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I film della settimana, le serie televisive e tutto ciò che riguarda l'arte dello schermo (piccolo o grande che sia), senza disdegnare le arti del videogioco.

Immagine liberamente tratta da pixabay.com

La questione morale (e l'Europa) secondo Roberto Andò

LE CONFESSIONI ***1/2
(Italia 2016)
Regia: Roberto ANDO '
Cast: Toni SERVILLO, Daniel AUTEUIL, Connie NIELSEN, Lambert WILSON, Pierfrancesco FAVINO, Aleksei GUSKOV
Durata: 1h e 40 minuti
Produzione e distribuzione: Rai Cinema - 01 Distribution
Uscita: 21 Aprile 2016

Dopo lo straordinario “Viva la libertà”, Roberto Andò torna a dirigere Toni Servillo in un nuovo film sulla moralità delle scelte, sui deliri della politica. Siamo in Germania, in un resort di lusso. Sembra l'albergo sorrentiniano di “Youth – La giovinezza” (lo confermano molte inquadrature).Fuori dai cancelli, ci sono solo media e poliziotti. La posta in gioco è altissima. L'imperativo è vincere e non far partecipare nessun altro. Nella logica del gioco la sola regola è esser scaltro: niente scrupoli o rispetto verso i propri simili. Lo diceva Frankie Hi Energy in una sua celebre canzone. Nelle segrete stanze i ministri dell'economia stanno tenendo il G8. Soffia il vento dell'uscita della Grecia dalla UE. Tutto questo è stato organizzato dal direttore del Fondo Monetario Internazionale, Daniel Roche (Daniel Auteuil). Stanno per fare un vertice su una manovra che rivoluzionerà la vita di milioni di persone. Il suo motto è “nessuno merita odi per le sue buone azioni, se non ha il coraggio di essere cattivo”.

Gli invitati sono il ministro tedesco, quello russo (Aleksei Guskov visto nel bellissimo “Il concerto”), quello giapponese, il francese, quello inglese, la ministra canadese, l'americano. E poi c'è quello italiano (Pierfrancesco Favino, di nuovo “politico” dopo l'exploit di Suburra). Detto così sembra una barzelletta, ma non sono soli. Ci sono tre ospiti, che solitamente non siedono al tavolo dei potenti: una è la scrittrice di libri per bambini, Claire Seth (la Connie Nielsen del “Gladiatore”), poi c'è una rockstar, ma quello più importante è il monaco certosino italiano Roberto Salus (Toni Servillo). Tutti si chiedono perché i tre solo lì. È Roche che lo ha voluto. Fa tutto parte di un piano. Proprio il monaco, alla vigilia di un'importante decisione, viene a conoscere un segreto che nessuno dovrebbe sapere. Un tragico evento scuote l'albergo. Il tutto viene sospeso. Roche viene trovato morto. Suicidio o omicidio? Il monaco è l'indiziato principale, è stato l'ultimo che ha parlato con Roche. Ma Salus è abile e scaltro, insomma un uomo inafferrabile che ha giurato di non parlare. Considera un privilegio essere dalla parte della minoranza, in certi casi, invece di salire sul carro del vincitore. È una sorta di Guglielmo da Baskerville del “Nome della rosa” mescolato alla versione (positiva) del Titta De Girolamo de “Le conseguenze dell'amore” (guarda caso nel film di Sorrentino l'interprete era proprio Servillo). O se preferite il terzo gemello di “Viva la libertà”, come ha rivelato lo stesso attore durante un'intervista. Questo personaggio è scomodissimo per tutti i ministri perché devono comunicare l'accaduto all'opinione pubblica. Contemporaneamente hanno paura che Salus sappia di una manovra sanguinosa che deve essere approvata. Tutti i personaggi diventano smarriti, incompiuti, paurosi, stressati. Non vogliono dichiarare al mondo la loro inadeguatezza, la loro incapacità. L'unico che va avanti a testa alta è proprio il candido (come il suo saio) Salus. Un nome, un perché. Salus significa integro. La sua moralità lo porta a diventare superiore a tutti, sfruttando al massimo il “narcisismo intellettuale” (compiaciuto) di Toni Servillo. Una figura tremendamente seria che richiama gli uomini a prendere in mano il proprio destino uscendo dalla logica del profitto. Le banche sono convinte che “fame e miseria fanno parte dello sviluppo”, per Salus invece le cose vanno viste con maggior profondità ed etica. 

