Venerdì, 12 Giugno 2015 00:00

The salvation: un western in salsa danese

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The salvation: un western in salsa danese

C'era una volta un genere prettamente americano che ha fatto la storia del cinema mondiale. Ha inventato nuove inquadrature, nuovi modi di concepire la settima arte. Sto parlando del Western. Un genere fondamentale all’interno della storia del cinema, un genere fatto di azione e dinamismo ma anche di profonde riflessioni che, nel tempo, hanno cercato di raccontare la nascita di un’intera nazione. Nel bene, come nel male.

Il tempo è il XIX secolo, nell'Ovest degli Stati Uniti. Le vicende narrate riconducono alla guerra di indipendenza in cui i colonizzatori inglesi dettarono le basi per la costruzione della società americana. I primi pionieri vedevano le desolate lande del west come un qualcosa di selvaggio e misterioso. Cosa che da sempre affascina l'uomo. Il primo film western della storia del cinema è del 1903: Assalto al treno (The Great Train Robbery), diretto da Edwin S. Porter e intepretato da Max “Broncho Billy” Anderson, divo del cinema western degli albori. Roba da cinefili "primitivi": mancava il montaggio e le inquadrature erano statiche. Per trovare materiale interessante occorre passare al 1939 quando un certo John Ford uscì in sala con "Ombre rosse". La pellicola inventò il cosiddetto piano americano (inquadratura fino al ginocchio, che Ford inventò per riprendere cinturone e pistola oltre al personaggio) e lanciò il mito di John Wayne. Seguirono opere importanti come "Sentieri Selvaggi" e "L'uomo che uccise Liberty Valance", sempre firmate da Ford.

E l'Italia? Eravamo tra i maggiori propulsori del genere. Enzo Castellari, Sergio Corbucci sono degli esempi che hanno influenzato anche il cinema di Quentin Tarantino (l'ultimo "Django Unchained" omaggia molti titoli italiani del periodo). Poi ci sono le parodie: gli "spaghetti western" con Bud Spencer e Terence Hill e le serie di film con Giuliano Gemma, Franco Nero, Tomas Milian. Solo per citarne alcuni. Ma non possiamo dimenticare il numero 1 in assoluto: Sergio Leone. Tra gli anni Sessanta e Settanta escono Lla trilogia del dollaro" (Per un pugno di dollari, Per qualche dollaro in più, Il buono, il brutto e il cattivo) e capolavori come "Giù la testa" e "C'era una volta il west". Un linguaggio nuovo, rivoluzionario per il cinema. Il pubblico era in estasi per i duelli all'ultimo sangue, le storie erano vere, ben dirette e infarcite di temi importanti.  Leone ha influenzato il genere reinventandolo. Un esempio? L'inquadratura in primissimo piano degli occhi dei pistolero prima del duello è un suo marchio di fabbrica. Leone ha "generato" una nuova generazione di registi: gente come Clint Eastwood (attore in molti di film di Leone), Quentin Tarantino, Tommy Lee Jones. Se si escludono "Balla coi lupi" e "Gli spietati", dal 1993 di western veri ne sono stati fatti ben pochi (qualitativamente parlando). Le ragioni di questa “scomparsa” sono difficili ancora da capire. Probabilmente è saturo: tutto è stato raccontato, riscritto, compreso e archiviato. Hanno resistito solo parodie (Pronti a morire di Sam Raimi, Cowboys and aliens di Jon Favreau, Mezzogiorno e mezzo di fuoco di Mel Brooks) e qualche "classico". Tra questi possiamo annoverare Open Range con Kevin Costner, Appaloosa di Ed Harris, il già citato Django di Tarantino e L'assassinio di Jesse James per mano del bandito Robert Ford. Senza dimenticare Le tre sepolture e The Homesman (inedito in Italia), firmati Tommy Lee Jones, e i remake di "Quel treno per Yuma" (con Crowe e Bale) e de "Il grinta" dei fratelli Coen.
Al Festival di Cannes, nel maggio 2014 però è stato presentato, fuori concorso, un inedito western danese firmato Kristian Levring che si rifà a Ford, a Leone e alla storia del cinema western. Dopo oltre un anno,è finalmente uscito anche in Italia "The salvation".

Levring è un regista e sceneggiatore firmatario del "Dogma 95" insieme a Vinterberg e Von Trier. L'obiettivo di questo ambizioso movimento (fallito nel 2005 dopo 35 film) era quello di "purificare" il cinema dagli effetti speciali e dagli investimenti miliardari. Niente luci, nessuna scenografia, assenza di colonna sonora, rifiuto di ogni espediente al di fuori di quello della camera a mano. Tuttavia il dogma è stato violato in questo film: c'è la musica,un massiccio uso di green screen per poi ricreare gli sfondi
 nella computer grafica 
È un'opera classica, ricca di azione e povera di parole che non tralascia alcun ingrediente della ricetta classica.  Quindi attendetevi violenza, un sindaco becchino (un inedito Jonathan Pryce), uno sceriffo prete, i soliti manigoldi senza scrupoli che terrorizzano la povera gente, il solito eroe in cerca di vendetta, le allusioni ai dolly (gru per riprese complesse sviluppate in altezza ) di Sergio Leone. E poi c'è una donna (Eva Green) che ricorda un po' Claudia Cardinale in "C'era una volta il west" con il look della signora Baxter in "Un pugno di dollari".

