Più volte nelle mie recensioni vi ho raccontato come la Disney stia "uccidendo" di fatto la nascita di nuove idee per il cinema del futuro. Sta creando in realtà un unico grande marchio di appeal mondiale, attraverso l'acquisizione di saghe come Star Wars, i fumetti Marvel e quant'altro che si vanno ad unire al già rodato reparto animazione. Ovviamente nel lotto c'è anche la gallina dalla uova d'oro chiamata Pirati dei Caraibi. Un mix che fonde cinema piratesco avventuroso, western, fantasy, un po' di sense of humour e qualche spruzzata horror.
Una vecchia volpe come il produttore Jerry Bruckheimer nel 2003 non si era sbagliato. Ricordo ancora che ero al mare e negli ultimi caldissimi giorni di agosto di quell'anno, uscì un bizzarro poster su storie di pirati che il cinema aveva lasciato nei suoi polverosi archivi per diversi anni. Per chi ancora non l'avesse capito, il film in questione era "La Maledizione della Prima Luna". Capostipite di una saga leggendaria che adesso arriva al quinto capitolo dopo due ottimi primi episodi e dopo aver racimolato la bellezza di quasi 4 miliardi di dollari complessivi in tutto il mondo. Il chiaro obbiettivo di casa Disney è quello di ridare linfa vitale al parco tematico di Jack Sparrow. Non è un caso che l'anteprima europea si sia svolta a Disneyland Paris. Prima dell'uscita del quarto episodio, venne annunciato questo quinto capitolo. Sapete come la penso: quando annunciano la data prima che il film venga cominciato, spesso significa che non ci sono idee e ci sono troppi soldi.
La pellicola ha avuto una lunga gestazione, cambi di sceneggiatura e di regia, tagli al budget e quant'altro. Girata interamente in Australia (sia negli studi sia negli esterni) con un costo di oltre 200 milioni di dollari, Bruckheimer e la Disney hanno scelto la continuità con il resto della saga, riuscendo a rimettere in moto Johnny Depp,dopo numerose vicende a lui avverse (il divorzio da Amber Heard e la quasi bancarotta). Il vecchio cast è tornato in massa (compresi Orlando Bloom e Keira Knightley che non erano nel quarto episodio) con l'aggiunta del villain Javier Bardem, suggerito dalla moglie Penelope Cruz (presente nel quarto film della saga).
Una novità c'è: il cambio del timone ha fatto bene al film. I due registi norvegesi Joacquim Ronning e Espen Sandberg (più vicini a dimensioni pubblicitarie ed effetti visivi) mostrano un'impronta più fresca rispetto a Rob Marshall (specializzato maggiormente in musical). I due furono candidati all'Oscar nel 2012 con "Kon-Tiki" (inedito in Italia). Ma veniamo alla trama.
Jack Sparrow (Johnny Depp) si è scoraggiato, è stato abbandonato dalla sua ciurma ed è precipitato nel vortice della bottiglia. Rigorosamente rhum. Un giorno viene coinvolto in un'altra avventura dal giovane Henry Turner (Brendon Thwaites), il figlio di Will (Orlando Bloom) ed Elizabeth (Keira Knightley), e dall'astronoma Karina Smyth (Kaya Scodelario). L'obbiettivo è trovare il Tridente di Poseidone. Questo leggendario oggetto è l'unica ancora di salvezza per lo svampito Jack Sparrow (pardon, Capitan Jack Sparrow). Sempre che voglia comandare i mari. Ma lo è anche per Henry e Carina: il primo vuole liberare suo padre Will dalla maledizione che lo tiene imprigionato sulla nave fantasma "l'Olandese Volante", la seconda vuole onorare la memoria del genitore (chi sarà mai?) e far capire agli altri che non è una strega. Ancora padri ingombranti. Dimenticate Renzi, ma non Star Wars. Qui siamo più da riviera che da boschi (Maria Elena permettendo). I pericoli del mare sono molti, ma in particolar modo c'è il capitano spagnolo Salazar (un ottimo Javier Bardem) che vuole ripulire i mari dai pirati e vendicarsi di Sparrow. Così il prode Jack si mette al timone di una nave piccola e malandata e affronta questa nuova avventura convinto di avere la fortuna che gli rema contro. I nemici sono sempre in agguato e poi ci sono antichi "amici" come Barbossa (il mitico Geoffrey Rush) che non ha ancora deciso se prendersi un rolex come Simona Vicari o se collaborare con il vecchio capitano.