Ancora una volta il cinema di Andò torna a pretendere la questione morale dopo lo splendido “Viva la libertà”, sfruttando le lezioni passate del miglior cinema: da “Todo Modo” di Elio Petri agli spazi asettici de “Il divo” di Sorrentino (il regista napoletano è “richiamato” in vari passaggi) passando per l'isolamento del resort in puro stile polanskiano (“L'uomo nell'ombra”). E ovviamente, vista la struttura gialla, c'è anche un po' del maestro del brivido, Alfred Hitchcock (ricordate “Io confesso”?). Un film ambizioso, intenso, ma narrativamente lento guidato dal solito Servillo. Straordinari gli interpreti di contorno: da Guskov (ricordate “Il concerto”?) alla “scrittrice” Connie Nielsen fino agli enigmatici Favino e Auteuil. Se nel precedente “Viva la libertà” Andò si “divertiva” a fare a pezzi la politica italiana contemporanea denunciandone l'inconsistenza con tanta ironia, questa volta il regista siciliano alza l'asticella parlando seriamente di Europa, delle “formule magiche” che i politici adottano prima di prendere una decisione importante (vedi il famigerato “ce lo chiede l'Europa”). “Il servo non sa ciò che fa il padrone, perché il padrone gli dice solo l'azione e non lo scopo. Per questo si assoggetta e pecca contro il fine”. Sicuramente questa è la miglior lezione che Andò potesse fare. Perché non c'è peggior schiavo di quello che non sa (o crede?) di esserlo.

TOP
Il cast di prima scelta, il ruolo della questione morale al centro della storia, l'ambientazione tra oscilla tra Sorrentino e Polanski, la presenza di numerose frasi ad effetto nella sceneggiatura.
La colonna sonora del premio Oscar, Nicola Piovani.

FLOP
La lentezza della narrazione, il “narcisismo” compiaciuto di Toni Servillo in alcuni tratti può risultare invadente o (peggio) irritante.

Sabato, 16 Aprile 2016 00:00

Cannes 2016: edizione più povera del solito?

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Cannes 2016: edizione più povera del solito?

Dall' 11 al 22 maggio si terrà la 69esima edizione del Festival di Cannes, presieduta dal regista George Miller (creatore della saga di "Mad Max"). L’attore francese Laurent Lafitte ("Piccole bugie tra amici") presenterà l'evento.
Proseguendo la tradizione iniziata nel 2009 che dedica ai volti e ai “momenti” del cinema, la locandina di Cannes 2016 è dedicata al film "Il disprezzo" di Jean-Luc Godard. Cosa non farebbero i francesi per farsi vedere belli...
Dovremmo imparare da loro a partire dal Festival di Venezia. Cannes è una vetrina importantissima per riflettere sullo stato di salute del cinema mondiale, ma non solo. Infatti la kermesse francese è il luogo di incontro di culture, moda, glamour. Qui si creano le basi del futuro di questi settori. Pierre Lescure, presidente del Festival, e Thierry Frémaux, delegato generale, hanno annunciato alla stampa mondiale i contenuti della prossima edizione dopo aver visionato 1869 film (io ancora non sono a questi livelli...).

