“C'era una volta, dopo 25 anni di facimento e disfacimento” (se poi si considera la sceneggiatura, ci lavora dal 1989). 1993. Terry Gilliam comincia ad adattare il Don Chisciotte della Mancia di Miguel Cervantes ed annuncia che ci farà una pellicola. Non l'avesse mai fatto! Ecco che ebbe inizio la maledizione! Finalmente nel 1998 la pre-produzione parte. Nel 2000 finalmente iniziano le riprese. 32 milioni di dollari di budget. Jean Rochefort e Johnny Depp (reduce da Paura e delirio a Las Vegas), rispettivamente nei ruoli di Don e Sancho, sono i due attori di punta del cast.
Contrattempi, liti, problemi finanziari, diatribe legali, un'alluvione improvvisa e i problemi di salute di Rochefort, rallentano l'evoluzione del film. Nel 2002 la pellicola è cancellata.
Gilliam non molla. Intanto produce il documentario Lost in La Mancha dove, ironicamente, mostra tutte le difficoltà che sta affrontando. Il pubblico viene reso partecipe, in questo modo l'attesa cresce. Terry sta diventando Don Chisciotte senza volerlo? Chissà…
Nel 2006 lo stesso regista riacquista i diritti del libro che nel frattempo erano scaduti. In dieci anni, tra il 2006 e il 2016, cambiano il cast e la sceneggiatura. Robert Duvall, l'ex Monty Python Michael Palin e John Hurt (che nel frattempo è morto e nei titoli di coda infatti Gilliam non lo dimentica) succedettero a Rochefort nel ruolo di Chisciotte, mentre Depp, Ewan McGregor, Jack O'Connell in quello di Sancho Panza. Tuttavia i tentativi di Gilliam si rivelarono puntualmente fallimentari a causa delle difficoltà a finanziare nuovamente il progetto e a conciliare la disponibilità degli attori. Il progetto muore nuovamente. Ma il mago Terry sta per tirar fuori il coniglio dal cilindro.
Finalmente nel febbraio 2017 ecco la svolta: partono le riprese in Spagna. Budget di appena 17 milioni di dollari (la metà rispetto alla prima versione!). Protagonisti il fido Jonathan Pryce (Brazil, Le avventure del barone di Munchausen) e la new entry Adam Driver, uno dei più versatili attori in circolazione.
La maledizione non è finita qui. Originariamente avrebbe dovuto concorrere per la Palma d'oro 2018, ma lo scoppio di una causa legale tra Gilliam e l'ex produttore Paulo Branco, ha costretto i produttori a rimuovere il film dalla competizione. Così finalmente quest'anno è arrivato nelle sale di tutto il mondo (in Italia grazie a M2 Pictures) dopo esser stato presentato, fuori concorso, a Cannes. Branco si è dovuto inchinare ai giudici che hanno dato ragione a Gilliam.
Tutto questo enorme groviglio di problemi è doveroso ricordarlo. Il perché di questo astio contro lo stoico Terry è facilmente comprensibile guardando la pellicola. Il Don Chisciotte di Gilliam, per certi versi, sembra un incrocio tra 8 e 1/2 e Amarcord di Fellini. Inizia come il primo, con un regista in crisi creativa in mezzo a finti adulatori e veri lecchini, per poi proseguire come il secondo con Don Chisciotte e Sancho Panza a vagare in mezzo a lande desolate in maniera malinconica.
Il film inizia in Spagna, nel paesino di Los Suenos (ovvero il paese dei sogni) in tempi odierni. Il regista Toby (Adam Driver, visto recentemente in Star Wars e Blackkklansman) sta girando qualcosa. Si scopre che il regista è un cinico e disilluso autore di spot per la vendita di vodka. Durante una cena con la troupe, i produttori e i finanziatori dello spot, si imbatte in uno "zingaro" (Oscar Jaenada che sembra Tomas Milian) che vende dvd pirata.
Tra queste copie c'è addirittura un vecchio film giovanile diretto da Toby su Don Chisciotte, girato in Spagna quando era molto giovane. Ricorda di esser stato una sorta di Dottor Frankestein che, con il suo "mostro", aveva sedotto e illuso l'intero villaggio spagnolo. I ricordi riaffiorano. Presente e passato si mescolano e nella testa di Toby tutto diventa un gigantesco casino. “Sei così infantile, così egoista!” – gli ripete continuamente Javier/Don Chisciotte. Da una parte c'è da capirlo. Erano gli anni degli ardori giovanili, dei sogni, delle aspettative e della voglia di diventare un mostro sacro. Il suo ego però ha preso il sopravvento su di lui.
