Martedì, 04 Dicembre 2018 00:00

Decreto sicurezza: un provvedimento che spaventa e che dice molto sul governo

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Mercoledì 28 Novembre è stato approvato in via definitiva dalla Camera il “decreto sicurezza”. Fortemente voluto da Salvini, il provvedimento introduce alcune nuove norme in materia di immigrazione e di ordine pubblico che riflettono l’impostazione securitaria della Lega. L’abolizione della protezione umanitaria, il depotenziamento dello Sprar, l’estensione della sperimentazione del taser, la stretta sull’abusivismo abitativo e l’aumento dei fondi destinati ai rimpatri sono solo alcune delle misure di un decreto fortemente criticato dalle opposizioni ma diventato legge nonostante le polemiche anche all’interno della maggioranza. Sul “decreto Salvini” il Dieci mani della settimana.


Piergiorgio Desantis

Con ogni probabilità il decreto Salvini, di fresca approvazione, rappresenta uno dei punti più bassi di inciviltà e miopia legislativa della Repubblica italiana. Tale provvedimento è il precipitato di più mantra che, ormai da anni recitano ininterrottamente: immigrati problema costoso a scapito delle scarse risorse economiche per gli italiani, immigrati criminali, immigrati rubano lavoro, clandestini porta malattie, clandestini occupa case agli italiani. Ormai Salvini, le destre (con la connivenza grave del Movimento 5 stelle) hanno impresso nella mente degli italiani facilissimi slogan a basso costo, elettoralmente vantaggiosi (pare).

Purtuttavia, nel punto massimo del consenso Lega (vari sondaggisti la portano al 35%) la costruzione ideologica del governo ibrido giallo-verde comincia a scricchiolare abbastanza fragorosamente. Le crepe più evidenti sono:
- legge di bilancio in stand by;
- reddito di cittadinanza ancora ignoto tranne che per l’avvio della stampa delle tessere;
- flat tax ancora tutta da definire (probabilmente solo per le partite IVA?);
- riforma legge Fornero (ma non era abolizione?) ancora fumosa su quota 100 e eventuali penalità per la pensione;
- riforma della giustizia vespaio di polemiche e possibile crisi nella maggioranza di governo.

I fatti hanno la testa dura e portano a dire, con una certa probabilità, che il consenso a questo governo (così come composto) nei prossimi mesi sarà in calo (lento ma pur sempre tale). Al netto di roboanti provvedimenti (che pure ci saranno) in vista delle elezioni europee e nonostante la crescita della Lega con campagne xenofobe e razziste, la compagine governativa ci consegnerà un Paese ancora più in crisi, con grandi difficoltà nella ricerca del lavoro, con una sanità pubblica sempre più striminzita, con investimenti nella scuola e nella ricerca sempre ridotti al microscopio. In questo contesto di medio termine si può riaprire la partita a sinistra.


  Diletta Gasparo

In questi giorni abbiamo letto molto, da un punto di vista tecnico, sul Decreto sicurezza approvato dalla Camera (su tutti, il Sole 24 Ore spiega l’impatto che avrà sulla gestione dei flussi migratori).

Dovendo scegliere su cosa concentrarmi in questo commento, direi che la cosa che più mi sembra prioritaria è come questo provvedimento rappresenti l’essenza del governo (e della maggioranza che lo ha eletto) e soprattutto faccia annusare, in un qualche modo, come si stanno evolvendo i rapporti di forza all’interno della maggioranza.

Non è solo la questione dei migranti, non è solo il fatto che “non possono arrivare tutti qui”: alla base del disegno di legge troviamo un’idea di società in cui tutti coloro che non ricoprono un ruolo prestabilito ed accettato dal sistema debbano essere in un qualche modo sradicati dal loro ambiente e dalle loro abitudini. L’utilizzo della forza per punire coloro che si trovano a vivere situazioni di emarginazione non è certo un qualcosa di nuovo (senza compiere esagerati voli pindarici, basta ricordare il recente decreto Minniti), così come l’assuefazione, lenta ma inesorabile, che la nostra società ha subito nei confronti dell’idea che il controllo (e solo il controllo) garantisca sicurezza. Mi capita sempre più spesso di sentire persone invocare la presenza di telecamere e di agenti delle forze dell’ordine per le strade al fine di garantire sicurezza (andando a rimuovere, nel migliore dei casi, episodi come quello di Riccardo Magherini). Solo in questo modo di può arginare il cancro che sta corrompendo una società in cui non ci sono più valori e in cui non si può più lasciare la porta di casa aperta. Il passaggio alla “sicurezza fai da te”, inutile dilungarsi, diventa quindi breve ed in questo senso è indicativo il caso del signore di Monte San Savino che ha ucciso un uomo che si è intruso nella sua proprietà al fine di compiere un furto.

