Venerdì, 22 Maggio 2015 00:00

Quanto è bella la giovinezza

Scritto da
Vota questo articolo
(4 Voti)

Dopo averVi recensito i film di Garrone e Moretti, era lecito attendersi anche l'ultima opera di Paolo Sorrentino in concorso a Cannes: sto parlando di Youth (La Giovinezza).

Prendiamo i tre "moschettieri" italiani in concorso a Cannes: il verde è senz'altro Paolo Sorrentino,il bianco è Matteo Garrone e il rosso è Nanni Moretti.

Il primo perchè ambienta la sua storia nei prati e nei sentieri delle Alpi Svizzere circondate da un oasi di pace e tranquillità apparente, ma anche perchè il verde è da sempre il colore della speranza. E tutti questi personaggi tormentati sperano, tra mille difficoltà, in un futuro migliore, rimembrando la loro giovinezza.

Matteo Garrone rappresenta il bianco perchè, pur girando un film di un genere difficile da fare in Italia, pratica un cinema abbastanza classico prendendosi in ogni caso grossi rischi. Se consideriamo la sua dimensione internazionale,è un film abbastanza "neutro".

Nanni Moretti rappresenta non tanto il colore politico a lui più caro (che qua e là rimanda alle sue opere più impegnate), ma quello della passione, del legame di sangue che lega la regista Margherita e il fratello Giovanni con la madre malata. Dei tre Vi dico subito che il migliore è Mia madre del Nanni nazionale.

Ma veniamo all'analisi del film di Paolo Sorrentino.

Secondo film in lingua inglese per il regista premio Oscar dopo This must be the place. Critica e pubblico si sono divisi: 15 minuti di applausi, ma anche qualche fischio misto a indifferenza e silenzio. L'anno scorso La grande bellezza fu ignorato a Cannes. Poi è stato rivalutato agli Oscar.

Diciamo subito una cosa brutale: se avete odiato le opere precedenti dell'artista napoletano, non andate in sala. Perchè qui dentro, bene o male, c'è condensata una buona fetta della sua ricca filmografia.

Veniamo al film.

Siamo sulle pendici delle Alpi Svizzere (tranne qualche scena girata a Venezia). Fred Ballinger (Michael Caine) e Mick Boyle (Harvey Keitel) sono due amici ottantenni in vancanza in un lussuoso hotel, dotato di ogni comfort. L’albergo nella realtà si chiama Waldhaus e si trova in un paese svizzero del cantone dei Grigioni, che si chiama Flims.

Fred è uno dei più grandi direttori d'orchestra del mondo, ha rinunciato alla musica, non intende assolutamente tornare sui propri passi. Neanche per la regina d'Inghilterra, che lo vuole a tutti i costi per uno spettacolo indimenticabile, basato sulle sue più celebri composizioni.

Mick, invece, è un regista, altrettanto famoso, che sta lavorando al suo ultimo film (una sorta di testamento artistico) insieme ai suoi giovani collaboratori. Proprio sul più bello, i capricci della diva Brenda Morel (una spettacolare Jane Fonda), amica di lunga corso di Mick, minacciano il rinvio delle riprese e l'eventuale ridiscussione del progetto da parte del produttore.

Entrambi hanno una forte consapevolezza del tempo che sta passando, in modo inesorabile, simile alle lacrime del Roy Batty di Hutger Hauer di bladerunneriana memoria.

"Da giovane vedi tutto vicinissimo, quello è il futuro. Da vecchi si vede tutto lontanissimo, quello è il passato" – è la lezione di vita che Mick ha ormai imparato sulla sua pelle. 
Anche Fred approverebbe tale assioma, ma sicuramente in maniera più cinica e disillusa.

I due passano le giornate a prendersi in giro, a farsi i massaggi, stanno a bagnomaria in piscina, fanno scommesse su una coppia dell'albergo che (apparentemente) non parla mai, ma devono fare i conti anche con vari problemi: oltre a quelli dell'età (la prostata, i dolori, le ambizioni), c'è anche il termine di una relazione amorosa tra la figlia di Fred, Leda (la stupenda Rachel Weisz, la moglie di Daniel "007" Craig), e il figlio di Mick, Julian (Ed Stoppard). Questo evento provoca degli effetti collaterali: Leda accusa il padre di non essere stato vicino (abbastanza) a lei e sua madre e di aver avuto troppi "colpi di testa" come tutti gli artisti. Mick,invece, che è sconcertato dal tradimento del figlio verso Leda, accusa il figlio di aver preso tutto dal Dna della madre.

I due amici, apparentemente, parlano tra loro solo “delle cose belle” (vedi un vecchio amore del passato, una certa Gilda Black), ma in realtà sono sinceri fra di loro e con sé stessi, eppure si dicono bugie, si nascondono piccole e grandi cose, giocano sul non detto senza antagonismi e rancori.