La cosa che puzza di più di questo film è la chiara impronta della Disney: "La vendetta di Salazar" altro non è che il remake sotto mentite spoglie de "La maledizione della prima luna". Siccome molti spettatori hanno la memoria corta come molti cittadini italiani quando vanno a votare, ricordo che la stessa operazione è stata fatta con Star Wars. In quel caso il settimo episodio ha ricalcato la struttura del primo 32 anni dopo, qui invece siamo appena a 14. L'effetto nostalgia è servito nuovamente in un calice di cristallo purissimo. Lo scheletro narrativo è rimasto invariato sostanzialmente: i ruoli di Thwaites e Bloom ricalcano quelli dello stesso Bloom e di Skarsgard nel secondo film, qui c'è il cameo (ridicolo) dell'ex beatles Paul McCartney come accadeva già con Keith Richards dei Rolling Stones nel terzo e nel quarto episodio. Poi c'è il villain fantasma di Bardem che è in continuità con Davy Jones. Fortunatamente ci sono bei paesaggi, inseguimenti e combattimenti, fantasmi a go-go, legami di sangue e lo sfregiato vendicatore Javier Bardem. Senza dimenticare lo splendido prologo western e qualche trovata che omaggia film come Superman e il russo "Leviathan" (il gigantesco scheletro di balena arenato sulla spiaggia nella divertente scena del matrimonio).
Le fortune del film sono il ritmo della narrazione e le sequenze subacquee, senza dimenticare gli effetti visivi. Il film merita la visione in 3D per cogliere la profondità degli abissi. Si vede che i due registi norvegesi vengono dal campo: si spazia dal prologo della rapina in versione western all'horror, passando per gli squali fantasmi in versione "shark movie". L'uso degli effetti speciali è invece l'arma a doppio taglio del film. Bisogna dire che i maghi della computer grafica non sbagliano una mossa. Però questo incredibile lavoro di ringiovanimento trentennale di Johnny Depp (pur essendo assai credibile) sa di appiattimento disneyano. Jeff Bridges in Tron Legacy), Carrie Fisher (in Star Wars VII) e Peter Cushing (in Rogue One) sono autorevoli esempi in materia. In ogni caso il quinto episodio vale il prezzo del biglietto. Il prologo e la battaglia nell'Oceano (diviso in due come ne "I dieci comandamenti") sono due momenti di grande cinema. In ogni caso tutto è pura funzione dell' intrattenimento per famiglie. E ancora una volta la Disney punta, non a caso, sul ricongiungimento paterno dopo averlo fatto sia con Star Wars sia con I guardiani della galassia 2.
A questo punto,però, tocca dire qualcosa sul futuro della saga. Innanzitutto guardate il film fino alla fine dei titoli di coda e probabilmente capirete. Bruckheimer ha detto che "se il pubblico andrà a vedere questo film al cinema, se Johnny vorrà farne un altro e la Disney vorrà staccare gli assegni, noi ci saremo". Questo fa capire che probabilmente faranno un ulteriore episodio. A Bruckheimer propongo un'idea: assoldare Francesco Schettino per un improbabile ritorno a bordo di una nave pirata. Almeno con un green screen non dovrebbe fare danni (il condizionale è d'obbligo, non si sa mai). Prima però sarebbe necessario che la Disney si facesse una domanda, anche se credo fermamente che se la siano già fatta. Cosa sarebbe il film senza Jack Sparrow?
Il quinto episodio dimostra che la ricetta regge se si innescano giovani leve, senza togliere i personaggi storici (vedi reinserimento di Bloom e Knightley). In questo episodio alla fine succede qualcosa in questo senso (purtroppo). La pensione di Sparrow sembrerebbe vicina, almeno a livello qualitativo. Johnny Depp sembra il parente di sè stesso (Terry Gilliam lo dice da diverso tempo con criterio), sempre sbronzo e impantanato nelle losche avventure della sua vita privata. Come il "suo" Jack Sparrow che replica “che orribile stile di vita!" a un'esistenza senza guai.
LA FRASE: "Le ho visto le caviglie! Altro che caviglie... Se tu fossi stato zitto!"
TOP
- Il solito mix di generi (avventura, western, horror) e di situazioni tipiche della saga
- L'umorismo (scena del matrimonio, prologo)
- Gli effetti visivi (ben sottolineato nella versione 3D) e il ritmo della narrazione
- Il villain di Javier Bardem, in stile "Non è un paese per vecchi"
- La presenza di Geoffrey Rush
- I due registi norvegesi rendono lo spettacolo più fluido rispetto al quarto episodio di Rob Marshall
FLOP
- Gli effetti speciali che ringiovaniscono Johnny Depp danno l'idea di appiattimento disneyano (come già accaduto con Tron e Star Wars)
- La solita ricetta dei padri stile Star Wars
- La Disney che sta cercando di creare un unico brand mondiale con tutte le sue saghe, appiattendo di fatto le idee. Il quinto episodio è di fatto un remake del primo, come è già stato fatto con Star Wars VII
- Johhny Depp che sembra più incerto delle altre volte, come se fosse intrappolato nei problemi della sua vita privata
- Di Paul McCartney se ne poteva a fare a meno
- Alcune tracce di melassa Disney in stile fiction serale di Rai1