Dopo essere stato presentato a Roma, presso la Farnesina, lo scorso 6 aprile, anche a Parma, il 27 dello stesso mese, si è tenuta l'illustrazione dell'Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia (www.straginazifasciste.it).
L'iniziativa è stata organizzata dall'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea della città ducale, ed ha visto la partecipazione del prof. Paolo Pezzino, docente all'Università di Pisa e direttore scientifico del progetto; di Massimo Storchi, Responsabile del polo archivistico dell'Istituto Storico della Resistenza di Reggio Emilia, e del ricercatore Tommaso Ferrari, curatore delle schede riguardanti la provincia di Parma.
L'Atlante, nato grazie al contributo di storici, ricercatori ed enti, intende porsi come voce, nel web, del grande lavoro di documentazione portato avanti dagli Istituti Storici dell'Italia centro-settentrionale sulle stragi compiute dalle forze di occupazione tedesche, e dai collaborazionisti italiani, durante la Guerra di Liberazione Nazionale.
Nel proprio intervento il professor Pezzino ha sottolineato come l'Atlante - frutto di due anni di lavoro di 115 ricercatori - sia un work in progress, destinato ad arricchirsi sulla base di segnalazioni di nuovi eventi, di errori, o mediante nuovi dati, forniti da utenti, studiosi, enti e comunità locali.
La ricerca è stata finanziata dalla Repubblica Federale Tedesca, come risposta al rifiuto di corrispondere indennizzi ai familiari delle singole vittime dei fenomeni stragisti compiuti dalle truppe tedesche nel nostro Paese tra il 1943 ed il 1945.
Da un punto di vista metodologico, l'innovazione portata da questo progetto, consiste nell'aver incluso tra le stragi anche le singole uccisioni e non solamente quelle definite, propriamente, come tali. Una innovazione che consente di avere un panorama più ampio e dettagliato della violenza nazifascista perpetrata contro civili e partigiani - e qui sta l'altra novità - disarmati. Oltre ai civili propriamente detti, infatti, sono stati inclusi tutti gli episodi che hanno visto vittime partigiani che si erano arresi e che, contrariamente a quanto prevederebbero le leggi di guerra, non avevano alcun riconoscimento ufficiale di combattenti, e le conseguenti garanzie che da tale status derivano. Esclusi dalla ricerca sono state, invece, le vittime di episodi non afferenti a rappresaglie e rastrellamenti, come i caduti a causa di bombardamenti o mine.
Importante sottolineatura è presente già nel nome del progetto. Il “naziste e fasciste” non è infatti casuale, ma intende evidenziare una autonomia stragista presente nelle truppe e nei singoli combattenti della RSI. Una vocazione stragista spesso prescindente dalle azioni dell'alleato.
Gli episodi censiti sono stati 5.428 per un numero totale di vittime di 23.461. Tra le regioni con più caduti vi sono l'Emilia Romagna (4.213) e la Toscana (4.465), le due regioni più prossime alla Linea Gotica e che per tale ragione più soffrirono della violenza dell'occupazione. Terza regione per numero di vittime il Piemonte, con 2.792 caduti, per oltre il 50% partigiani; seguito da Veneto, 2.383 caduti, e Campania, con 1.409 uccisioni. Dato, quello campano, che dà una misura della violenza a cui si lasciarono andare le truppe germaniche, anche quando non si trovarono ad affrontare un movimento partigiano organizzato (i caduti campani saranno, infatti, quasi tutti civili). Altro dato importante, per numero di caduti, riguarda il Friuli, dato che va completato, per avere una visione d'insieme, con le vittime nelle zone annesse dall'Italia e che oggi sono sotto sovranità slovena e croata.
Proseguendo nell'illustrazione dei dati principali, si hanno 2.725 episodi con singole uccisioni; 2.215 stragi con un numero di morti compreso tra i due ed i nove; 434 stragi con da 10 a 49 vittime; 40 con un numero di vittime tra le 50 e le 99 ed, infine, 14 stragi con oltre cento caduti.
