Martedì, 31 Marzo 2015 00:00

Un romanzo criminale in salsa francese: la ricetta di French Connection

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Un romanzo criminale in salsa francese: la ricetta di French Connection

L'industria cinematografica italiana è primatista in confezionare commedie di medio/basso livello, oltre che a ripetere vecchi canovacci. L'esempio più classico? Il famigerato “cinepanettone” natalizio. “Volemo ridere, non piagnere” - dice un talent scout con accento romano a Carlo Verdone che assiste al provino del figlio musicista nel film “Sotto una buona stella”. Purtroppo la “massa” vuole staccare il cervello quando va in sala. Basta analizzare la classifica del boxoffice e il gioco è fatto (in testa c'è ancora “Cenerentola”...).
Vorremmo ridere ma purtroppo questa sensazione nel Bel Paese non c'è più da diversi anni. Il cinema, si sa, è lo specchio dell'identità culturale di un popolo. Intanto le sale chiudono e la gente rimane intrappolata nella solitudine delle loro case. Giuseppe Tornatore, tempo fa, disse che i vecchi capolavori (esempio “Ladri di biciclette” di De Sica) non avrebbero avuto successo senza quel rito collettivo che è la proiezione pubblica al cinema. E ha perfettamente ragione.
Per questo il suo “Cinema Paradiso” è un capolavoro senza tempo.

Ecco che allora dobbiamo andare in altri Paesi per riscoprire un certo gusto cinefilo. In Francia ad esempio i film d’autore vanno di moda. Lì l'investimento culturale è stato fatto. Una cinematografia ricca (la più importante d'Europa), generosa di commedie e di “polar“ (unione tra poliziesco e noir). E' uscito in Italia il 26 marzo (distribuito da Medusa) un poliziesco ambientato negli anni '70: mi riferisco a “French Connection” (in patria noto come “La French”) di Cedric Jimenez.

È una storia realmente accaduta. Siamo in Costa Azzurra, più precisamente a Marsiglia nel sud della Francia, nell'anno 1975. Il giudice Pierre Michel (il premio Oscar Jean Dujardin) è un magistrato che si occupa di minori e soprattutto di problemi di droga. Un giorno gli viene affidato un caso ben più difficile e ampio: smantellare, o quantomeno limitare, la diffusione a macchia d'olio della “French”. Pierre è di Metz (nord-est della Francia) e a Marsiglia è considerato un forestiero e un “nordista”.
La French Connection si occupava prevalentemente del traffico di stupefacenti (eroina e cocaina soprattutto). Ma tutto ciò è solo apparenza: ha infiltrati ovunque,è ben radicata sul territorio anche grazie all'aiuto del clan dei Corsi (sul tema gustatevi “Il profeta” di Jacques Audiard).
Il “padrino” dell'organizzazione è Gaetan Zampa (un notevole Gilles Lellouche) che gestisce una districata rete simile a quella di una ditta import-export che arriva fino agli Stati Uniti.
Chi era contro di lui veniva ucciso in ogni modo e con ogni mezzo. Zampa, di origini napoletane (toh che caso), ha imparato la lezione che “quando un padre scopriva che il figlio beveva gli faceva scolare una bottiglia intera di grappa... cinque o sei ore di coma... ma era certo che non avrebbe mai più' bevuto." Questa era la sua educazione. Chi era contro di lui riceveva questo monito. Ad attendere le sue mosse però c'è, come detto, Pierre Michel: magistrato irriducibile, carismatico e ostinato. Molto simile alla figura del “nostro” Giovanni Falcone.
La moglie di Pierre, Jacqueline, è turbata dalla sua ostinazione e sa che, di riflesso, mette in pericolo le vite di tutta la famiglia, figlie comprese. 

