la grandezza di Marx va letta proprio alla luce della sua capacità di conciliare in maniera brillante e proficua il pensiero dei due suddetti filosofi. Il materialismo marxiano, infatti, accetta la dialettica e il concetto di contraddizione insito in Hegel ma, come Spinoza, rifiuta di ricondurla a qualsiasi forma di idealismo che vede nella storia la realizzazione nel mondo di un progetto già dato.
Questa peculiare e originale interpretazione della filosofia marxiana che viene ripulita da ogni forma di determinismo storico ha portato Althusser al centro di vivaci dibatti filosofici soprattutto a seguito della pubblicazione del volume curato insieme a Etienne Balibar e intitolato Leggere il Capitale. In questo saggio, Althusser si propone di mettere in luce come il pensiero di Marx debba essere letto come un tentativo di istituzionalizzare il materialismo storico alla stregua di una teoria scientifica. Prendendo in prestito certi aspetti del concetto di “rottura epistemologica” di Bachelard, il filosofo di Birmandreis arriva ad affermare che, rispetto alle produzioni passate di Marx, Il Capitale rappresenta una svolta filosofica radicale in quanto vengono abbandonati gli aspetti politici ed ideologici in favore di un tentativo di far assurgere le riflessioni sul sistema di produzione capitalista a principi oggettivi e scientifici.
In questo contesto, ogni tentativo di fare del marxismo un etica della liberazione umana si scontrano contro il tentativo marxiano di analizzare l'hic et nunc del sistema di produzione capitalista.
Secondo il filosofo di Birmandreis, non esistono leggi della storia che identificano il passaggio da un sistema di produzione all’altro come un processo meccanicamente condizionato, né esiste una direzione obbligata verso cui procede il divenire storico. La contingenza della realtà impedisce di presagire se e come il sistema capitalista verrà rovesciato. Inoltre, non è detto che l’estinzione del capitalismo porti necessariamente verso una società senza classi sociali.
Althusser insiste che le interpretazioni del pensiero di Marx come una forma di storicismo sono dovute alle distorsioni provocate dal suo linguaggio che, ancora troppo reminiscente di certo hegelismo, nasconde le vere scelte epistemologiche del filosofo tedesco che, come abbiamo visto, lo avvicinano a Spinoza. Lungi dall’essere una metanarrazione teleologica, il marxismo, in quest’ottica,
«non designa che le tendenze contraddittorie in atto nel processo attuale. Una volta liberato dagli accenti profetici dei suoi scritti giovanili e del socialismo utopistico […]Marx pensa il comunismo come una tendenza della società capitalistica» (Discutere lo Stato)
Ciò significa che
«la teoria marxista è “finita” [e] limitata. Limitata all’analisi del modo di produzione capitalistico e della sua tendenza contraddittoria che apre le possibilità del passaggio verso l’abolizione del capitalismo e della sua sostituzione con “altro”. “Altro” che si delinea già e come un “vuoto” […] Dire che la teoria marxista è “finita” significa sostenere l’idea essenziale che la teoria marxista è tutt’altro che una filosofia della storia che pretende di inglobare […] tutto il divenire dell’umanità […] La teoria marxista […] è iscritta nella fase attuale e limitata ad essa: la fase dello sfruttamento capitalistico» (Ibidem).
Il pensiero di Marx non dà dunque vita a una teoria “chiusa” che racchiude in sé e in anticipo il corso della storia ma è piuttosto orientata verso un futuro “aperto” ed imprevedibile. Parafrasando il titolo di un suo contributo, si può dire che per Althusser il futuro dura per sempre: se anche il comunismo irromperà abbattendo ovunque il modo di produzione capitalistico ciò non significa che la storia giungerà necessariamente alla sua fine.
La critica antistoricista di Althusser si abbinerà, nella sua lettura del Capitale, con quella dell'umanesimo: come vedremo in un prossimo contributo, se non è possible immaginare che la storia vada necessariamente in una certa direzione, è anche perchè non c'è nessun soggetto che guidi il mutamento. Polemizzando contro tutte le filosofie antropocentriche che pongono l'essere umano al centro della realtà, Althusser decentra l'uomo affermando che la storia non è altro che un processo senza soggetto.