Sabato, 09 Aprile 2016 00:00

Siamo tanti perfetti sconosciuti

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Siamo tanti perfetti sconosciuti

PERFETTI SCONOSCIUTI ****
(Italia 2016)
Regia: Paolo GENOVESE
Cast: Giuseppe BATTISTON, Valerio MASTANDREA, Edoardo LEO, Marco GIALLINI, Alba ROHRWACHER, Anna FOGLIETTA, Kasia SMUTNIAK
Durata: 1h e 37 minuti
Distribuzione: Medusa
Uscita: 11 Febbraio 2016

Oggi quello del condividere è un concetto astratto, sia negli ideali che in famiglia

LA COMUNE ***1/2
(Danimarca 2016)
titolo originale: The Commune
Regia: Thomas VINTERBERG
Sceneggiatura: Thomas VINTERBERG e Tobias LINDHOLM
Cast: Ulrich THOMSEN, Trine DYRHOLM, Lars RANTHE
Durata: 1h e 50 minuti
Distribuzione: Bim
Uscita: 31 Marzo 2016

Questa è una storia che merita di essere raccontata. Da essere umano mi rendo sempre più conto di quanto sia importante condividere, ma contemporaneamente so quanto effettivamente sia difficile da applicare questo concetto in larga scala in questo mondo. Almeno in questo tempo storico. Questo film mostra tutto questo.
Se anche voi sentite questa esigenza, vi consiglio di arrivare fino in fondo.

Prendiamo la macchina del tempo e torniamo nell'anno 1995. Danimarca. Un gruppo di registi danesi aderirono al "Dogma 95" scegliendo di liberare le loro opere dalla "cancrena" degli effetti speciali. Solo camera a mano, luce naturale e realismo. I fondatori del movimento erano Lars Von Trier e Thomas Vinterberg. In dieci anni sono stati prodotti 35 film, ufficialmente registrati sotto il marchio del "Dogma".
1998. Al Festival di Cannes venne presentata la prima opera al pubblico. Si chiamava "Festen" e la regia era di Thomas Vinterberg. Inoltre nel cast c'erano sia Ulrich Thomsen sia Trine Dyrholm, presenti anche ne "La Comune". Il regista infranse una delle regole del manifesto. Era stato acquistato un abito apposta per il film e il regista dichiarò la "violazione". Il film vinse il Gran Premio della Giuria (per la cronaca, la Palma D'Oro andò a Theodoros Angelopoulos per "L'eternità e un giorno").

Proprio quest'opera venne definita necessaria e ottenne diversi riconoscimenti internazionali da critica e pubblico. Raccontava del finto perbenismo, dei vizi, della cattiveria della società, il rapporto tra implosione interiore ed esplosione esteriore, il rapporto tra apparire ed essere. In particolar modo in una famiglia ricca, protagonista della storia.
Dopo la fine del "Dogma" nel 2005, sia Lars Von Trier sia Thomas Vinterberg hanno continuato a fare film di qualità. A fine 2012 il secondo portò in sala il meraviglioso "Il Sospetto" che avrebbe meritato la statuetta agli Oscar 2014 (per la cronaca vinse "La grande bellezza" di Sorrentino). Se non conoscete questi due film, è difficile capire "La Comune", la nuova pellicola di Vinterberg presentata al Festival di Berlino 2016.

L'opera è ambientata negli anni '70 a Copenhagen, in Danimarca. Erik, docente di architettura, eredita dal padre una casa molto grande. La sua famiglia, composta dalla moglie Anna (Trine Dyrholm) e dalla figlia adolescente Freja, non può permettersi un immobile di quel livello. Lei decide di provare a portare amici e persone fidate nell'appartamento, condividendo tutto. “450 mq sono troppi. Vivere insieme significa potersi percepire, vedere, sentire, ascoltare” - dice Erik alla moglie. La donna, nota giornalista televisiva, riesce a convincere anche il marito. Invita gli amici ad andare a vivere tutti insieme sotto lo stesso tetto. Una casa privata diventa di fatto la comune del titolo. Il cohousing, insomma. “Forse un ambiente ristretto ti rende di vedute ristrette” - è il rimprovero di Anna verso Erik. Cominciano ad arrivano persone, le decisioni vengono prese “democraticamente”. Tutto sembra funzionare. Il problema è che l'armonia durerà poco (come in “Festen”, anche se con minor intensità).
Ha ragione il proverbio: tra moglie e marito non mettere il dito. Figuriamoci una caterva di gente. Infatti, poco dopo, Erik confida alla moglie un segreto: ha un'amante. È una sua studentessa, la giovane Emma (Helene Reingaard Neumann, nella realtà moglie e musa del regista). Talmente bella che sembra esser “uscita da un film francese”. Anna, nonostante tutto, gli dice di portarla nella comune. Riusciranno i nostri eroi a coesistere?