Veniamo alla storia. 1871, Stati Uniti (ma è girato in Sudafrica). C'è un immigrato danese di nome John (l'intenso Mads Mikkelsen de "Il sospetto" e "007 Casinò Royale") che finalmente sta per riunirsi con sua moglie e il figlio di dieci anni in territorio americano. Molti non lo sanno ma gli americani di origine danese sono circa 1.500.000 e sono concentrati specialmente nel Midwest e nel Canada. La California ha la più grande componente di persone di origine danese tra gli Stati Uniti.  Ma torniamo a noi. L'abbraccio con la famiglia si rivelerà un terribile miraggio: quando stanno per arrivare alla stazione,sono vittime di un crimine orribile.L'assalto alla diligenza diventa un incubo. Due uomini violentano e uccidono moglie e figlio. Distrutto dal dolore, John uccide il responsabile. Ma il problema è dietro l'angolo: l'uomo è il fratello dello spietato bandito Delarue (Jeffrey Dean Morgan), che da anni terrorizza il villaggio di Black Creek. John dovrà cambiare vita e diventerà un fuorilegge per difendersi. Ma come al solito non mancano altre variabili: ecco che entrano in gioco anche Eva Green (“Sin City – una donna per cui uccidere”,"The Dreamers"), che non parla mai perché le hanno tagliato la lingua (non vi dico da chi ma è un particolare importante..) e il sindaco-becchino della città, il "traffichino" Keane di Jonathan Pryce (“Ronin” e “I pirati dei Caraibi”). Senza dimenticare la presenza carismatica dell’ex calciatore (già attore per Ken Loach in "Il mio amico Eric") Eric Cantona, che interpreta il Corso, uno degli scagnozzi di Delarue.
Il film realizzato è un ottimo western classico: trama lineare,colpi di scena nelle tradizioni del genere, il rapporto uomo-donna,la sfiducia iniziale della cittadina con il protagonista. C'è la brutalità della violenza, ma da contraltare c'è la bellezza dei paesaggi esaltata da un' ottima fotografia.

Il regista danese ha centrato la scelta di attori e ruoli (occhio a non farsi fulminare dallo sguardo di Eva Green) oltre al ritmo e agli (inevitabili) omaggi a John Ford e a Sergio Leone. Non brilla di originalità insomma. Ma in "The Salvation" c'è un'importante vena provocatoria. Dietro l'etichetta western si scorge l’occhio europeo, c'è uno sguardo critico sulla nascita della nazione più potente del mondo che è intrisa di sangue e violenze raccapriccianti. Dimenticatevi la giustificazione dei massacri ai pellerossa. A differenza dell'eroe americano (bianco e fascistello) di John Wayne, il John di Mads Mikkelsen rifiuta il ruolo di eroe (il titolo trae in inganno). Lavora, combatte per sé stesso e per la propria famiglia. Un individualismo "protezionista" che ricorda tanto i nostri tempi dove la crisi ha distrutto relazioni, welfare, socialità vera. Il western va rivalutato, offre sempre spunti interessanti. Anche lì sullo sfondo di eroi e antieroi (più o meno credibili) c'è gente oppressa e impaurita che non osa uscire di casa,cittadine deserte dominate da corruzione e viltà,politici al soldo di banditi e ricchi speculatori. In tempi in cui la legge non riesce ad imporsi o scambia il cittadino onesto per disonesto non è una sfida da poco dare in pasto allo spettatore una riflessione di questo tipo. Non c'è niente di straordinario,ma molto di ordinario. Ma è risaputo che nel mondo esistono vari tipi di duri. Il più comune è quello di comprendonio.

TOP la recitazione,il carisma di Mikkelsen e della Green (folgorante con lo sguardo),gli omaggi a Ford e Leone,i canovacci del cinema western,l'ottica europea di rottura rispetto alla visione americana del genere

FLOP
la classicità del film impone una certa mancanza di coraggio e di originalità.Alcuni hanno etichettato il film come "già visto".

THE SALVATION

(Danimarca 2014)

Regia: Kristian LEVRING
Cast: Mads MIKKELSEN,Eva GREEN,Eric CANTONA, Jeffrey Dean MORGAN e Jonathan PRYCE
Produzione: Zentropa
Distribuzione: Academy Two
Durata: 1h e 30 minuti circa

VOTO *** 1/2

Ultima modifica il Venerdì, 12 Giugno 2015 10:43
Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant'altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

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