Accanto a loro c'è una fauna di personaggi molto variopinta: l'ex calciatore iperfamoso, con mega tatuaggio di Karl Marx,(omaggio all'idolo di Sorrentino, il fuoriclasse argentino Diego Armando Maradona) lievitato di peso che ha problemi di respirazione, Miss Universo (la modella rumena Madalina Diana Ghenea) che è meno scema di quanto possa sembrare e soprattutto un giovane regista, Jimmy Tree (il Paul Dano di Prisoners e 12 anni schiavo). Quest'ultimo ha un problema: sa di essere conosciuto solo per un film di robot dove la sua faccia non è mai mostrata. Così sta valutando il da farsi, ma è tormentato da un dubbio: meglio raccontare l'orrore (a tal proposito non Vi svelo da chi si traveste) o il desiderio? Per fare ciò le esperienze di Fred e di Mick possono dargli una mano.

È provocatorio, Sorrentino, con i suoi spettatori. Da buon napoletano, fa una sorta di gioco delle tre carte con lo spettatore confondendolo spesso passando da battute ironiche e scene giocose (stupenda la rivelazione della coppia che, apparentemente, non parla e poi...), passando per personaggi indecisi, tormentati e problematici (con una buona dose di aforismi e citazioni sparate qua e là) e finendo per constatare che, per dirla nei modi di Fred Ballinger di Michael Caine, lui non ambisce a diventare un intellettuale.

Chi ha visto La grande bellezza ricorderà la frase di Jeb Gambardella "la più sorprendente scoperta che ho fatto è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare".

In un certo senso Sorrentino in questo film successivo l'amplifica e ci gioca. Sì, perchè riprende anche le esperienze precedenti: l'ambientazione (l'albergo e la Svizzera silenziosa) del suo miglior film in assoluto (Le conseguenze dell'amore), i temi di This must be the place e La grande bellezza, alcuni canovacci de Il divo e L'uomo in più, la fotografia del fido Luca Bigazzi.

E poi bordate di omaggi: l'albergo all'esterno, i colori e le scene in funivia ricordano il wesandersiano Grand Budapest Hotel, i tormenti dell'artista riprongono l'Otto e mezzo di fellianiana memoria (compresa scena in cui Keitel rivede sul pratone della valle tutti i tormenti dei personaggi che ha creato), la comunicazione tra i figli e i padri che ricorda Sinfonia d'autunno di Bergman, il rapporto tra arte e l'età che avanza che omaggiano opere come Quartet di Dustin Hoffman e Il concerto di Radu Mihaileanu. Per la parte comica e per i duetti tra Keitel e Caine sembra forte l'impronta del filone di commedie realizzate (a partire dagli anni '60 con La strana coppia) dalla coppia Walter Matthau – Jack Lemmon.

Per fare tutto ciò Sorrentino era conscio che doveva assicurarsi un attore diverso dal feticcio Toni Servillo e, onestamente, ha scelto il massimo: la coppia Caine (probabilmente tra i 10 migliori attori del mondo) e Keitel è il sale del film.
 Non sono da meno le figure di contorno: Paul Dano tiene testa ai due colossi, confermandosi attore di rango. Senza dimenticare il piccolo cameo (maestoso) della veterana Jane Fonda.

In definitiva Youth non è solo un film sulle stagioni della vita, ma anche sull'eterna giovinezza dell'arte: il cinema e la musica che rimbombano e ridondano in maniera indelebile nelle nostre vite influenzandole.

Come le opere di Francesco Rosi che sui titoli di coda viene ricordato da Sorrentino. Agli ultimi Oscar, dopo l'omissione del ricordo del grande regista, si sentiva puzzo di bruciato.



TOP: la recitazione,l'affiatamento degli attori, la fotografia di Luca Bigazzi, gli omaggi, l'ironia

FLOP: chi ritiene La grande bellezza un film stucchevole e falso, non amerà quest'opera

VOTO ****



YOUTH (LA GIOVINEZZA)


Italia/Francia/Svizzera 2015

Regia e sceneggiatura: Paolo SORRENTINO

Cast: Michael CAINE, Harvey KEITEL, Jane FONDA, Paul DANO, Rachel WEISZ

Fotografia: Luca BIGAZZI

Prodotto e distribuito da MEDUSA FILM

Durata: 2 ore circa

P.S.
L'EMBLEMA DELLA CLASSE DIRIGENTE ITALIANA



Durante la presentazione del film a Cannes, il presidente di Medusa Film, tale Carlo Rossella (dirigente filoberlusconiano classe 1937,), viene intervistato da un giornalista di Iris (di proprietà Mediaset, come Medusa). Dopo aver elogiato Sorrentino, mettendolo nella lista dei migliori registi contemporanei (cosa condivisibile), dà tutto il meglio della sua preparazione cinematografica: "nel cast di questo straordinario film, oltre a Michael Caine e Harvey Keitel, anche la straordinaria attrice premio Oscar Julia Roberts" (in realtà è Jane Fonda che ha 30 anni in più della Roberts). Ah quant'è bella la giovinezza...

Immagine di copertina liberamente ripresa da www.spettacolomania.it

Ultima modifica il Venerdì, 22 Maggio 2015 00:05
Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant'altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

Devi effettuare il login per inviare commenti

Free Joomla! template by L.THEME

Questo sito NON utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti.