Lunedì, 14 Maggio 2018 00:00

Diversi dagli altri – per Magnus Hirschfeld (1868-1935)

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Diversi dagli altri – per Magnus Hirschfeld (1868-1935)

Esattamente centocinquant’anni fa, il 14 Maggio 1868, nasceva Magnus Hirschfeld, personaggio importantissimo per almeno due ambiti divergenti, quello della sessuologia e quello dell’attivismo omosessuale, e ad oggi completamente dimenticato. Non mi sembra una cattiva idea cercare di far uscire da un immeritato dimenticatoio il suo impegno scientifico e politico, soprattutto in un momento in cui disinformazione e oscurantismo sembrano farla da padroni.

Il contesto in cui si trova ad operare Hirschfeld, ebreo ed omosessuale, è quello del tardo Secondo Reich, un periodo apparentemente schizofrenico in cui l’autoritarismo di un ormai morente Impero Tedesco convive con un ambito intellettuale vivace e libertario, in grado di tenere agevolmente il passo dell’èlite intellettuale del resto d’Europa quando non di precederla direttamente. Nella breve parentesi della Repubblica di Weimar la Germania, dopo aver rischiato di diventare una repubblica socialista, attraversa una fase in cui l’autoritarismo prussiano non è ancora stato sostituito da quello nazista, e una serie di instabili governi si trova quasi malvolentieri a sperimentare soluzioni democratiche quasi avanguardistiche. Il periodo in cui è attivo Magnus Hirschfeld è un periodo di estrema instabilità, ma di altrettanto estrema vitalità culturale.

L’importanza di Magnus Hirschfeld, per i pochi che ne hanno sentito parlare, è legata principalmente all’attività nel movimento per la depenalizzazione dell’omosessualità; il suo contributo scientifico è rimasto a lungo piuttosto lacunoso, principalmente per la completa distruzione delle sue pubblicazioni durante il nazismo, ma da quel che ne rimane è possibile affermare serenamente che si trattava di ricerca d’avanguardia e che, se non tutte le sue intuizioni si rivelarono corrette, alcune furono semplicemente profetiche di ipotesi sviluppate nel Secondo Dopoguerra da Kinsey (e doverosamente sottoposte a censura dal governo degli Stati Uniti d’America che gli aveva commissionato lo studio, ma questa è un’altra storia).

L’ipotesi dell’omosessualità come un’aberrazione individuale, culturalmente indotta e da cui è possibile liberarsi – l’unica compatibile con la sua criminalizzazione – viene duramente messa in discussione da Hirschfeld, che pur proponendo ipotesi considerabili oggi troppo semplicistiche, afferma che l’orientamento sessuale è un carattere innato e non ha nulla a che vedere con la moralità. Risale alla fine degli anni ’90 del 1800 la scoperta che l’orientamento sessuale umano è in realtà un continuum di orientamenti tra la completa eterosessualità e la completa omosessualità, conclusione cui giungerà anche Kinsey nel celebre rapporto sulla sessualità umana pubblicato in due volumi nel 1948 e 1953 – anni in cui questa idea destò comunque un certo scandalo.

Hirschfeld non giunse mai a teorizzare l’esistenza di un’identità di genere distinta dall’orientamento sessuale – questo elemento era probabilmente legato a propri elementi biografici e all’uso del travestitismo come strumento di provocazione culturale nella scena underground gay di Berlino, ma si avvicinò molto ad individuare le persone transgender come una categoria a parte, identificando il fenomeno del “travestitismo estremo” e giungendo all’emanazione di documenti riconosciuti dallo stato che permettevano ai “travestiti estremi” di presentarsi con il nome e l’abbigliamento del sesso opposto al proprio in pubblico per motivi sanitari, e sanzionando qualsiasi tipo di abuso da parte di terzi.          

Per chi ha sviluppato una riflessione su tematiche di genere in questi ultimi vent’anni, appare evidente come, agli standard attuali, la riflessione di Hirschfeld sia giocoforza rozza e viziata dall’assenza del concetto di genere; tuttavia si tratta di prospettive non solo etiche, ma anche scientifiche assolutamente d’avanguardia per il periodo in cui sono state sviluppate. Si ha l’impressione che Hirschfeld nella sua ricerca tenda a favorire un approccio psicologico/etologico, piuttosto che concentrarsi sul significato funzionale e fisiologico dell’omosessualità – una linea di ricerca, quest’ultima, che in un mondo scientifico largamente dominato da un’ottica riduzionista a un certo punto è stata piuttosto di moda, ma non ha mai raggiunto conclusioni particolarmente interessanti.

Una diretta conseguenza della sua teorizzazione del comportamento sessuale umano come naturalmente variegato, ma anche della tematizzazione della propria omosessualità, è il suo impegno come attivista gay. Come già accennato, il periodo di attività di Hirschfeld, fin quasi all’avvento del nazismo, è caratterizzato da una singolare schizofrenia, che vede lo sviluppo di una scena gay underground berlinese più sicura di una buona parte dei suoi paralleli attuali in parallelo ad una legislazione che criminalizza l’omosessualità.

