Mercoledì, 22 Ottobre 2014 00:00

Il giovane meraviglioso

Scritto da
Vota questo articolo
(8 Voti)

Mario Martone, l'Italia e l'importanza della storia

Nel 2010 uscì nelle sale italiane nel disinteresse generale il film "Noi Credevamo". Mario Martone parlava in questa pellicola del Risorgimento dell'unità d'Italia, dei suoi compromessi e dei problemi che ancora oggi affliggono il nostro Paese. Nel 2011 mise in scena a teatro "Le operette morali" di Giacomo Leopardi e l'anno successivo a Recanati annunciò un nuovo film sul poeta: "Il giovane favoloso".

È stato girato tra Recanati, Napoli, Firenze e Roma con un budget di 8 milioni di euro. Dopo il passaggio alla 71° Mostra del Cinema di Venezia, oggi siamo qui a parlarne perché è finalmente uscito nei cinema italiani. Un film importante senza dubbio. Mai nessuno si era inerpicato su tali sentieri narrativi. Leopardi è sempre complesso da raccontare, i rischi sono tanti.
Martone, tuttavia, ha fatto un ottimo lavoro secondo il mio punto di vista condensando in circa 2 ore e un quarto la complessa storia del conte. Il Conte Giacomo Leopardi (interpretato magistralmente da Elio Germano) nasce a Recanati (in provincia di Macerata nelle Marche) il 29 giugno 1798 da una famiglia di nobili. All'epoca era territorio dello Stato Pontificio,l'unità d'Italia era ancora un'utopia. La sua vita è la casa-biblioteca per via delle idee autoritarie e conservatrici (di stampo liberal-cattolico) di suo padre Monaldo (Massimo Popolizio). Qui vive con suo fratello Carlo (Edoardo Natoli) e sua sorella Paolina (Isabella Ragonese). È un bambino dotato di un'intelligenza fuori dal comune: impara presto diverse lingue come il latino, il greco ,lo spagnolo, l'ebraico, l'inglese e il francese, impara ad apprezzare letterati, poeti come Alfieri, Foscolo e ne rimane profondamente incantato.

Tuttavia la rigida educazione cattolica e alcuni seri problemi fisici e disagi psicologici dovuti all'eccessivo studio, isolamento ed immobilità in posizioni scomode delle lunghe giornate passate nella biblioteca di Monaldo, il ragazzo iniziò a pianificare l'idea della fuga. Questa prima parte sembra "Amadeus" di Milos Forman per la descrizione del rapporto padre-figlio. Il 1817 fu per Leopardi un anno che determinò profondi mutamenti: per prima cosa ci fu l'amicizia, tramite corrispondenza ,con lo scrittore Pietro Giordani che andò a fargli visita a Recanati l'anno successivo colpito dalla bravura di Giacomo. Il 1818 Giordani esaudì un desiderio di Leopardi: la fuga a Loreto con il fratello Carlo e con il Giordani stesso. Per Giacomo fu un'avventura necessaria che lo portò ad assaporare la successiva fuga (quella vera) del 1822 a Roma. Qui rimase ospite dello zio materno, Carlo Antici. A Leopardi Roma apparve squallida.  Agli occhi di un ateo, materialista e anticonformista saltarono la corruzione della Curia e l'alto numero di prostitute che gli fece abbandonare l'immagine idealizzata della donna. Nell'aprile del 1823 Leopardi ritornò a Recanati dopo aver constatato che il mondo al di fuori di esso non era quello sperato. E qui scrisse "L'infinito" con il famoso verso "sempre caro mi fu quest'ermo colle" (il monte Tabor a Recanati).

