Nell'ottobre 2014 usciva nelle sale italiane uno dei cinefumetti Marvel meno noti al grande pubblico della Casa delle Idee: il primo episodio de "I guardiani della galassia". Fu un successo clamoroso e inaspettato: 170 milioni di budget e oltre 770 milioni di dollari di incasso. La Marvel fu "costretta" a mettere in cantiere altri episodi (il terzo arriverà probabilmente nel 2020). Si sa l'opera seconda è sempre la più difficile, dopo il successo dell'esordio. A volte può essere la fortuna del principiante. Se viene superata anche la seconda, solitamente significa che hai talento. James Gunn sicuramente appartiene a questa categoria. Senza dubbio.
Il segreto di questo film sta nella spensieratezza. In tempi difficili la gente che ancora va al cinema vuole intrattenimento, qualità e personaggi folli che non si prendono troppo sul serio. James Gunn, sceneggiatore e regista, lo ha capito fin da subito. A fare la differenza, poi c'è la musica. "È un elemento importante in tutti i miei lavori. Tanto che avevo scritto una parte per David Bowie (presente nella colonna sonora del primo film). Grazie a lui ho capito che il mondo era molto più complesso di quello che si vedeva in apparenza. E' impossibile mettere assieme un film senza la colonna sonora" - ha rivelato Gunn in un'intervista a "Best Movie". Ha ridotto alcune sovrastrutture tipiche dei film hollywoodiani recenti e ha innescato il concetto su larga scala.
Il secondo episodio dei "Guardiani" è un film rischioso, addirittura lungo 2h e 17 minuti (comprese le 5 cinque scene dei titoli di coda) che rischia di essere ancora più divertente e fuori di testa del primo. Non è perfetto, si avverte l'influenza della Disney in alcune scelte, ma questa leggerezza è veramente contagiosa senza essere deficiente. D'accordo c'è un pizzico di retorica finale, ci sono effetti speciali a tratti invasivi, in alcuni punti la storia non è fluidissima, i mostri non sono né originali né particolarmente "ricamati" in fase di scrittura. Si capisce che l'obbiettivo di James Gunn sono i personaggi del film perché sono come dei figli per lui: nonostante la sua popolarità, gli piace divertirsi, ascoltare musica e soprattutto non gli piace rinunciare all'ironia. Nei Guardiani il tono è meno ridanciano rispetto agli altri film Marvel. Dimenticate gli Avengers o Captain America, Thor o Spiderman. Tutto è marcatamente sopra le righe riuscendo nell'impresa di far ridere di gusto spettatori giovani e meno giovani. Il film in ogni caso ha un pretesto in stile Wes Anderson, naturalmente. Sì avete letto bene perché uno dei temi centrali di quest'avventura è il rapporto tra padre e figlio.
Tutto inizia dagli anni '80. Un misterioso capellone (ringiovanito digitalmente) è su una decappottabile con una giovane donna. Dopo 34 anni l'uomo (Kurt Russell di "The Hateful Eight") bussa alla porta dei Guardiani. Si presenta come il padre di Peter Quill, alias Star Lord (Chris Pratt). Questo evento costringerà la squadra a dividersi: da una parte il procione Rocket (voce di Bradley Cooper), Baby Groot (voce di Vin Diesel) e Yondu (Michael Rooker) lottano contro i Sovereign dopo aver rubato delle batterie, dall'altra invece Gamora (Zoe Saldana) e Drax (Dave Bautista) aiuteranno Star Lord nella conoscenza della vera natura del padre. Lo so i fan di Star Wars diranno qualcosa. Anche nella famiglia Skywalker c'era un rapporto di questo tipo, ma Gunn è bravo a non cadere nella trappola elevando la sfida anche da questo punto di vista. Lascio a Voi la sorpresa.
L'inizio del film è splendido, divertentissimo, coloratissimo (uso intensivo di blu, giallo e arancione), un tripudio di effetti speciali e ironia. Su tutti la scena del mostro tentacolare.
La parte più interessante del film però è l'omaggio (nostalgico) totale agli anni 70 e 80. Ecco un tripudio di walkman e di musica vintage (su tutti domina l'immensa "Father and son" di Cat Stevens), senza dimenticare i sentiti omaggi alla saghe di Star Wars (i siparietti tra Rocket e Groot sembrano quelli tra Han Solo e Chewbecca) e Superman, alla fotografia di Blade Runner, ai fenomeni dell'epoca come Howard il papero, Pac Man. Senza dimenticare alcune icone culturali del cinema di quegli anni: da Kurt Russell a Sylvester Stallone. Gunn cattura in pieno lo spirito di chi (seppur di straforo, nel mio caso) ha vissuto gli anni 80. In questo film si comprende perché chi è vissuto in quegli anni non può accettare la superficialità e il lassismo della cultura (anche musicale e cinematografica) di oggi. La storia segue l'evoluzione individuale di ciascun membro, vedendola però nel contesto delle esigenze del gruppo. Una cosa rivoluzionaria per un film Disney. I cinque Guardiani sono ormai una squadra, sono maturati, hanno relazioni a volte complicate, ma prima di tutto viene il gruppo (chi mi conosce, sa che questo aspetto a me sta a cuore). Per me è una concezione rivoluzionaria per il cinema mainstream di oggi, soprattutto in America dove hanno sempre bisogno dell'unico eroe. Inoltre sono amici e hanno un "bambino" da gestire (Groot naturalmente). James Gunn dimostra di essere un vero talento, visto che deve gestire anche una produzione ad alto budget. Per non deragliare e migliorarsi, bisogna però fare i conti con l'ego. Il messaggio è valido per tutti: padri, figli, noi spettatori, James Gunn e naturalmente per i Guardiani che dovranno tenere a mente questa lezione per portare a termine la loro missione.
In attesa di "Infinity War" e del terzo capitolo della saga, non ci resta che esultare. I Guardiani sono tornati!
LA FRASE: " Salveremo di nuovo la galassia? Potremo alzare molto i prezzi se salviamo la galassia due volte!"
TOP
- I memorabili siparietti comici tra Groot, Drax e Rocket
- L'omaggio totale e appassionato alla cultura degli anni 70 e 80
- La colonna sonora (su tutti Cat Stevens) e l'ironia sono alla base della concezione della pellicola
- I temi alla base del film
- Il cammeo di Stan Lee
- Un intrattenimento solido e di classe, con esibita voglia di leggerezza
- La storia segue l'evoluzione individuale di ciascun Guardiano, vedendola però nel contesto delle esigenze del gruppo. Una rivoluzione per il cinema americano, bisognoso da sempre del ruolo di un unico eroe.
FLOP
- Un po' di retorica nel finale, con un po' di melassa disneyana
- effetti speciali a tratti invasivi
- in alcuni punti la storia non è fluida e forse necessitava di qualche taglio
- i mostri non sono nè originali nè particolarmente "ricamati" in fase di scrittura. Tuttavia la cosa è voluta per trasmettere allo spettatore il senso di leggerezza.