Mercoledì, 21 Novembre 2018 00:00

New York, anni '70 e pornografia: conclusa la seconda stagione di The Deuce

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Si è da poco conclusa la seconda stagione di The Deuce - La via del porno. A crearla David Simon e Geroge Pelecanos, nomi noti a chiunque abbia avuto il privilegio di guardare The Wire.

Il sesso per denaro è il principale filo d’unione delle diverse trame, anche se inserito in un contesto ben più ampio: dietro i soldi c’è la criminalità organizzata, perché il mercato è fondato sullo sfruttamento e alla politica è sufficiente incassare una fetta della torta. Mafia, droga, riqualificazione urbana, speculazione edilizia, riciclaggio, riscatto delle donne, lotta per i diritti da parte degli omosessuali: nella prospettiva di chi vive quotidianamente per le strade, servendo da bere dietro a un bancone, o subendo la violenza degli sfruttatori. Si fa largo nel frattempo un nuovo sviluppo per la cinematografia a luci rosse, aprendo nuove strade al genere femminile, comunque condannato a lottare con una società maschilista e misogina.

A questo giro gli episodi sono 9 (anziché 8), con un finale di stagione di poco più lungo delle altre puntate, di circa un’ora. Ritroviamo James Franco nel duplice ruolo dei due fratelli legati, ma diversi: uno con sempre maggiori responsabilità rispetto ai locali che gestisce, l’altro continuamente in fuga da ogni responsabilità. Maggie Gyllenhaal, lontana dalla strada, lavora ormai dietro la cinepresa a luci russe, mentre Jamie Neumann ritorna come attivista a favore dei diritti delle lavoratrici di strada. La ricca galassia di personaggi è al completo, in un concerto dove tutto si incastra senza deludere.

Poca retorica, molta tecnica, scrittura convincente, buona recitazione, dettagli curati e colonna sonora all’altezza. Il The Guardian ha scelto di regalare alla serie una recensione per ogni puntata (vedi qui).

La terza stagione dovrebbe essere l’ultima, arriverà nel 2019. È chiaro come l’interesse prevalente possa essere dato da quel clima di maliziosa curiosità in cui induce la società, anche tra i più emancipati. Chi scrive non ha gli elementi per poter contribuire a una lettura femminista dell’operazione: se con lo scorrere delle puntate la proposta si fa più pesante, la proposta televisiva rimane convincente. Nessun elemento appare gratuito e ci sono tutti gli elementi per una riflessione critica delle società in cui viviamo. Moraliste e pronte a chiudere entrambi gli occhi di fronte al profitto, purché tutto avvenga distante dalla quotidianità.

La regia è affidata a otto persone, di cui sette donne, mentre tre sono le co-sceneggiatrici in un totale di nove.

Una bella cosa da guardare, di quelle a cui ci ha abituato David Simon.


Immagine liberamente tratta da www.milanoreporter.it
Ultima modifica il Martedì, 20 Novembre 2018 14:59
Dmitrij Palagi

Nato nel 1988 in Unione Sovietica, subito prima della caduta del Muro. Iscritto a Rifondazione dal 2006, subito prima della sconfitta de "la Sinistra l'Arcobaleno". Laureato in filosofia, un dottorato in corso di Studi Storici, una collaborazione attiva con la storica rivista dei macchinisti "ancora IN MARCIA".

«Vivere in un mondo senza evasione possibile dove non restava che battersi per una evasione impossibile» (Victor Serge)

 

www.orsopalagi.it
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