Ciò che mi spaventa è come questo decreto rispecchi davvero il nostro paese, come riesca a dare una risposta, anche solo per il nome scelto, anche a prescindere dalla questione dei migranti. E la facilità con cui il decreto è stato approvato dalla Camera (incontrando come unico dissenso da parte della maggioranza una ridicola assenza del Presidente Fico) va di pari passo con il passaggio di consenso elettorale dalla compagine pentastellata a quella leghista che vengono evidenziati dai sondaggi degli ultimi tempi. Riprenderemo il discorso quando avremo modo di valutare se l’abolizione della legge Fornero o l’istituzione del reddito di cittadinanza (per cui, notizia, non basta stampare le tessere) avranno un percorso altrettanto agile.


Alex Marsaglia

Il decreto Decreto Sicurezza impone una netta sferzata all'immigrazione lavorando sull'aumento della sicurezza e contenendo i costi per lo Stato. In questo senso è indubbiamente un provvedimento in linea con il neoliberismo che propugna austerità per ogni politica pubblica. Quello che distingue questo provvedimento dell'ideologia neoliberista, e nella fattispecie dalla sua applicazione europeista dell'ordoliberismo, è il contenimento dell'immigrazione. Nel disegno del Governo questo dovrebbe realizzarsi rendendo più difficile ai richiedenti asilo restare in Italia. La regolazione dei flussi in ingresso dovrebbe avvenire tramite meccanismi autonomi: togliere loro lo status di protezione internazionale e risparmiare sulla gestione della loro presenza in Italia dovrebbe indurre gli immigrati a cambiare la loro destinazione. L'abolizione della protezione umanitaria che dava accesso a lavoro, prestazioni sociali ed edilizia popolare rientra in questa strategia rivolta a scoraggiare l'afflusso di migranti.

Il depotenziamento del sistema SPRAR farà venire meno l’accoglienza diffusa gestita in modi poco trasparenti al fine di creare percorsi di integrazione per lo più forzata. Infatti non mi stancherò mai di ripetere che in un mercato del lavoro in forte contrazione l'immigrazione è inevitabilmente "forzata", in quanto non guidata dal mercato che regola la vita delle persone. Creare concorrenza al ribasso sulle ampie fasce dei working poor non è esattamente il miglior modo per creare integrazione. L'afflusso di persone nei centri di accoglienza ordinari, dove attenderanno le decisioni sulle loro domande senza svolgere particolari attività o corsi, sarà probabilmente la cartina tornasole di questo provvedimento: se sarà eccessivo, ingolfando queste strutture, inevitabilmente saremo di fronte a un fallimento.


Jacopo Vannucchi

Volendo enumerare i profili di incostituzionalità del decreto Salvini ci si troverebbe in una situazione di imbarazzo: imbarazzo della scelta, certo, ma anche vergogna per conto di tutti quanti (ministro, parlamentari, funzionari, consulenti…) abbiano contribuito a creare un simile obbrobrio giuridico.

In primo luogo, l’art. 10 della Costituzione stabilisce il diritto d’asilo per i rifugiati politici: «secondo le condizioni stabilite dalla legge», certamente: ma se un rifugiato delinque in Italia, deve ricevere l’equo processo secondo «le libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana», e deve avere diritto ad una pena rieducativa e comunque non inumana. Il decreto Salvini, invece, dispone la revoca dell’asilo politico (!) per i rifugiati condannati (!!) in primo grado (!!!) anche per reati francamente minori quali il furto e lo spaccio di droga. Inoltre non viene minimamente presa in considerazione la precaria condizione mentale di molti rifugiati, reduci da mesi o anni di traumi fisici e psicologici, condotti da tali patologie a comportamenti antisociali sul suolo italiano. L’Italia risponde fornendo loro assistenza sanitaria? No, espellendoli – en passant, il fondo di 30 milioni per l’assistenza medica ai migranti è in procinto di essere eliminato da un emendamento dei relatori alla legge di stabilità.

In secondo luogo, l’espulsione di un essere umano dopo un processo di primo grado viola, in un colpo, almeno tre articoli della Costituzione italiana: l’art. 24 (diritto alla difesa, che in questo caso viene negato in appello), l’art. 25 (diritto al giudice naturale, che viene negato impedendo un processo di appello), l’art. 27 (presunzione di innocenza fino a condanna definitiva).

In terzo luogo, la revoca della cittadinanza introdotta per i condannati per reati di terrorismo si applica solo ai cittadini naturalizzati, violando quindi l’art. 3, che stabilisce il principio di eguaglianza davanti alla legge «senza distinzione […] di condizioni personali o sociali». In questo caso, inoltre, si nega il fine rieducativo della pena stabilito dall’art. 27.
Tale spudorato sovvertimento dei diritti costituzionali è allarmante: oggi vengono per i migranti, domani verranno per noi. Ma forse non è neppure questa la cosa più volgarmente disgustosa del provvedimento.

