A contribuire al successo della pellicola c'erano soprattutto quattro elementi cardine: la fotografia di Roger Deakins che esibiva la grandezza degli spazi di frontiera tra Stati Uniti e Messico, la regia claustrofobica di Villeneuve, la ricca sceneggiatura di Taylor Sheridan (che ha esordito recentemente come regista con lo splendido "I segreti di Wind River") e poi c'erano tre attori straordinari come Benicio Del Toro, Josh Brolin e Emily Blunt. Proprio quest'ultima, purtroppo, non ritornerà nel sequel. A sorpresa gli americani hanno affidato la regia del secondo episodio al nostro Stefano Sollima, forte dei successi straordinari di Suburra, ACAB - All Cops Are Bastards e le serie Tv di successo Gomorra e Romanzo Criminale. Denis Villeneuve ha elogiato il lavoro del suo successore, così come l'attore Josh Brolin. I due hanno confermato l'abilità del regista romano che non ha niente da invidiare ai colleghi stranieri.
Ma veniamo ai cambiamenti rispetto al primo capitolo. Proprio Sollima ha dichiarato che il personaggio della Blunt aveva terminato il suo ciclo naturale nello sviluppo della storia. "Emily Blunt è un'attrice meravigliosa, ma il suo ruolo era una sorta di guida morale per il pubblico. In Soldado non ne abbiamo alcuna. Questo è più vicino alla mia concezione dello storytelling, preferisco che il pubblico non abbia una guida morale"- ha dichiarato alla stampa. A rincarare la dose ci ha pensato lo sceneggiatore Sheridan: "il suo arco narrativo era completo. Non vedo perché tornare a parlare di quel personaggio, non renderebbe giustizia al talento della sua interprete. Guardate cosa ha dovuto superare, è stato un ruolo difficile. Ho scritto questo personaggio e l'ho usato come surrogato per il pubblico. L'ho resa completamente passiva contro la sua volontà in modo che il pubblico percepisse la sua stessa impotenza che è la stessa di un sacco di agenti, alla fine l'ho tradita. È stato un viaggio difficile per il personaggio e per Emily Blunt". Io personalmente non sono del tutto d'accordo perché l'impotenza di agire di Kate/Emily Blunt rappresentava la nostra di fronte a quello che ci viene imposto dall'alto. Lei era davvero il motore della prima pellicola. Perché erano i suoi occhi sperduti, titubanti e confusi a mostrare e a far sentire allo spettatore che qualcosa non andava, che c'era parecchio marcio. Era lei che riusciva con determinazione a scoprire che c'era qualche forza inespressa, misteriosa, un detonatore che minacciava di esplodere da un momento all'altro. E lo splendido finale lasciava più di qualche interrogativo. Non a caso la sfida attoriale tra la Blunt e Del Toro era l'antico duello tra femminile e maschile, tra la faccia materna e paterna della legge. Personalmente poi ci metto che nei suoi occhi si leggeva lo scetticismo dei cittadini europei nei confronti del modus operandi americano a livello internazionale (guardate questa scena a metà pellicola per comprendere).
Oltre a lei e al cambio di guardia in cabina di regia, ci sono altre novità. Alla fotografia non c'è più il leggendario premio Oscar Roger Deakins (Blade Runner 2049), ma il fedele collaboratore di sir Ridley Scott, il polacco Dariusz Wolski.
Alla sceneggiatura invece Taylor Sheridan è ormai una garanzia per la descrizione degli spazi di frontiera americani (alla Cormac McCarthy) dopo Hell or high water, Sicario e I segreti di Wind River.
Probabilmente ci sarà un terzo episodio. Sollima è sicuro che non tornerà alla regia, mentre si è aperto uno spiraglio per il ritorno di Emily Blunt. Segnale che probabilmente non è stata detta tutta la verità. Il primo limite di questo secondo capitolo è la mancanza (quasi) totale del punto di vista femminile. A guardare le cose in modo più approfondito, l'eroina troppo spesso nel cinema ha atteggiamenti da "maschiaccio". In "Sicario" Emily Blunt rappresentava la genuinità della donna e la sua diversità da un mondo maschilista e americanizzato. Mi viene da ridere oggi quando le donne sostengono che oggi sono più libere. Mettiamola così: sono solo libere di crederlo perché se guardiamo il mondo possiamo vedere che è ancor di più maschilista rispetto a prima (soprattutto nel mondo del lavoro). In un contesto dove le estremizzazioni fanno da padrone, anche l'arte e il cinema ci stanno facendo credere questo (esempio tipico la Lara Croft di Angelina Jolie di "Tomb Raider").
