Era dal 2004 che un film ispanico non apriva il Festival francese. Il primo fu Pedro Almodovar con "La mala education". Todos lo saben è un'autentica novità: dopo "Il passato" ambientato in Francia, per la prima volta il regista iraniano premio Oscar Asghar Farhadi si cimenta con la cultura spagnola. Noto al grande pubblico (soprattutto a Cannes dove ogni volta che fa un film è in concorso), dal 2009 con "About Elly" ha sfornato solo grandi film. Una separazione, Il passato, Il cliente sono opere veramente di una qualità inaudita e ineccepibile. Stavolta i presupposti per un'altra grande pellicola c'erano tutti, ma purtroppo bisogna dire che il bersaglio non sempre viene centrato.
Come al solito ci sono sempre separazioni, sparizioni e tormenti di puro stampo polanskiano e hitchockiano. Non fa eccezione nemmeno questo film. Si inizia subito con un'immagine importante. Siamo sulla torre dell'orologio della chiesa del paese dove una colomba rimane prigioniera. Il marchingegno sta per far suonare le campane. Più che il segnale orario è un allarme. La pace ha le ore contate, la "guerra" sta per arrivare. Si capisce che il tempo sarà un fattore fondamentale per sbrogliare la matassa. Dall'Argentina, Laura (Penelope Cruz) torna nell'atmosfera della "sua" Spagna rurale, baciata dal sole, con i due figli. La sorella si sta per sposare. Al grande evento non può mancare. Il marito Alejandro (l'indimenticabile Ricardo Darin de "Il segreto dei suoi occhi") è rimasto là per via di alcuni colloqui di lavoro ritenuti importanti. Se si vedono le cose in superficie, tutto brilla, tutto è bello, tutti sono solari e accogliente. Laura ritrova tutti i parenti, gli amici, vecchie dicerie sul suo passato e soprattutto il vecchio amore giovanile: Paco (Javier Bardem, nella vita marito di Penelope Cruz). Dopo la partenza di lei in Argentina, anche lui si è sposato. Attenzione è solo apparenza! I fantasmi del passato però stanno per bussare alla porta. Lo spettatore più attento noterà diversi segnali premonitori di qualcosa che sta per accadere: il già citato ingranaggio dell'orologio, i due skaters, il vestito della moglie di Paco che non entra più come una volta, la moto a tutto gas per una strada sterrata (simbolo di fuga e ribellione, ma anche di pericolosità), il bisognino del piccione sulla giacca di Paco quando incontra Laura dopo tanti anni e il drone che fa le riprese aeree del matrimonio (ovvero dove l'occhio umano non può arrivare).
Durante la festa (molto caliente, alcolica e spagnoleggiante), infatti, nessuno si accorge che la figlia sedicenne di Laura, Irene, è sparita. Fino ad allora era stata tutta il tempo con un ragazzo appena conosciuto, faceva quel che voleva e a nessuno gliene fregava granché. Lo spettatore respira l'atmosfera della festa attraverso brevi pianosequenza. Chi sarà stato uno o più rapitori? Degli imbucati? Dei familiari? Tutti credono che sia uno scherzo infantile, una ragazzata, ma ben presto diventa un incubo che divora tutti. Il diluvio sta per abbattersi sul matrimonio. La verità che scoprirete alla fine sarà molto amara (ma non cruda).
Nella società occidentale dei problemi non si può parlare, si deve mostrare solo allegria. I peccati vengono "lavati" a colpi di sistola, stile Nardella per evitare i bivacchi dei turisti (vedi qui). I rapitori però fanno sul serio e chiedono 300.000 euro per il riscatto. Ma perché scrivono messaggi prima alla moglie di Paco e poi a Laura? Sanno qualcosa? Li conoscono? Antichi rancori, segreti, pettegolezzi, gelosie, sospetti, malelingue, ricatti tornano a galla. Tutti hanno qualcosa da nascondere. Tutti hanno un'aridità umana spiazzante, alcuni lavorano più con la (mala)lingua che con il cervello. Vivendo in un paese conosco molto bene il fenomeno e la descrizione di Farhadi è senz'altro accurata, socialmente parlando. In tempi in cui anche gli italiani agiscono in base a ragionamenti di pancia, è facile riconoscere certi atteggiamenti. I rapitori scrivono un messaggio lampante: "abbiamo la ragazza, guai a te se non chiami la polizia". Dietro le apparenze si capisce il perché: nessuno vuole rivelare niente, ma vuol far scacco all'altro. Si rivolgono a un fidato poliziotto in pensione, ma i problemi non sono risolti. Nel calderone c'è anche la vendita di Laura del terreno di famiglia a favore di Paco, divenuto nel frattempo un rinomato produttore di vino pur essendo di una famiglia di origini modeste. L'unica cosa che tutti sanno (come sostiene il titolo) è che Laura e Paco stavano insieme. Quando erano giovani avevano inciso le loro iniziali sulla torre dell'orologio della chiesa del paesello. Poi lei era partita per l'Argentina dove si era sposata con Alejandro. Ma attenzione perché il titolo si riferisce anche a un altro segreto molto più importante che verrà fuori nel corso della storia.