Il film diventa come il libro di Cervantes (scritto in due volumi tra il 1605 e il 1615). La storia la sapete, ma è necessaria a comprendere il film (e l'attualità). Indossata un’armatura improvvisata e armatosi di una rudimentale lancia in resta, in compagnia di Sancho Panza (un ignorante contadino cui ha promesso un’isola in cambio dei servigi da scudiero), il protagonista inizia a vagare per la Spagna con lo scopo di difendere i deboli dai prepotenti. Se le intenzioni sono delle migliori, in realtà il sedicente cavaliere finirà per combattere battaglie immaginarie e a "scambiare" mulini a vento per feroci giganti, greggi di pecore per eserciti arabi e burattini per demoni. Susciterà così la feroce ilarità di chi lo circonda, ma potrà sempre fare affidamento sul fido Sancho, uomo pragmatico e razionale che però deciderà di lasciarsi trasportare dal carisma del suo amico.
Come nell'opera letteraria, anche Toby piano piano si ricorderà delle aspettative che aveva generato nel piccolo villaggio: da Javier (Jonathan Pryce), il vecchio calzolaio pazzo convinto di essere Don Chisciotte, alla bellissima Angelica (Joana Ribeiro) che aveva sedotto e poi abbandonato. Entrambi però non sono attori professionisti, ma uomini di strada. Il richiamo a Fellini è piuttosto evidente, visto che nei suoi film usava la spontaneità di certi personaggi per rendere più vere le storie da raccontare.
Sogno e realtà, presente e passato, cinema e attualità, umano e disumano, ordinario e follia si fondono. Che il gioco di specchi abbia inizio. Sembra di essere in Parnassus. Tutto riflette e si riflette: chi è Don Chisciotte? Chi è Sancho Panza? Chi è il regista? Chi è l'alter ego di Terry Gilliam? Si può essere nella vita sia Sancho sia Don? Chi è l'uomo del titolo che ha ucciso Chisciotte?
Le domande bombardano la testa dello spettatore. È lecito aspettarsi varie interpretazioni. Le risposte non tarderanno ad arrivare. Il cervello dello spettatore dovrà per forza accendersi, tra una risata e l'altra. Uno dei tanti indizi lo trovate nei titoli di coda: il direttore della fotografia, l'italiano Nicola "Sancho" Pecorini, che il regista omaggia sentitamente per la sua vicinanza e per la sua lealtà alla causa.
Tutto diventa doppio (e anche triplo, forse). Il giovane Toby diventerà una sorta di Sancho Panza che segue su un mulo il vecchio pazzo che si crede Don Chisciotte (con tanto di cavallo bianco, armatura, spada ed elmetto). Ma non mancano bizzarre coincidenze che ricordano due splendide opere firmate Terry Gilliam: Le avventure del barone di Munchausen e soprattutto la straordinaria coppia Jeff Bridges-Robin Williams de La leggenda del re pescatore. Il cinico dj che ha scatenato (inconsapevolmente) un barbaro omicidio e un barbone pazzo che ricerca il Santo Graal. Anche qui le coincidenze abbondano. Ma non sono le sole. Da Tideland a Paura e delirio a Las Vegas, dal capolavoro Brazil (protagonista un giovane Jonathan Pryce "addomesticato" dalla burocrazia) a The zero theorem, senza dimenticare il cinema di Fellini (Amarcord, 8 e 1/2) e la follia contagiosa de L'esercito delle 12 scimmie. In quest'opera di Gilliam c'è veramente tanta cinefilia e uno stile visionario e giocoso senza eguali.
Il Don Chisciotte è la summa del modo di fare cinema di questo regista onirico, ostinato, visionario, pazzo e fuori dagli schemi. Accanto a lui il fedele direttore della fotografia, l'italiano Nicola Pecorini, che ha condiviso numerose battaglie con "Don Terry", il co sceneggiatore Tony Grisoni (il protagonista si chiama Toby e sembra chiamarlo in causa "camuffando" la cosa) e tanti bravi attori: Adam Driver è ai suoi livelli migliori, ha tempi comici perfetti, anche se purtroppo tende ad imitare Johnny Depp con smorfiette alla Jack Sparrow. Meritano una menzione anche il fedele Jonathan Pryce (che con Gilliam ha girato sia Brazil sia Le avventure del barone di Munchausen) e altri grandi attori come il veterano Stellan Skarsgard, Olga Kurylenko (vista in To The Wonder di Malick e La corrispondenza di Tornatore) e la rivelazione Joana Ribeiro.