Nel 1825 iniziò una lunga serie di spostamenti: Milano,Bologna e successivamente a Firenze nel 1828. La sua salute intanto peggiorava. Qui conobbe innanzitutto il nobile napoletano Antonio Ranieri (Michele Riondino), che diventerà il suo migliore amico, Fanny Targioni Tozzetti (Anna Mouglalis), di cui si invaghisce e il gruppo di letterati appartenenti al circolo Viesseux tra i quali Gino Capponi, Giovanni Battista Niccolini (amico e corrispondente di Ugo Foscolo), Pietro Colletta, Niccolò Tommaseo ed anche il Manzoni che si trovava a Firenze per revisionare i suoi Promessi Sposi. Con molti di essi però non andava d'accordo a causa delle loro idee progressiste e liberali: su tutti non accettava le idee cattoliche di Manzoni e Tommaseo (che, a livello di idee, oggi sarebbero definibili come "renziani").
Questa è la fase del pessimismo cosmico (occhio alla scena girata sul Lungarno Soderini a cui ho avuto il piacere di assistere) e del cosiddetto "Ciclo di Aspasia": Leopardi era sempre più cinico, disilluso e disperato.
Nel 1833, grazie a Ranieri, decide, nonostante la gobba e i numerosi problemi fisici ,di trasferirsi con lui a Napoli (anche se il film cambia un po' i fatti). Il rapporto tra i due amici diventa sempre più forte tanto che spunta il dubbio che tra i due ci sia una sorta di amore (cosa confermata da alcune lettere che i due si scrivevano). Tanto che Antonio fece accudire Leopardi dalla sorella Paolina Ranieri (Federica De Cola) che al poeta ricordava, non solo per il nome, i bei momenti passati con la sorella. Questa è l'ultima fase della vita di Leopardi ed è probabilmente la parte migliore del film.
Napoli era invasa da un'epidemia di colera quindi Ranieri e Leopardi andarono a Torre del Greco in una villa in campagna alle pendici del Vesuvio (la futura Villa delle Ginestre) dove Giacomo compose "La Ginestra": è il 1836. In questo periodo il suo pessimismo sfociava nel suo odio per la crudeltà di Madre Natura che opprimeva la vita delle persone (tema che personalmente ho avuto modo di affrontare alla prima prova agli esami di maturità). "Bisognava ricostruire un "onesto e retto" vivere civile, ponendo fine all'insensata guerra che vede gli uni combattere gli altri, invece di unirsi per difendersi dalla Natura minacciosa". Il fiore rappresenta la condizione umana: sulle pendici del Vesuvio,rappresenta l'uomo che sa accettare la verità sulla propria condizione e, su questa verità, può costruire la propria dignità. E poi come scordare la celeberrima (ed amaramente ironica) espressione "magnifiche sorti e progressive " dedicata ai liberali-progressisti?

Il finale suppongo tutti lo sappiate ma evito di rovinarvelo.
Insomma un film per tutti (attenzione è un po' lento) che parla dell'uomo,del nostro Paese e di un poeta poco amato perchè pessimista. Bisogna però riconoscere,poco meno di due secoli dopo,che Leopardi era attuale allora come oggi. Uno che sapeva guardare oltre il confine e che aveva un'eccezionale sete di vita. Insomma un film fondamentale per il cinema italiano,uscito al momento giusto. Tanto che improvvisamente le sale sono piene di studenti delle scuole medie e superiori che,insieme ai loro professori, cercano un modo per comprendere meglio un personaggio sfaccettato (e da sempre poco amato) dagli alunni. E questo non è che un bene per l'Italia. L'essenza della vita è la sete di conoscenza,ma anche la sfida,l'avventura,la sorpresa. Probabilmente quelle cose che a Giacomo Leopardi mancavano terribilmente.


TOP: le citazioni,l'interpretazione di Elio Germano, la fotografia
FLOP: la narrazione è un po' lenta

VALUTAZIONE: *** 1/2

Immagine liberamente tratta da www.youtube.com

Ultima modifica il Mercoledì, 22 Ottobre 2014 00:00
Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant'altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

Altro in questa categoria: « Mandela: Long Walk to Freedom Boyhood »
Devi effettuare il login per inviare commenti

Free Joomla! template by L.THEME

Questo sito NON utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti.