Se pensate che il problema migranti sia solo italiano, vi sbagliate. Nel cinema tricolore di questo tema non vi è traccia. Eppure i nostri registi dovrebbero essere in grado di raccontare storie come questa. Di solito si parla dei Paesi del Nord Europa come luoghi più evoluti, con un welfare efficiente. Tutto vero, ma in Finlandia c'è un regista pazzo che ha avuto l'idea di fare un film ironizzando sul tema dell'accoglienza. Il suo nome è Aki Kaurismaki. Nelle sue pellicole ci sono sempre gli ultimi della società, un sense of humour fuori dal comune, oltre a personaggi stravaganti.
L'uomo senza passato e Miracolo a Le Havre sono i film in questo senso più conosciuti nel mondo. Anche nel suo ultimo lavoro, "L'altro volto della speranza", racconta in maniera assurda e realistica allo stesso tempo la follia del mondo in cui viviamo. Vincitore dell'Orso d'Argento al Festival di Berlino, Kaurismaki racconta un sentimento molto diffuso in Europa: la paura del migrante. "Con questo film, cerco di fare del mio meglio per mandare in frantumi l’atteggiamento europeo di considerare i profughi o come delle vittime che meritano compassione o come degli arroganti immigrati clandestini a scopo economico che invadono le nostre società con il mero intento di rubarci il lavoro, la moglie, la casa e l’automobile".
Al centro della trama c'è un bizzarro incontro tra Khaled (Sherwan Haji), rifugiato siriano che ha chiesto asilo ed è finito per puro caso in Finlandia, e il finlandese Wikström (Sakari Kuosmanen), commerciante di camicie che decide di sfidare la sorte in una partita a poker. Entrambi desiderano ardentemente di cambiare vita. In effetti la descrizione dell'uomo occidentale è piuttosto ben fatta fino dalla prima inquadratura. Wilkstrom abbandona la famiglia e la telecamera indugia sulla fede nuziale che è stata lasciata sul tavolo. L'insoddisfazione ormai è di casa, pulsa in maniera potente. Il siriano è visto malamente dalla popolazione locale. Alcuni razzisti lo vorrebbero scuoiare vivo. Fortunatamente per Khaled avverrà l'incontro con Wikstrom. I due uniscono gli sforzi e ci provano nel settore della ristorazione. Aprono il (triste e desolante) ristorante "La Pinta Dorata" e lo trasformano in un locale che cucina sushi. Proprio un cibo tipico finlandese, insomma. Sembra una barzelletta. Ce la faranno un rifugiato siriano, un ex commerciante, un direttore di sala, una cameriera e un cane a cambiare in meglio le loro grigie vite?
È un film divertente, a tratti spassoso con personaggi strampalati (stile Wes Anderson) e ben scritti. La cosa più bella è la semplicità della messa in scena, esaltata dalla pastosità della pellicola 35 mm e da una fotografia inizialmente gelida che poi diventa calda e accogliente.
Kaurismaki, come Ken Loach, ci descrive abilmente e ironicamente il mondo degli ultimi mostrando interesse per queste persone. L'umanesimo sta allargando gli orizzonti nel cinema (basti pensare a Malick o a "Arrival" di Villeneuve). È come se ognuno di questi personaggi fosse il regista. Quale sarà l'altro volto della speranza? Lo lasciamo individuare agli spettatori.
Anche nel 2017 essere altruisti è possibile, anzi è l'unica strada possibile per abbattere la crisi che ci sta sovrastando. D'accordo il male non sparirà dal mondo, ma magari si potrà alleviare il dolore. Aki Kaurismäki sa osservare, amare, ma lascia allo spettatore il giudizio facendogli capire cosa pensa. Quello che conta sono i piccoli gesti, gli aiuti tra persone. Aprendo il cuore agli altri oggi è difficile, ma non impossibile. Ve lo dice uno che l'ha fatto e ha ottenuto dei risultati. L'importante è battersi, provando a fare del nostro meglio.
TOP
- L'umanità dei personaggi, la regia e la scrittura di Aki Kaurismaki
- I temi trattati con notevole sense of humour
- La critica a una mentalità ormai diffusa in Europa
- L'uso della pellicola 35 mm e la semplicità della messa in scena
FLOP
- Il film non è consigliabile a chi è prevenuto su determinate tematiche (vedi i migranti)