Detto questo, veniamo al film. Sollima mette in scena "una rappresentazione del mondo reale, senza timidezza, diretta: tutto viene mostrato, anzi, buttato in faccia per quel che è, è un’esperienza cinematografica dove tutto può succedere, cosa non classica" (parole sue). L'idea di partenza, che ha ispirato lo sceneggiatore è un fatto reale accaduto durante la guerra in Iraq, che è stato camuffato al confine tra Messico e Stati Uniti. Il regista sceglie una visione identica allo scrittore John Milton. Ne "Il paradiso perduto" (non a caso una delle fonti letterarie dello splendido "Seven" di David Fincher) dice sostanzialmente che l'uomo, sin da tempi di Adamo ed Eva, ha scelto consapevolmente e deliberatamente il male. Infatti si parte a bomba con una scena molto buia. Poi l'azione piomba tra le luci all'interno di un supermercato. A Kansas City avviene un attacco terroristico che uccide numerosi civili americani incolpevoli. Sembra di rivedere "Carne y Arena" di Alejandro Gonzalez Inarritu. I cartelli della droga, per confondere gli avversari, fanno entrare clandestinamente, fra i tanti poveracci, anche qualche terrorista. Il Governo affida all'esperto agente della CIA, Matt Graver (Josh Brolin, il Thanos degli Avengers), di prendere misure adeguate e di risolvere il problema. Come viene detto nel film, la definizione di terrorismo è "individuo o gruppo che usa la violenza per raggiungere un obiettivo politico". Il Governo ritiene che i cartelli della droga rientrino in questa definizione. Sollima rispetto a Villeneuve fa un importante cambiamento: l'oggetto della disputa non sono più gli stupefacenti, ma il traffico di esseri umani. La frontiera non è quella fisica tra USA e Messico, ma è quella morale: ovvero l’umanità usata e intesa come merce di scambio (avariata?). Ed ecco che a tal proposito si potrebbe spostare il confine del deserto tra Usa e Messico a quello marino: ovvero ciò che sta accadendo nel Mediterraneo, tra il Sud Europa e il Nord Africa (noi ne sappiamo qualcosa). Ha ragione Sollima quando dice che "il fenomeno migratorio è usato troppo dai politici. Ogni parte usa le persone per fini propagandistici, inculcando la paura del diverso, dell'altro".
Ma torniamo alla trama. Matt Graver recluta una vecchia conoscenza, l'esperto e ambiguo sicario Alejandro (un magistrale Benicio Del Toro con occhi pesti, carichi di odio e violenza). Il primo è la mente, il secondo il braccio dell'intera operazione. La loro amicizia però è fittizia: sono solo due persone che incrociano le proprie strade e si ritrovano fianco a fianco in un contesto difficile. Chi ha visto il primo film si ricorderà lo splendido inizio che spiega agli spettatori che il termine "sicario" era il nome attribuito dagli antichi romani agli Zeloti, fazione estremista del partito ebraico. La loro strategia politica consisteva essenzialmente nel ricorso sistematico al terrorismo e all'omicidio per raggiungere i propri obbiettivi. Infatti Matt e Alejandro, per smuovere le acque, provocano l'assassinio di un avvocato di alto profilo a Città Del Messico e soprattutto rapiscono la figlia del boss rivale, Isabela (Isabela Moner). Ma lo fanno camuffandosi da banda rivale del Cartello della droga messicano. "Se vuoi iniziare una guerra, rapisci un principe, il re la inizierà per te" - questo è il motto di Alejandro. Sarà proprio Isabela il fulcro (non solo morale) dell'intera vicenda. Le cose però non andranno proprio come vuole il piano. Tranquilli però la guerra avrà inizio, come da copione. Il film sembra facile da raccontare, ma in realtà è più complicato del previsto. Non è né un sequel né un prequel, ma ha elementi di entrambi perchè utilizza più piani temporali. Sollima ama agitare il corso degli eventi, in modo tale da non dare punti di riferimento allo spettatore (come invece accadeva tramite Kate/Emily Blunt nel primo film).
Si scatenerà una guerra dove non mancheranno colpi di scena, ma dove la morale è totalmente assente (“fanculo le regole d’ingaggio. Oggi crepano tutti. Niente regole, solo ordini”). Anche perchè Alejandro ha ancora fame, non ha regole e ha ancora dei conti in sospeso con il passato. Vi consiglio di guardarvi la parte finale del primo film per capire i motivi di questa vendetta.