Si scatena il caos. La felicità e la tranquillità dell'allegra famigliola vengono messe a dura prova, le carte in tavola cambiano.
La paura si è presa l'Occidente come ostaggio. Il villaggio spagnolo diventa un posto chiuso, claustrofobico, non c'è da fidarsi di nessuno (parenti serpenti inclusi). I pettegolezzi si spargono a macchia d'olio. Scosso dalla notizia, arriverà anche Alejandro dall'Argentina, ma le soluzioni non vengono trovate. Ancora più problematico è il ruolo della moglie di Paco, donna che non ha mai voluto avere figli ed è interessata soprattutto al denaro.
Stavolta la sceneggiatura di Farhadi, solitamente solida e curata al millimetro, gira a vuoto in alcuni tratti (specie nella prima parte) per poi ritrovare l'equilibrio. Il film supera le due ore di durata e di tanto in tanto la noia fa capolino. Anche se la maestria registica si avverte con evidenti citazioni a Polanski (Carnage su tutti, seppur con poco cinismo e minor cattiveria) e a Hitchcock (il campanile rievoca "Vertigo", anche per alcune soluzioni tecniche come la carrellata all'indietro). Notevole la fotografia di Alcaine che disegna la periferia spagnola dapprima con luci dorate (la superficie) per poi lasciare spazio a terreni brulli e aridi (l'uomo contemporaneo che ragiona di pancia). Javier Bardem è come al solito un grande camaleonte e riesce a comunicare anche solo con lo sguardo (ma non è assistito dalla qualità dei dialoghi), mentre sia il sempre eccellente Ricardo Darin sia Penelope Cruz sono un po' ai margini. Il primo è penalizzato dal copione e ha pochi dialoghi, lei invece finisce per cadere in lunghi piagnistei con qualche (timida) imitazione di Anna Magnani. Se in "Volver" di Almodovar la cosa funzionava a meraviglia, qui non si può dire (sempre) la stessa cosa. I sentimenti stavolta non sono sempre credibili e sembrano forzati. L'artificiosità dell'operazione si sente un po', le battute in pasto ad alcuni personaggi a volte sono facilone. L'amalgama tra i vari registri risente di qualche problema e a tratti sembra di essere in una fiction tv.
Non è un brutto film, di spunti ce ne sono tanti, i temi e le idee non mancherebbero, ma lo svolgimento non è all'altezza della fama di Asghar Farhadi. È chiaramente un film su commissione e non d'autore. La cosa si avverte, la solita cura dei dettagli del regista iraniano qui è meno evidente e visibilmente diluita. Con "Il passato" (girato in Francia) aveva dimostrato di capire la cultura occidentale, con le pellicole precedenti aveva tratteggiato divinamente le contraddizioni dell' Iran (soprattutto nel bellissimo "Una separazione" che gli ha fruttato l'Oscar). Purtroppo la Spagna, come noto crogiolo di cultura araba ed europea, pare non averla del tutto capita. Forse allora non proprio todos lo saben.
Todos lo saben (Everybody knows) ***
(Spagna/ Francia / Italia 2018)
Genere: Drammatico / Thriller
Regia e Sceneggiatura: Asghar FARHADI
Fotografia: Josè Luis ALCAINE
Cast: Penelope CRUZ, Javier BARDEM, Ricardo DARIN, Eduard FERNANDEZ
Durata: 2h e 12 minuti
Distribuzione: Lucky Red
Uscita italiana: 3 Gennaio 2019
Film d'apertura del Festival di Cannes 2018
Trailer internazionale https://www.youtube.com/watch?v=_KLTuo5VnFs
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