Un film dal solido impianto teatrale che pende tra commedia e dramma, dove gli adulti sono più “miopi” dei bambini. Nettamente. Gli emancipati sono proprio i giovani Freya e Vilads, che sono le proiezioni del regista stesso. Vinterberg, che in una comune ci ha vissuto davvero, racconta benissimo l'idealismo e l'utopia di quegli anni. L'emblema di tutto ciò è perfettamente incarnato nella figura di Anna (la strepitosa Trine Dyrholm, già vista in “Festen” e premiata con l'Orso d'argento a Berlino per questo film) che rimane due volte intrappolata nel mito della comunità. Dapprima è lei che convince il marito a fare questo passo, finendo poi per rimanere vittima del collettivismo. Il triangolo amoroso tra lei, il marito e l'amante è l'emblema della mancanza di collettività oggi. Si può condividere una vita? E un essere umano? Funziona oggi la vita di coppia? E la famiglia allargata? Le risposte si possono trovare in una battuta: “troveremo un modo”. Oggi tutto ha un prezzo. Ogni cosa viene fatta per interesse personale. Il marito, che non gliene frega niente di condividere, finisce per utilizzare questo sogno in suo favore. Anche la stessa Anna che è quella che ha necessità di fare tutto ciò, è una nota giornalista televisiva che usa il tutto per accrescere la sua immagine mediatica. Diciamolo forte e duro: la condivisione pura oggi non esiste. C'è sempre qualcuno che usa questo termine per trarne effettivamente un vantaggio (spesso economico e/o di visibilità). “Questa è casa mia” - dice un abitante della comune. “Invece no, è la casa di tutti!” - le risponde un'altra componente. È proprio in questo scambio dove si capisce il cambio di prospettiva: dal “pubblico” degli anni '70 alla privacy di oggi, dalla condivisione dell'epoca all'individualismo sfrenato di oggi, dal radicalismo di ieri al moderato di oggi (politicamente parlando). È questa la trasformazione che questo film riesce a far comprendere allo spettatore. Tutto ha un tempo. Tutto, prima o poi, finisce, sembra dirci Vinterberg. Anche il “Dogma” è stato così, a suo tempo. Esiste un tempo per nascere e uno per morire. Come gli esseri umani o i replicanti di “Blade Runner”. Ma quella è un'altra storia.

TOP
I temi del film sono raccontati con sapienza da Vinterberg attraverso l'esperienza personale. Le interpretazioni del cast (su tutti Thomsen e la Dyrholm, entrambi interpreti di "Festen") sono di primissimo livello

FLOP
Nella prima parte sceglie di raccontare la convivenza nella comune (il collettivo), poi nella seconda parte si sposta su quella familiare (aspetto individuale) "tradendo" l'input iniziale. "La comune" non ha la stessa intensità e la stessa ferocia di "Festen"

Nessuno rimane buono in questo mondo, tanto meno Batman e Superman

BATMAN VS SUPERMAN: DAWN OF JUSTICE ***
(USA 2016)
Regia: Zack SNYDER
Sceneggiatura: Chris TERRIO, David S. GOYER e Zack SNYDER
Cast: Henry CAVILL, Ben AFFLECK, Amy ADAMS, Laurence FISHBURNE, Jeremy IRONS, Gal GADOT, Jesse EISENBERG, Kevin COSTNER, Diane LANE, Michael SHANNON
Durata: 2h e 31 minuti
Produzione e distribuzione: Warner Bros
Uscita: 23 Marzo 2016

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