Mentre Hirschfeld, nonostante la sua regolare frequentazione dei locali gay nei panni di Tante Magnesia – il suo nome en travesti che incidentalmente confuta la teoria per cui i tedeschi sarebbero privi di senso dell’umorismo – formalmente non si è mai dichiarato omosessuale, al contempo fa uso delle ampie zone grigie di tacita tolleranza, specialmente nei confronti di omosessuali benestanti, per tentare una graduale opera di spostamento dell’asticella, con un paziente lavoro durato quasi trent’anni, nel corso dei quali una petizione firmata da un numero sempre maggiore di intellettuali influenti (tra i primi firmatari non ci sorprende trovare Albert Einstein, mentre la firma di Lev Tolstoj è in qualche modo meno scontata) viene presentata e discussa dal Reichstag, giungendo negli anni ’20 a concrete aperture legislative che, senza l’avvento del nazismo, avrebbero probabilmente portato la Germania ad essere il primo stato al mondo a depenalizzare l’omosessualità.

Il percorso intrapreso da Magnus Hirschfeld non fu privo di difficoltà e ostacoli; una parte del movimento fin da subito si oppose alla politica di Hirschfeld di presentare gli omosessuali come una categoria da proteggere, piuttosto che come cittadini come tutti gli altri – è plausibile che si trattasse di una mossa eminentemente politica, che non rispecchiava le idee reali di Hirschfeld ma avrebbe garantito un maggior appoggio pubblico, ma comunque condusse ad una rottura grave nel movimento; anche la reazione al primo rigetto della petizione, nel 1898, che portò un amareggiato Hirschfeld a fare outing ad un gran numero di personalità pubbliche, fu pesantemente criticata.

Parallelamente a trent’anni di attività politica ininterrotta – sia pure con qualche scivolone – Hirschfeld era consapevole della necessità di intervenire anche a livello dell’accettazione sociale dell’omosessualità. Fu questo che lo condusse a scrivere insieme a Richard Oswald la trama del primo film a tematica LGBT+, Anders als die Andere(“Diversi dagli altri”), edito nel 1919, in cui interpretò anche la parte di se stesso. Il film fu in breve limitato ai soli ambienti medici dalle leggi di censura del 1920, e successivamente tutte le copie furono distrutte dai nazisti; ad oggi tutto quel che rimane sono parti singole di una copia che lo stesso Hirschfeld tentò di far espatriare nascosta all’interno di pellicole di altri film – alcune parti sono state recuperate, ma alcune sono probabilmente perdute per sempre. Quindi Anders als die Andere rimase, ancora prima che un film di nicchia, un film di limitatissima diffusione e successo nonostante il cast di altissimo livello; ma l’idea che per introdurre cambiamenti sociali e culturali che non siano transitori sia necessario intervenire non solo sulle leggi, ma anche sulla mentalità del popolo, resta validissima e di assoluta avanguardia per quel momento storico.

Hirschfeld non era un cavaliere solitario in un deserto di barbarie – faceva parte di un movimento organizzato che aveva costruito una sua sottocultura ed aveva ottenuto a un certo punto una certa influenza politica; e che è stato completamente dimenticato con l’avvento del nazismo, insieme a un gran numero di aspetti affascinanti, variegati e meticci di una cultura tedesca che solo a fatica è riuscita a scrollarsi di dosso la versione nazista di un rigido autoritarismo di matrice prussiana. Di quel movimento per i diritti degli omosessuali non è rimasto molto nei movimenti europei che hanno affrontato il tema a partire dagli anni ’50-’60, e ad oggi potrebbe venirci da pensare che non sia molto altro che una curiosità storica, una sorta di bizzarro scherzo della cultura in un periodo di oscurantismo.

Non è così. La storia di Magnus Hirschfeld e del movimento omosessuale di inizio XX Secolo mostra che il peggior totalitarismo immaginabile non può avere l’ultima parola, che quei trent’anni di sottili mosse politiche non sono stati vani, che qualcosa, in qualche modo, sopravvive. E in questo momento storico, in cui sembra dilagare sempre più una destra eversiva e autoritaria, abbiamo bisogno di sentircelo ricordare.

 

Immagine ripresa liberamente da commons.wikimedia.org

Ultima modifica il Domenica, 29 Aprile 2018 12:06
Joachim Langeneck

Joachim Langeneck, dottorando in biologia presso l'Università di Pisa, nasce a Torino il 29/11/1989. La sua ricerca si concentra principalmente sullo studio di processi evolutivi negli invertebrati marini, con sporadiche incursioni nell'ambito dell'etica della scienza, in particolare a livello divulgativo.

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