L'opera è incredibilmente attuale perché quando Sollima girava negli Stati Uniti era in corso una crisi politica (e diplomatica) tra Stati Uniti e Messico (ricordate cosa voleva fare Trump?). In tempi dove i flussi migratori cambiano la cartina geografica del mondo, ecco che il traffico di esseri umani è più redditizio economicamente degli stupefacenti. Il male così prolifera (a tal proposito è necessario capire in cosa consisterà la new entry annunciata nel finale). Una cosa è certa: gli americani se ne sbattono delle carte del diritto internazionale. Se non ci sono leggi, le fanno a modo loro. Siamo nell'America di Trump del "nessuna regola stavolta". Sono d'accordo con l'attore Marco Giallini che recentemente ha fatto una battuta molto felice e veritiera sulla differenza tra gli americani e gli italiani, a livello culturale e cinematografico (date un'occhiata qui).
Nel complesso "Soldado" è un solido western di frontiera alla vecchia maniera, girato all'americana. Un film ruvido, molto maschile, angosciante, realistico che coinvolge lo spettatore. Non fa rimpiangere il primo episodio. A volte è duro, truce e violento. Ci sono due attori bravissimi (Josh Brolin e Benicio del Toro) che rispondono a molte domande insolute del primo film e che non danno alcun riferimento allo spettatore. La loro mancanza di morale li spinge a fare cose che danno imprevedibilità alla storia. Chi sono i veri terroristi? L'Isis? I messicani? Gli americani? Il cartello della droga? O sono tutti colpevoli? Ci sono almeno tre scene che valgono il prezzo del biglietto: la scena iniziale, il rapimento di Isabela e l'inseguimento a bordo dell'elicottero. A livello tecnico, oltre all'uso intensivo del formato panoramico, dei campi medi e lunghi e dei droni, c'è da sottolineare l'uso della tecnica del campo/controcampo per costruire l'atmosfera del racconto e per sottolineare la (parallela) mancanza di morale di molti dei personaggi. Per intendersi la stessa tecnica usata da Michael Mann con Pacino e De Niro nell'epico cult "Heat la sfida". E poi ci sono le musiche di Hildur Guonadottir, sodale di Johansson di "Sicario", che riprende i temi del primo film facendo sentire lo spettatore nella polveriera messicana. Purtroppo però il film ha qualche pecca. Detto del maschilismo esibito della pellicola, c'è qualcos'altro. Se la cura delle sequenze di azione è altissima, non lo è invece la connotazione dei messicani e degli arabi. Francamente si nota che è un film americano. Inoltre c'è il personaggio di Alejandro, interpretato magistralmente da Benicio Del Toro, che ha un'invincibilità molto cinematografica. E poi come dimenticare il finale che, purtroppo, assomiglia agli epiloghi dei film Marvel. Spero che l'effetto serialità da "allungamento del brodo" non si faccia sentire sulla qualità del terzo episodio. Finora i primi due sono davvero di buona fattura, sarebbe un peccato rovinare tutto.
Nel complesso è grande cinema che va gustato sul grande schermo, nella sala cinematografica (come d'altronde andava fatto per "Sicario"), per poter cogliere soprattutto la grandezza e l'ampiezza degli spazi di frontiera, vero motore dell'azione. In ogni caso, caro Sollima, non sono d'accordo con te (vedi qui) quando dici che "il cinema d'autore è una forma sofisticata di suicidio. Ha allontanato il pubblico dalla sala". Forse renderà di meno? Oppure ci sono più persone superficiali e ignoranti che non riescono a capire il cinema di qualità? Perché se ancora esiste la settima arte è proprio grazie ai grandi autori che non hanno venduto l'anima agli studios.
Regia **** Fotografia ***1/2 Interpretazioni ***1/2 Sceneggiatura ***1/2 Montaggio ***1/2 Attualità ****
Fonti principali: Cinematografo.it, Comingsoon.it, Cinematographe.it, Repubblica.it, Ciak
Soldado ***1/2
Titolo originale: Sicario: Day of the Soldado
(Italia, USA 2018)
Genere: Thriller/Azione/Drammatico
Regia: Stefano Sollima
Cast: Josh Brolin, Benicio Del Toro, Matthew Modine, Catherine Keener, Jeffrey Donovan, Isabela Moner
Fotografia: Dariusz Wolski
Sceneggiatura: Taylor Sheridan
Durata: 2h e 3 minuti
Produzione: Columbia Pictures, Leone Film Group, Lionsgate
Distribuzione italiana: 01 Distribution
Uscita: 18 Ottobre 2018
BUDGET: 35 milioni di dollari (ne ha incassati oltre 70 solo in America)
Sequel di Sicario di Denis Villeneuve qui
Trailer qui
Intervista a Stefano Sollima
La frase cult: Uccidere i re non fa iniziare le guerre, le fa finire.