Mi sembrava di essere un bambino in un negozio di giocattoli o di caramelle. I miei occhi fluttuavano, le orbite giravano qua e là meravigliati di così tanta bellezza (compreso l'incredibile "albero di Natale ateo" e i mulini a vento artigianali che valgono il prezzo del film). La mia sete di cinefilia non si spegneva mai. Un delirio onirico straordinario dove tutto è al suo posto, ma dove si sentono i disagi e i 25 anni di rimaneggiamenti e problemi produttivi. Nonostante questo e un budget contenuto (appena 17 milioni di dollari), questo film non verrà capito da tutti, ma di questi tempi è necessario.
Si capisce perché tutti non volevano far terminare l'opera a Gilliam. Il mitico Terry mette tutti alla berlina: da Hollywood che sembra favorire tutti tranne gli autori, alle puttane di corte che si vendono alla velocità della luce (attenzione! Non solo le donne. Battiato docet), dal movimento #metoo ai produttori "magnaccia" come Harvey Weinstein.
Non manca neppure uno sguardo lucidissimo alla politica contemporanea: "il bambino pieno di zucchero" Trump e Putin (il magnate che finanzia lo spot della vodka?) non possono mancare all'appello, ma questa volta c'è di più. Il parallelismo tra l'istituzione burocratico-finanziaria europea e l'Inquisizione Spagnola è per palati fini. Nel 2013 a Fiesole (dove ho avuto modo di conoscere e di parlare con Gilliam) disse che avrebbe voluto conoscere il comico Berlusconi per farci un film insieme. Oggi potrebbe sentire Salvini, visto che nel calderone ci finiscono temi scottanti come l'ego, le illusioni, l'immigrazione, il femminismo, l'odio, le razze, il terrorismo islamico. Non a caso il film è girato in Spagna perché è il paese europeo con le più forti influenze culturali arabe.
Terry ci dice palesemente che oggi i giganti sono diventati più grandi e più numerosi come le pale eoliche del paesaggio spagnolo, mentre i mulini a vento sembrano scomparsi dalla vita delle persone. In realtà le persone non vogliono mostrare i loro difetti, le loro battaglie, le loro imperfezioni, i loro fallimenti, ma sono questi a produrre i futuri successi. "Don Chisciotte non morirà mai" o, se preferite, Don Chisciotte esiste e vive dentro di noi.
Ve la ricordate la leggenda del re pescatore e la sua ricerca ossessiva del Santo Graal? (rinfrescatevi la memoria qui). Oggi più che mai per continuare felicemente questa splendida avventura chiamata vita, serve una massiccia dose di sogno, applicata alla follia e al pragmatismo: ovvero quello che rappresentano Don Chisciotte e Sancho Panza.
PER COMPRENDERE MEGLIO L'UOMO CHE UCCISE DON CHISCIOTTE, CONSIGLIO I SEGUENTI FILM:
La leggenda del re pescatore (Terry Gilliam)
Brian di Nazareth (Monty Python)
8 e 1/2 (Federico Fellini)
Brazil (Terry Gilliam)
Parnassus (Terry Gilliam)
Le avventure del barone di Munchausen (Terry Gilliam)
Lost in La Mancha (Terry Gilliam)
Paura e delirio a Las Vegas (Terry Gilliam)
L'esercito delle 12 scimmie (Terry Gilliam)
Il senso della vita (Monty Python)
Titolo originale: The man who killed Don Quixote
(Spagna/Francia/ Gran Bretagna/Portogallo 2018)
Genere: Commedia/Avventura/Biografico/Fantasy
Regia: Terry GILLIAM
Cast: Adam DRIVER, Jonathan PRYCE, Stellan SKARSGARD, Olga KURYLENKO, Joana RIBEIRO, Rossy DE PALMA, Jordi MOLLA'
Fotografia: Nicola PECORINI
Sceneggiatura: Terry GILLIAM e Tony GRISONI
Durata: 2h e 17 minuti
Distribuzione italiana: M2 Pictures
Musiche: Roque BANOS
Uscita: 27 Settembre 2018
QUI UN'INTERVISTA A TERRY GILLIAM
QUI INTERVISTE E SPECIALI SULLA LAVORAZIONE DEL FILM
LA FRASE CULT: «Quest'uomo è un genio, un visionario! Sarebbe capace di vendere la vodka agli islamici!»
Regia ****1/2
Fotografia ****1/2
Interpretazioni ****
Sceneggiatura ****1/2
Montaggio ****
Humour ****
FILM ****
FONTI: Comingsoon.it, Mymovies.it, Badtaste.it, libro Il grande incantatore di G. Rizza e C.Tognolotti (ETS edizioni)
Immagine di copertina M2 Pictures liberamente ripresa da cinematografo.it; locandina © M2 Pictures