Sabato, 25 Febbraio 2017 00:00

Tra varie forme di dipendenza, scegliete la vita

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Tra varie forme di dipendenza, scegliete la vita

Settimana di fine febbraio molto ricca di uscite. Domenica prossima verranno assegnati gli Oscar (ve ne parlerò prossimamente). Nella solita settimana sono usciti "Barriere" di Denzel Washington, "Beata ignoranza" di Massimiliano Bruno, "Trainspotting 2" di Danny Boyle e il già recensito "Jackie"di Pablo Larrain (vedi qui).
Il primo francamente non mi ha entusiasmato. È un film troppo teatrale, fittissimo di dialoghi. Anche se può vantare due ottimi interpreti come lo stesso Washington e Viola Davis (entrambi candidati all'Oscar). È un titolo tipicamente americano abbastanza tosto da seguire per 2 ore e 20 minuti di durata con finale retorico (e evitabile). Pertanto ho scelto di virare, recensendo il sequel del cult di Danny Boyle e una interessante commedia italiana sulla dipendenza dai social network. Perchè, come dice il titolo, non ci solo droghe e alcool. Ci sono tante forme diverse di subordinazione. In questo pezzo ne affronto due: quella dalla nostalgia e quella da social network, la nuova droga di oggi.
Ecco le recensioni in dettaglio:

TRAINSPOTTING 2 *** 1/2

(Gran Bretagna 2017)
Regia: Danny BOYLE
Cast: Ewan MC GREGOR, Robert CARLYLE, Johnny LEE MILLER, Ewen BREMNER
Durata: 1h e 54 minuti
Distribuzione: Sony Pictures - Warner Bros
Uscita: 23 Febbraio 2017

Benvenuti nell'era della nostalgia. Mancano le idee e allora si usa la macchina del tempo per illuderci di tornare bambini o adolescenti. È successo recentemente con "Star Wars - Il risveglio della forza" e i risultati (a livello di botteghino) sono stati importanti. Così i produttori hanno cominciato ben presto ad espandere questo concetto nel cinema mainstream. È quello che è successo anche con "Traispotting".

Riavvolgiamo il nastro e torniamo nell'annus domini 1996. Il regista Danny Boyle dirige il suo secondo film, Ewan McGregor era ancora semisconosciuto. Risultato? "Trainspotting" diventa un fenomeno mondiale, Boyle e McGregor sfondano. Tratto dal romanzo omonimo di Irvine Welsh del 1993, diventa il miglior film scozzese di tutti i tempi. Il passaparola inizia a girare e si allarga a macchia d'olio in tutto il mondo. Oggi è un cult. Soprattutto per coloro che, come me, sono nati negli anni '70 e '80.
Il motivo? È un ritratto feroce e (volutamente) "sporco" di una generazione senza ideali che non ha intenzione di uscire dallo stato di immobilismo in cui versa. Il tutto al ritmo di una colonna sonora martellante, con pezzi come"Lust for life" di Iggy Pop e "Born Slippy" degli Underworld.

Quest'opera, attraente per originalità e velocità, era carica di angoscia e humour nero. È entrata dentro le persone, anche sottopelle, sconquassando l'immaginario collettivo. Ed eccoci qua, vent'anni dopo ad interrogarci se i 4 fattoni saranno cresciuti o meno. "Trainspotting 2" non segue dell'ideale seguito letterario ("Porno" di Irvine Welsh), ma sceglie la nostalgia, abbassando notevolmente i ritmi (vertiginosi) del primo film. Regista, sceneggiatore, produttori e cast originale erano consapevoli che non avrebbero eguagliato il primo episodio, così hanno scelto di svicolare: vedere se i personaggi si sono evoluti. Secondo me questo è sinonimo di intelligenza perchè in questi casi il confronto con l'originale era inevitabile e avrebbe prodotto un sequel piatto e inconsistente. Prendendo le distanze, Boyle constata che era impossibile proporre un film altrettanto originale nel 2017.

Ma veniamo al film. Il sequel ricomincia con il ritorno di Mark Renton (Ewan McGregor) che, alla fine del primo episodio, aveva tradito i suoi amici, scappando con 16mila sterline ad Amsterdam. Anche lui, come gli altri, non è riuscito a imprimere un senso alla sua vita. Così torna nella natia Edimburgo dagli amici di sempre. Sick Boy (Johnny Lee Miller), Spud (Ewen Bremner) e Begbie (Robert Carlyle) hanno ormai quarant'anni suonati e hanno perso ogni speranza di ribellione. Il fisico non regge alle droghe come un tempo e si sono fatti schiacciare dalla vita e dai giri di lancette. Sick Boy è rancoroso e medita vendetta, Begbie sta per "uscire" di prigione, Spud sta toccando il fondo completamente intriso di eroina.
Ma se prima essere carogne era elemento di diversità, oggi è normalità per sopravvivere. Anche il famoso monologo di Mark si è ammorbidito. Nel 1996 diceva "scegliete la vita; scegliete un lavoro; scegliete una carriera; scegliete un maledetto televisore a schermo gigante; scegliete lavatrici, automobili, lettori CD e apriscatole elettrici; scegliete di sedervi su un divano a spappolarvi il cervello e ad annientarvi lo spirito davanti a un telequiz. E alla fine scegliete di marcire; di tirare le cuoia in un ospizio schifoso, appena un motivo d'imbarazzo per gli idioti viziati ed egoisti che avete figliato per rimpiazzarvi. Scegliete il futuro. Scegliete la vita." (vedi qui)
Vent'anni dopo lo stesso Mark sostiene "scegliete la vita. Scegliete Facebook, Twitter, Instagram, e sperate che a qualcuno da qualche parte freghi qualcosa. Scegliete di cercare vecchie fiamme, desiderando di aver agito diversamente. E scegliete di osservare la storia che si ripete. Scegliete il futuro. Scegliete i reality show, lo sputtanamento, e la diffusione dei porno. Scegliete un contratto a zero ore, un tragitto casa-lavoro di due ore e lo stesso per i vostri figli, e alleviate il dolore con una dose sconosciuta di una droga sconosciuta fatta nella cucina di qualcuno. E poi, fate un respiro profondo. Siete dei tossici? Allora fatevi! Ma fatevi di qualcos'altro. Scegliete le persone che amate. Scegliete il futuro. Scegliete la vita" (vedi qui).

Un cambiamento non da poco che manifesta l'inconsistenza di un'intera generazione, che nemmeno è sfiorata dall'idea di imporsi e risollevarsi. Se nel 1996 avevamo l'alibi di essere troppo giovani per capirlo, vent'anni dopo probabilmente siamo regrediti. Amaramente sono d'accordo con Danny Boyle: il cambiamento di tono del monologo mostra più un gorgoglio di pancia che una presa di coscienza delle condizioni in cui si versa. Era meglio essere strafatti piuttosto che scegliere la vita? Guardandoci attorno, sembrerebbe (purtroppo) di sì. Siamo "tossici della nostalgia".
D'accordo questo secondo episodio non sarà ai livelli del primo (anche se ci sono scene godibilissime come quella nel pub protestante), ma va inteso come un atto di accusa all'involuzione della società e, conseguentemente, anche del cinema. E oggi trovare tutto questo in un film non è affatto poco. Dopo tutto, la penso come Vasco quando dice che domani è tardi per rimpiangere la realtà. E' meglio viverla.

FRASE CULT: " Scegliete le persone che amate. Scegliete il futuro. Scegliete la vita"

TOP:
- La presa di distanza dal primo film
- La nostalgia è il motore della storia
- Il racconto dell'evoluzione dei personaggi per mostrare l'involuzione della società e di un'intera generazione
- La forza e l'attualità del monologo di Mark
- La fotografia notturna di Edimburgo è splendida
- Il film funziona grazie allo stile da videoclip di Danny Boyle e un cast affiatato
- La splendida colonna sonora

FLOP:
- Se si confronta con il primo episodio, tutto è compassato
- Il ritmo è più basso rispetto al primo episodio

 

BEATA IGNORANZA ***
(Italia 2017)
Regia: Massimiliano BRUNO
Cast: Marco GIALLINI, Alessandro GASSMAN, Valeria BILELLO
Durata: 1h e 40 minuti
Distribuzione: 01 Distribution
Uscita: 23 Febbraio 2017

