Venerdì, 28 Agosto 2015 00:00

Non esitate a salire sul taxi di Jafar Panahi

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Non esitate a salire sul taxi di Jafar Panahi


C'è molta "Novelle Vague" e neorealismo nell'ennesimo film clandestino di Jafar Panahi. Il regista iraniano ha raccontato il suo Paese nelle sue varie sfaccettature, ha elogiato il ruolo della donna nella società. Cose che in Iran non sono ben accette. Il palloncino bianco, Il cerchio, Lo specchio, Oro rosso e Offside sono le sue opere più famose. Senza dimenticare i due film clandestini "This is not a film" e "Closed curtain".

Nel 2009 Panahi è stato condannato dalla 'giustizia' iraniana a 20 anni di proibizione di girare film, scrivere sceneggiature e rilasciare interviste, pena la det enzione per sei anni. Gli fu proibito di dirigere, scrivere e rilasciare ogni forma di intervista con i media stranieri. E poi fu "ingabbiato" in Iran senza poter lasciare il proprio Paese natio per non diffondere notizie sul regime di Teheran.

È stato rilasciato su cauzione solo grazie alla mobilitazione delle organizzazioni a difesa dei diritti umani e di tutto il mondo del cinema a livello internazionale. Il terzo film clandestino di Jafar Panahi è un piccolo gioiello, premiato con l'Orso d'Oro all'ultimo Festival di Berlino. Anche senza permessi e mezzi, per girare un film a Panahi basta una telecamerina (ha utilizzato delle Black Magic, videocamere ad alta definizione e di ridotte dimensioni che ha potuto nascondere all’interno di diverse scatole di fazzoletti) montata a bordo di un taxi.

Sì perché la "vettura gialla" è da sempre efficace nel cinema per raccontare la realtà. Basti ricordare Taxi Driver, l'omonima saga action francese prodotta da Luc Besson, il "Tassinaro" di Sordi che scorrazza Fellini per Roma. Panahi si lascia andare in balia dei passeggeri e quel taxi che gira per le affollate strade di Teheran diventa società. Nonostante il tassista non conosca a menadito tutto della sua città, durante i tragitti si sforza di capire i suoi simili cercando di provare a capire come cambiare la realtà del suo Paese. Viene preso in giro da tutti perché non si sente a suo agio, non sa dove andare. Apparentemente perchè il suo lavoro lo sa fare benissimo, ma la sua anima è fortemente messa alla prova.

Come nella prima parte di "Taxi Driver" di Scorsese, a bordo del finto tassista (che è il regista stesso) salgono passeggeri di ogni tipo, di diverso rango sociale: c'è chi vorrebbe applicare pene capitali 'esemplari' per chi ruba, chi difende giovani donne 'colpevoli' di essersi fatte trovare nei pressi di uno stadio (nel film "Offside" Panahi mostrava che l'accesso agli stadi in Iran è consentito unicamente agli uomini e le donne erano costrette a "travestirsi" per poter accedere), un ferito con la moglie che vuole fare testamento con un telefonino perché ha paura di morire. Un'altra zampata di Panahi al regime: grazie alle tecnologie è sempre più difficile per i regimi impedire agli individui di fare testimonianza di quanto accade. Poi ci sono autentici colpi di genio: anziane signore prepotenti con pesci rossi da liberare (sketch divertentissimo) o bambine vivaci come la nipote del regista (insopportabile con vocina stile Littizzetto) che stanno cercando soggetti per un cortometraggio.

E poi lo straordinario venditore (abusivo) di dvd pirata che riconosce Panahi per quello che realmente è. Si spaccia per suo socio perchè anche lui fa, a suo modo, cultura. Come dargli torto. In Iran film stranieri di un certo livello nessuno li vedrebbe. Scatta la critica alla censura. L'arma del paradosso diventa grottesca. Il film diventa di un'ironia graffiante senza volerlo essere perchè le regole del regime sono ridicole. Gli artisti in Iran devono usare il realismo, ma se la realtà è brutta puoi sempre modificarla.
Come insegna sua nipote al regista, per fare un film "distribuibile" in Iran bisogna seguire delle regole: assoluto rispetto del vero e della decenza islamica, nessun contatto tra uomo e donna, non deve esserci sordido realismo e violenza, non si deve usare la cravatta per i personaggi positivi, non usare nomi iraniani per i personaggi positivi, preferire i nomi sacri dei profeti.

Immaginate che razza di capolavoro possa venire fuori. "Taxi Teheran", proprio per il suo anticonformismo, è un piccolo gioiello imperdibile, ironico, graffiante come non si vedeva da tempo realizzato con pochi mezzi, con attori non professionisti. Finalmente arriva anche in Italia (in poche copie) il 27 agosto "Taxi Teheran", grazie alla nuova società di distribuzione di Valerio De Paolis (fondatore di BIM) che si chiama semplicemente Cinema. Anche noi dobbiamo imparare da quest'opera visto che da noi la libertà di stampa è al 73° posto. In Iran sono cento posizioni più giù. Se intendiamo raggiungerli presto, la strada intrapresa (forse) è quella giusta.
Se invece avete bisogno di un taxi, non esitate a chiamare Jafar...

TAXI TEHERAN (IRAN 2015)
di e con Jafar Panahi
Durata: 1h e 22 minuti
Distribuzione: Cinema
Uscita: 27 Agosto 2015

TOP i personaggi, la storia, le situazioni, il significato, la critica al sistema,l'amore di Panahi per il cinema e per il suo Paese
FLOP se non avete visto i film precedenti di Panahi e se non avete un'infarinatura di cosa sta succedendo in Iran, è difficile capire determinate dimaniche

VOTO ****

 

Ultima modifica il Giovedì, 27 Agosto 2015 19:02
Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant'altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

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