Il motivo? Perché lui la trascurava (ricordate il ruolo di Spike Jonze in “Lost in translation” della ex moglie Sofia Coppola?). Ma mancano ancora le firme. La sua speranza è quella di rimettersi con lei perché la ama ancora, ma sa che sarà quasi impossibile. Si rifugia nella propria casa,esce poco come Adam Sandler in “Reign Over me” o, come Ben Stiller ne ”I sogni di Walter Mitty”, sogna un cambiamento senza aver il coraggio di farlo.
Ma ecco la svolta insperata: un’azienda informatica lancia sul mercato dei nuovi sistemi operativi dotati di intelligenza artificiale. Tradotto un programma capace di “creare” una persona virtuale che parli, dialoghi, scambi opinioni, abbia sbalzi d’umore, personalità definita. Ovviamente Theodore ne compra uno.
All’installazione esce fuori la voce di Samantha (Scarlett Johansson doppiata da Micaela Ramazzotti). Ecco che la sua routine si squarcia improvvisamente: basta avere con sé una telecamera portatile e un auricolare per averla con sé . Ed ecco che Theodore inizia a mettersi in gioco e a fidarsi di lei. Le racconta tutto, è finalmente libero e ha trovato una persona con cui parlare di tutto: si è innamorato del sistema operativo.
Un giorno però le cose si complicano: Samantha contraccambia il suo amore per lui. Lui la vorrebbe possedere “sulla poltrona di casa (sua) con il rewind” (direbbe Vasco).
Ma come si fa a far l’amore tra un essere umano e un computer? Lo so brutti sporcaccioni che qualche idea ve la siete fatta. Come Theodore. Ed ecco che il sistema operativo l’accontenta: contatta una donna “misteriosa” e attraverso una piccola telecamera e un auricolare, Samantha la usa come cavia in un rapporto sessuale con il “malcapitato” Theodore. Risultato? Per tutti emergono i veri problemi e al povero Theodore tornano i dubbi: è questa la vita che ho sognato? È questo il vero amore? È questa la bellezza di un rapporto?
E da qui in poi il film scorre bene fino al finale dove, pur non raccontandolo, si chiude con un bel monologo. Dopo l’incredibile e folgorante esordio di “Essere John Malkovich”, Spike Jonze torna a graffiare, ad emozionare con una storia originale e per niente banale (non a caso la sceneggiatura ha vinto l’Oscar).
Il film chiede tanto allo spettatore in termini di domande dall’inizio alla fine, ma la domanda più importante riguarda la nostra vita e la tecnologia: può un software sostituire l’essere umano? Se nel mondo del lavoro, sembra ormai più che ovvia la risposta (purtroppo), nel mondo degli affetti la risposta non è scontata.
Però, in verità, le illusioni passeggere di amore via chat non bastano per supplire al rapporto vero, quello quotidiano. Detto questo,il film è fatto molto bene anche grazie al coinvolgimento totale degli attori: Joacquin Phoenix è una garanzia e regge i pochi vuoti del film da solo, Scarlett Johansson trasuda sensualità a ogni dialogo, Amy Adams si rimette in gioco dopo “American hustle” con un ruolo intimistico e sottotono, Rooney Mara (presente solo in poche scene) ha il pregio di mostrare le tante sfaccattature del personaggio di Phoenix.
Il difetto del film è il doppiaggio. Nonostante l’induscutibile bravura attoriale, Micaela Ramazzotti non è una doppiatrice e non ha lo stesso carisma di Scarlett (soprattutto nelle scene di “sesso virtuale”). Per cui consiglio vivamente la visione in lingua originale.
TOP: sceneggiatura,cast e la voce di Scarlett Johansson
FLOP: doppiaggio
VOTO **** ½
Her, USA 2013, commedia, durata 120', regia di Spike Jonze
Con Joaquin Phoenix, Scarlett Johansson, Rooney Mara, Olivia Wilde, Amy Adams
Immagine tratta da www.hollywoodreporter.com