Il fascino della pellicola risiede tutto nel carisma (infinito) dei due protagonisti: Dujardin e Lellouche sono, rispettivamente, come il Vincent Hanna di Al Pacino e il Neil McCauley di Robert De Niro nel capolavoro di Michael Mann, “Heat-La sfida”.
Entrambi, alla loro terza interpretazione insieme dopo “Gli Infedeli” e “Piccole bugie tra amici”, sono il sale di questo film,anche se non dobbiamo dimenticare il terzo incomodo che è il quasi irriconoscibile Benoit Magimel (nei panni del “Matto”).
Non è un caso che sono truccati, pettinati nella stessa maniera. In alcune scene visti da dietro si confondono perché in realtà sono le due facce della stessa medaglia: uno è il lato della legalità (Pierre Michel), l'altro è quello della corruzione del genere umano (Gaetan Zampa). In realtà, nonostante siano agli opposti, sono figure congiunte da un legame di ossessione-attrazione.
La cosa si evince nell'unica scena in cui i due si confrontano a viso duro in un piazzale a strapiombo sul mare. Un duello recitativo notevole per una resa dei conti dal sapore western in cui ai colpi di pistola si sostituiscono scambi esistenziali (stile Batman e Joker del “Cavaliere Oscuro” di Nolan).

Tranquilli non è il finale, non vi ho “spoilerato” niente. Il tutto è “incorniciato” sullo sfondo di una Marsiglia bella e scintillante,f otografata sapientemente anche nella ricostruzione storica dell'epoca. Sembra la “Napoli d'Oltralpe”. Tutto ciò è stato reso possibile da un budget complessivo di oltre 21 milioni di euro. Ben spesi direi.
Cedric Jimenez, al suo secondo film, dirige e disegna una storia affascinante in cui trasuda sangue e violenza. La sua memoria da bambino è rimasta indelebilmente impressa da fatti a lui così vicini (negli anni ’70 suo padre aveva un ristorante a due passi dal bar del fratello di Zampa). La cosa è piuttosto tangibile nella bella scena in cui la polizia “sorveglia” i movimenti del padrino Zampa (piuttosto simile, anche questa, a “Heat” di Michael Mann).
Le fonti di ispirazione sono tante e di qualità: ci sono richiami al “Braccio Violento della legge” (che guarda caso il titolo originale era proprio “French Connection”) di William Friedkin (che raffigurava le stesse vicende secondo l'ottica statunitense), agli “Intoccabili” e a “Scarface” di Brian De Palma. La mente rimanda però anche al “Padrino” di Francis Ford Coppola,al cinema di Michael Mann (soprattutto nel già citato “Heat La Sfida”), senza dimenticare il “Romanzo Criminale” di Michele Placido, “36 Quai Des Orfevres” di Olivier Marchal e “L.A. Confidential” di Curtis Hanson.
La struttura, però,s omiglia soprattutto ad “American Gangster” di Ridley Scott: c'è il poliziotto ostinato Russell Crowe e il boss della malavita,altrettanto ostinato,Denzel Washington. E poi ci sono i contorni della storia legati al dominio del traffico degli stupefacenti.
Infatti, come nel film di Scott, il “cattivo” Zampa non è dipinto come l’incarnazione del male (in senso assoluto), ma è mostrato anche nei panni del marito e del “buon“ genitore. Jimenez non vuole dire che Pierre Michel sia il bene e Zampa il male. Tutt'altro.
Il vero nemico è interno, frutto della collusione tra criminalità, polizia, politica (il “limpido” sindaco di Marsiglia Gaston Defferre poi diventato ministro sotto Mitterand) e cittadini . Tanto che viene da pensare che ci possa essere materiale tale da poter girare un sequel.
Staremo a vedere.

+ il duello recitativo tra Dujardin e Lellouche, gli omaggi al cinema di genere,le scene d'azione, la ricostruzione accurata dell'epoca, la fotografia “vintage” della Marsiglia anni '70

- un film molto “classico”,chi vuole l'originalità a tutti i costi potrebbe rimanere deluso


FRENCH CONNECTION
(Francia 2014)

• REGIA: Cedric JIMENEZ
• SCENEGGIATURA: Cedric JIMENEZ, Audrey DIWAN
• ATTORI: Gilles LELLOUCHE, Jean DUJARDIN, Benoit MAGIMEL
• Durata: 2h e 15 minuti
• Distribuzione: Medusa


VOTO *** 1/2

Ultima modifica il Lunedì, 30 Marzo 2015 22:40
Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant'altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

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