Ha fatto qualche passo falso, ma nel complesso Massimiliano Bruno non è affatto da disdegnare. Finora è riuscito a coniugare elementi tipici del nostro cinema con temi sociali quanto mai attuali. Anche se purtroppo esagera con il dialetto romano. Nessuno mi può giudicare, Viva l'Italia, Confusi e felici e Gli ultimi saranno ultimi parlano dell'Italia contemporanea, della scarsa moralità di alcuni costumi italici. Gente depressa, che è costretta a negare la crisi riducendosi a reinventarsi con metodi discutibili. Esempi autorevoli sono l'Alice di Paola Cortellesi che fa l'escort per camparsi, lo psicanalista cialtrone e depresso di Claudio Bisio che si rivolge ai suoi pazienti per uscire dalla sua crisi personale, la Luciana di Paola Cortellesi che perde il lavoro e che è costretta a diventare delinquente per sopravvivere. Premesso questo, sotto l'effetto scia del successo di "Perfetti sconosciuti" di Paolo Genovese, anche Bruno ha ripreso in mano il tema della dipendenza (sempre più diffusa) da social network e smartphone.
Al centro dei suoi film ci sono sempre problemi di comunicazione o, peggio, di incomunicabilità. Così ha deciso di riprendere in mano la sua piece teatrale e di affinarla per il cinema.

Ernesto (Marco Giallini, come al solito grande) e Filippo (Alessandro Gassmann) sono due professori di liceo diametralmente opposti. Il primo è catto-comunista, severo, metodico e tradizionalista, autoritario con i suoi alunni, non ama il computer e ha un vecchio cellulare Nokia del '95. Crede nei valori dell'insegnamento classici. Per lui la vita è fuori, non online. Il secondo, invece, è allegro, spensierato, moderno e sempre online. È anche seduttore seriale via web. I due mondi, distantissimi, finiranno per entrare in contatto. I due, un tempo, erano amici, ma uno scontro duro e mai risolto li ha allontanati. La loro professione gli dà l'opportunità di chiarirsi e di risolvere le controversie perché si ritroveranno a contatto nella stessa classe. Riesplode la guerra tra i due. I loro studenti mettono sul web un video di un'aspra lite. Diventano delle star sul web. Un giorno la giovane Nina (Teresa Romagnoli) riaffiora dal loro passato e li sfida facendo una scommessa: l'uno dovrà scambiarsi con l'altro. Filippo dovrà abbandonare i social network, mentre Ernesto dovrà diventare "social". Questo esperimento li costringerà a cambiare e a rapportarsi in maniera diverso con il mondo esterno: Filippo conoscerà un nuovo "io" e Ernesto sperimenterà nuove forme di interazione.

Verrò subito al punto: è un film abbastanza riuscito e divertente, ma purtroppo pecca di qualche difetto tipico delle pellicole italiane del presente. Le premesse della prima parte sono ottime, anche se manca la feroce analisi sociologica di "Perfetti sconosciuti". Nonostante due giganti della recitazione come Marco Giallini e Alessandro Gassmann, ben coadiuvati da alcune ottime spalle (su tutti la brava Valeria Bilello, già vista in "Happy Family" di Salvatores), nella seconda parte il film leggermente cala di livello e rimane un po' superficiale (specie nel tono finale).

Poteva essere un'idea grandiosa per analizzare un fenomeno diffusissimo e invece ancora una volta nel cinema italiano si sceglie la strada del "volemosi bene". Peccato davvero. Ci manca la cattiveria degna dei film di Risi, Scola e Monicelli, a cui Bruno vorrebbe attingere senza però raggiungere la stessa qualità.
Quando ricominceremo a essere feroci e diretti, torneremo ad essere il Paese che ha esportato la settima arte in tutto il mondo. Ma fino ad allora dovremo, ahimè, accontentarci. Aveva ragione Rocco Papaleo in "Nessuno mi può giudicare" quando, retoricamente, chiedeva se eravamo in un film di Nanni Moretti. Forse era meglio.

FRASE CULT: "Chi non si aggiorna su ciò che accade in rete è un ignorante!"

TOP:
- I duetti tra Alessandro Gassman e Marco Giallini reggono il film sulle loro spalle
- Le premesse della prima parte
- I temi sociali analizzati
- Alcune ottime battute e gag
- Giallini e Gassmann sono ben assistiti da alcuni personaggi di contorno (su tutti Valeria Bilello)

FLOP:
- Il fenomeno del "volemosi bene" all'italiana andrebbe debellato
- Carolina Crescentini, nonostante abbia una piccola parte, non sa recitare
- L'onnipresente dialetto romano
- La solita fotografia degli interni da film italiano medio

Ultima modifica il Venerdì, 24 Febbraio 2017 22:25
Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant'altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

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