Venerdì, 05 Maggio 2017 00:00

Chez Nous: il successo di Le Pen sul grande schermo

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Un fascista non può essere una brava persona. Anche il peggiore criminale rimane un essere umano.

Sono due affermazioni troppo spesso conviventi nelle stesse posizioni politiche di sinistra (radicale, date le connotazioni antifasciste dell’area moderata).

Se il medico in grado di alleviare le sofferenze di una moglie malata di cancro fosse di estrema destra, quale sarebbe la scelta più giusta? Trascurare i propri cari per la militanza di partito è una pratica accettabile? La propria famiglia vale meno della classe sociale di appartenenza? In altri termini: come è possibile ritrovare una brava infermiera a domicilio, solidale con i suoi pazienti e generosa in ogni ambito della propria vita, candidata nella propria circoscrizione per le forze reazionarie francesi?

Il richiamo a Marine Le Pen è evidente nella pellicola di Chez Nous - A casa nostra, pellicola del belga Lucas Belvaus, di grande interesse vista la coincidenza storica di averlo nelle sale italiane tra il primo ed il secondo turno delle presidenziali francesi, con l’anima nera d’oltralpe di nuovo giunta al ballottaggio, più forte che mai. 

In tempi in cui fascisti e europeisti finiscono spesso sullo stesso piano, non è banale tentare di andare oltre la lettura teorica dei processi con cui la distinzione tra destra e sinistra è finita per non avere più un senso all’interno del senso comune. Il film riesce a descrivere quel pericoloso innesto di pregiudizi apparentemente innocui all’interno di corpi ritenuti immuni rispetto al razzismo.

Le contraddizioni dell’uomo permettono alla barbarie di minacciare il futuro dell’umanità.

La regia non incalzante dà valore alla prova di un’ottima Émilie Dequenne, chiamata a vestire i panni dell’ingenua lavoratrice stanca delle difficoltà in cui si trova ad andare avanti, sovraccaricata dalle generazioni passate e da quelle future. La credibilità della protagonista è aiutata dalle buone prove degli altri personaggi, esclusa la forse troppo macchiettistica Catherine Jacob (nei difficili panni di una Le Pen di fantasia). 

La fotografia e il montaggio non inseguono il coinvolgimento emotivo, l’impatto sconvolgente, l’estetica ammaliante dello scandalo. La banalità con cui l’ignoranza annienta la civiltà europea si sviluppa con angosciante semplicità, provando a illuminare gli scandali dell’intelligenza a cui quotidianamente abbiamo smesso di opporci con indignazione. Il non dare peso alla caccia al mussulmano, il voltarsi dall’altra parte di fronte alle infiltrazioni fasciste nella società, il non dare peso all’eversione della corruzione politica negli apparati dello Stato…

Nella pellicola si trovano tutti gli elementi per provare a ripensare anche il proprio rapporto con una dimensione dell’impegno pubblico in cui i nuovi arrivati risplendono nel loro vuoto per ammaliare un elettorato passivo, che in fondo è l’unico vero responsabile, in Europa, per i risultati in cui si è lasciato trascinare almeno nell’ultimo decennio.

Vedere Chez Nous può fare solo bene, alla propria coscienza e al proprio cuore.

Ultima modifica il Giovedì, 04 Maggio 2017 23:22
Dmitrij Palagi

Nato nel 1988 in Unione Sovietica, subito prima della caduta del Muro. Iscritto a Rifondazione dal 2006, subito prima della sconfitta de "la Sinistra l'Arcobaleno". Laureato in filosofia, un dottorato in corso di Studi Storici, una collaborazione attiva con la storica rivista dei macchinisti "ancora IN MARCIA".

«Vivere in un mondo senza evasione possibile dove non restava che battersi per una evasione impossibile» (Victor Serge)

 

www.orsopalagi.it
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