Cronologicamente i picchi stragisti si sono verificati nell'autunno del 1943 (quindi sin dai primi passi compiuti dal movimento partigiano nella Guerra di Liberazione Nazionale) e nell'estate del 1944. Dopo un primo calo nel numero del vittime, di nuovo si ha un aumento del numero dei crimini a danno di persone disarmate nell'ultima parte della guerra, causato dalle truppe in ritirata (sia per motivi di natura strategica sia per il verificarsi di vendette e fenomeni dovuti a frustrazioni per la sconfitta ormai imminente).
Percentualmente la maggior parte degli episodi censiti hanno riguardato rastrellamenti (il 30%), seguiti da rappresaglie (17%), fatti afferenti la ritirata delle truppe (13%) e motivi punitivi (10%). Tra i reparti tedeschi che più hanno contribuito a questo macabro elenco la 16ª Divisione Panzergrenadier delle SS.
Per quanto concerne le modalità, la maggioranza delle uccisioni (il 38%) sono avvenute mediante fucilazione. Continuando tra i dati forniti da Pezzino nel proprio intervento, circa gli autori delle stragi si ha un 61% degli episodi (con il 64% delle vittime) di cui si resero protagoniste le truppe naziste; il 19% compiuti da militi della RSI (che hanno provocato il 12% delle vittime) ed il 14% (ed il 20% delle vittime) delle stragi operate congiuntamente dalle due forze.
Per quanto afferisce alla tipologia delle vittime ai primi posti si hanno 12.581 civili; 6.776 i partigiani arresi o comunque disarmati; 371 persone legate ai partigiani; 212 disertori; 888 appartenenti ad altre categorie (religiosi, carabinieri etc.); 357 antifascisti.
Il 68% delle vittime era nella fascia d'età compresa tra i 17 ed i 55 anni e l'81% erano uomini.
Altri dati, estremamente dettagliati, ed illustrati strage per strage, sono presenti sul portale, e ad essi è garantito il carattere scientifico dall'importante lavoro di controllo effettuato sugli stessi.
Secondo ad intervenire il ricercatore Tommaso Ferrari, curatore delle schede parmensi del portale, che ha illustrato i fatti (117 per un totale di 414 vittime) avvenuti nel territorio parmense dal febbraio del 1944 all'aprile del 1945.
Primo episodio di rappresaglia che colpì la provincia fu quello del primo febbraio 1944, avvenuto per ritorsione rispetto alla morte di un fascista ucciso da un bomba in un bar il giorno prima, e costò la vita a tre persone: tra esse l'antifascista Tommaso Barbieri.
Gli ultimi episodi che insanguinarono la provincia sono avvenuti nella coda degli eventi bellici, nella cosiddetta “sacca di Fornovo”, il 27 aprile 1945, e videro come matrice delle stragi le truppe tedesche in ritirata. Saranno nel complesso 82 le vittime parmensi di rappresaglie tra il 24 ed il 27 aprile 1945. Quasi tutte queste uccisioni si situano tra Fornovo, Salsomaggiore ed il Po, lungo la direttrice seguita dalle truppe tedesche in ritirata.
Altro fenomeno di cui fu vittima la provincia di Parma, insieme a quella di Reggio, fu la cosiddetta Operazione Wallenstein, mirante a rastrellare lavoratori da destinare al lavoro coatto (saranno 1.800 le persone catturate tra Reggio e Parma tra la fine di giugno e quella di luglio del 1944).
Ultimo intervento quello dello storico Storchi, il quale ha sottolineato l'importanza dell'analisi di questi dati. In particolare di grande importanza sono episodi “piccoli” - che nel reggiano hanno lasciato sul terreno più vittime delle stragi maggiormente note: Cervarolo e Bettola - per comprendere la diffusione della violenza stragista perpetrata dagli occupanti, sottolineando l'autonomia stragista delle truppe della RSI, spesso non benvista, per motivi non umanitari ma di natura tattica, dagli stessi comandi tedeschi.
Autonomia fascista che si manifestò anche nella tipologia dei saccheggi, non legati soltanto a necessità alimentari, ma che si caratterizzarono spesso come vere e proprie razzie, con successivo incendio delle case.
In conclusione l'Atlante rappresenta una fonte preziosa ed un'utile sistematizzazione di una grande quantità di informazioni sulla violenza stragista che colpì l'Italia tra il '43 ed il '45, ed è destinato non solamente a ricercatori e storici, ma anche a scuole, enti locali, per iniziative legate alla memoria storica ed in generale all'opinione pubblica del nostro Paese.