L’abolizione, anche retroattiva, del permesso di soggiorno per motivi umanitari getterà in mezzo alla strada, senza cibo né dimora, un numero di esseri umani stimato in quarantamila. I richiedenti asilo, salvo minori non accompagnati, non potranno accedere al sistema di accoglienza degli Sprar, gestiti capillarmente dai Comuni, e non avranno la possibilità di frequentare corsi di lingua italiana né di essere inseriti in percorsi di formazione. Sbattuti sui marciapiedi o sotto i ponti, questi migranti avranno di fronte a sé tre scelte: tentare di varcare il confine per chiedere accoglienza in Francia, Svizzera, Austria o Slovenia (il mio sincero “buona fortuna” non può non suonare purtroppo ironico); lasciarsi morire di fame ai bordi delle strade; darsi alla delinquenza per sopravvivere. È un errore pensare che il regalo di questa enorme manovalanza al sistema criminale sia soltanto il frutto di una politica miope, stupida, ottusa. L’intento, molto chiaro, è proprio quello di porre una fiamma viva sotto il termometro dell’allarme sociale, in modo da creare una situazione di insicurezza fisica diffusa che, accompagnandosi alla liberalizzazione delle armi, genererà una endemica spirale di violenza.

Tutto questo farebbe ripiombare le classi meno abbienti in una situazione di antico regime, in cui la plebe, priva di una qualsiasi coscienza autonoma, generava eserciti di prostitute, di mendicanti, di spiantati senza dimora né famiglia; una massa di fango alla quale si offrivano in pasto “festa, farina e forca” (Ferdinando II di Borbone). Anche la politica antivaccinista non deriva certo da un intimo fanatismo, bensì puramente mira a ricacciare i deboli in tale stato di precarietà fisica ed esistenziale.
Il decreto Salvini è un punto infimo al quale da molti anni un esecutivo italiano non si spingeva. Forse, chissà, il clima politico muterà; forse la Corte Costituzionale fra qualche mese o anno interverrà sui punti più critici. Ma è oggi, oggi, che quarantamila persone sono scaraventate per strada senza alcuna protezione, una mina sociale vagante sul punto di esplodere.


Alessandro Zabban

Il decreto sicurezza contiene un mix di politiche urbane neoliberiste e politiche migratorie fasciste. Fare di peggio era veramente difficile. Da una parte la retorica del decoro, che si traduce banalmente e drammaticamente nello spazzare via i poveri dai loro contesti di vita perché la loro vista potrebbe urtare la sensibilità delle classi abbienti e dei turisti: il modello di una città vetrina, falsa e vuota, viene inseguita a tutti i costi (per la verità in Italia anche da amministrazioni di “sinistra”) scaricando i costi sociali sui tanti che non possono anche solo economicamente sottostare all’imperativo morale del decoro finendo sempre più reclusi in ghetti e bastonati quando provano a sopravvivere popolando un immobile abbandonato e dimenticato da tutti.

Dall’altra parte, in maniera del tutto speculare, anche nell’ambito dell’ immigrazione, il modello è quello di far coincidere sicurezza con repressione. Tagliare il sistema dell’accoglienza diffusa, eliminare il permesso per ragioni umanitarie, farà solo lievitare il numero di clandestini e di immigrati che si troveranno in situazioni economiche, sociali e umane disastrose. La condizione ideale per obbligare alcuni di loro a tirare a campare per disperazione con piccoli furtarelli che in un circolo vizioso finiscono per alimentare odio, xenofobia e nuovi voti per la Lega e i loro amici più dichiaratamente fascisti. Il bluff dei rimpatri, impossibili senza l’accordo coi paesi di provenienza e che al momento sono quasi del tutto assenti, invece di accrescere la sicurezza, aumenterà i problemi sociali e la richiesta per sempre maggiori misure repressive.

Sembra di essere in un romanzo di Philip Dick in cui uno stato di polizia si autoalimenta producendo le condizioni di insicurezza e disagio che la legittimano e la tengono in vita. Scenario distopico purtroppo sempre più concreto e realistico.


Immagine di copertina liberamente ripresa da  www.wikipedia.org
Ultima modifica il Lunedì, 03 Dicembre 2018 23:20
Dieci Mani

Ogni martedì, dieci mani, di cinque autori de Il Becco, che partono da punti di vista diversi, attorno al "tema della settimana". Una sorta di editoriale collettivo, dove non si ricerca la sintesi o lo scontro, ma un confronto (possibilmente interessante e utile).

A volta sono otto, altre dodici (le mani dietro agli articoli): ci teniamo elastici.

www.ilbecco.it/diecimani.html
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