Lunedì, 02 Maggio 2016 00:00

Gus Van Sant e la foresta giapponese di Aokigahara

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Gus Van Sant e la foresta giapponese di Aokigahara

LA FORESTA DEI SOGNI
(The Sea Of Trees) **1/2
(USA 2015)
Regia: Gus VAN SANT
Cast: Naomi WATTS, Ken WATANABE, Matthew MC COUNAGHEY
Sceneggiatura: Chris SPARLING
Fotografia: Kasper TUXEN
Durata: 1h e 50 minuti
Distribuzione: Lucky Red
Uscita: 28 Aprile 2016

Festival di Cannes 2015. Edizione ricca. Inizia il toto scommesse. L'Italia sembra in pole position visto che ha in Concorso sia Moretti sia Garrone sia Sorrentino. I francesi però sono nazionalisti, si sa, e premiano il loro Jacques Audiard con "Dheepan". E l'Italia "nuda come sempre", come sosteneva saggiamente De Gregori. Nella stessa edizione, sulla carta, un posto di rilievo doveva toccare anche a Gus Van Sant, già apprezzatissimo regista di "Milk", "Will Hunting – genio ribelle" e "Scoprendo Forrester". Aveva già vinto il premio nel 2003 con "Elephant". Un film che parlava della strage alla scuola Columbine (la stessa di cui si occupò Michael Moore in "Bowling a Columbine"). Il titolo alludeva al famoso elefante in una stanza: tutti lo vedono, ma nessuno vuole accorgersi che esista. Come il problema sollevato nel film: l'uso spregiudicato delle armi nella società americana. Ci furono notevoli problemi per l'opera. Fece scalpore, le lobby lo boicottarono. La qualità del film era indiscutibile.

Questa volta il film "The sea of trees" (in italiano ridicolamente intitolato "La foresta dei sogni") ha messo d'accordo critica e pubblico: insulti, ululati, fischi, gente che si addormentava. Di tutto di più. Matthew Mc Conaughey in conferenza stampa rispose senza scomporsi: "il pubblico può dire quello che vuole". Dalla serie, basta che il pubblico paghi il biglietto. Molto democristiano il buon Matthew. Gus Van Sant invece, da tempo, se ne era fatto una ragione. Già perché l'inizio della carriera non fu affatto facile per il regista americano. Figurarsi quando si dichiarò pubblicamente omosessuale. Il re del cinema indipendente (ricordate "Belli e dannati" con Reeves e River Phoenix?) fino al 1997, anno di uscita di "Will Hunting". 3 Oscar e numerosi riconoscimenti internazionali. Fu l'ago della bilancia della carriera di Van Sant. Da lì in poi ci saranno due Gus: quello del cinema indipendente e quello mainstream. Al primo appartengono opere come Elephant, Gerry, Paranoid Park, Belli e dannati, L'amore che resta. Al secondo appartengono invece opere ad alto budget come Will Hunting, Milk, Promised Land, Scoprendo Forrester e La foresta dei sogni (costato 25 milioni di dollari). Proprio quest'ultimo film è appena uscito in Italia con un titolo piuttosto ridicolo (come al solito) perché una foresta dei suicidi non può essere catalogata come sognata. Diciamo così, un fondo di verità c'è nella storia, ma chi ha fatto la scelta poteva essere un tantino più originale o mantenere il titolo "The sea of trees" che era sicuramente più misterioso (significa letteralmente "un mare di alberi").

Veniamo alla trama. Lo scienziato americano Arthur Brennan (il premio Oscar Matthew McCounaghey) fa un viaggio sola andata per il Giappone, direzione Tokyo. Ha cercato su Google un bellissimo luogo dove togliersi la vita. Uno dei risultati più gettonati, in certi casi, è la Foresta di Aokigahara, ai piedi del Fuji. Un posto bellissimo, incantato, fotografato in maniera divina da Kasper Tuxen. Sembra un po' "Hansel e Gretel", un po' "La città incantata" di Miyazaki. L'ingresso di Arthur nel bosco è una delle scene migliori dell'opera. Molto horror con fotografia e musiche straordinarie. Recatosi così nella foresta, per trovare pace dal dolore e sensi di colpa, Arthur si imbottisce di pillole. Sulla sua strada incontrerà numerosi cadaveri e un misterioso giapponese Takumi Nakamura (Ken Watanabe de "L'ultimo samurai") che si è perso nel bosco. I due diventano amici condividendo i loro dolori, le angosce del passato. Parlano anche di fiabe orientali ed occidentali. Tra diversi pericoli e numerose conversazioni, Arthur, facendo del bene, inizia a sperare in un futuro migliore. Qui il film si snoda su due strade: una racconta l'amicizia tra i due (parte molto orientale), l'altra si dipana, attraverso vari flashblack (parte molto occidentale), sulla vita privata di Arthur attraverso i rapporti non idilliaci con l'amata moglie Joan (Naomi Watts). La cultura giapponese gli farà tornare la voglia di essere un uomo migliore. E poi si accorge di amarla come nessun altro. Riusciranno i nostri eroi a coesistere e a salvarsi? La storia è decisamente affascinante, il "pazzo" collegamento tra suicidio e amore lo è altrettanto. La scelta di fare un puzzle di storie che si incrociano non è originale, non sempre funziona. 

Il problema è che da Gus Van Sant lo spettatore pretende sempre tanto. Forse sarebbe servito un regista giapponese a fare questo genere di film. La sceneggiatura sicuramente non lo aiuta, scegliendo due strade non imboccate completamente. Francamente i fischi non li condivido. In Italia dal 1983 vengono proposti film assolutamente peggiori come i cinepanettoni. In confronto "La foresta dei sogni" è un capolavoro. Anche perché possiede un cast importante: Ken Watanabe e Matthew Mc Counaghey non sono perfetti, ma dignitosi. Tuttavia la migliore resta Naomi Watts, lodevole interprete del disagio femminile di un rapporto logoro affogato nel caos dell'alcool. È lei la costante catalizzatrice del film, quella che insegna al marito che "c'é sempre un momento che ti cambia per sempre la vita e che ti sbatte a terra e ti ricorda che cos'è che conta davvero".

TOP
Le musiche, l'affascinante fotografia della foresta giapponese e l'interpretazione del cast (Naomi Watts sugli scudi), la svolta "horror" di Gus Van Sant della prima parte.

FLOP
La sceneggiatura, dominata da incongruenze narrative e scambi di battute involontariamente ridicoli, fa acqua e spesso ricorre a troppi zuccheri aggiunti. Poi ci sono dei colpi di scena telefonati.
Non è il miglior film di Van Sant, ma neanche il peggiore.

Ultima modifica il Domenica, 01 Maggio 2016 22:13
Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant'altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

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