La posizione prevalente assunta dalle potenze occidentali sembra allora sempre più assomigliare a quella di un cinico calcolo: aiutare i curdi fino a quando possono contribuire ad ostacolare e a respingere il Daesh, reprimere le loro aspirazioni autonomiste una volta ristabilito l'ordine in Medio Oriente per non scontentare gli alleati regionali e soprattutto la Turchia di Erdogan.
È in questo contesto che giovedì 29 Gennaio, a Firenze, presso la Casa del Popolo di San Bartolo a Cintoia, in un incontro organizzato dall'ANPI Provinciale, Comitato Fermiamo la Guerra, CUB Toscana, Un Ponte Per..., Mezzaluna Rossa Kurdistan e Il Becco, si è parlato del presente e del futuro del Kurdistan, con un occhio di riguardo alla situazione siriana e turca e mettendo in evidenza gli sforzi di molte organizzazioni della società civile italiana nell'aiutare il popolo curdo e in particolare la resistenza nel Rojava.
Introdotto da un video sulla drammatica situazione di Cizra, nel Kurdistan turco, dove le truppe di Ankara hanno messo sotto durissimo coprifuoco la città, lasciandola per otto giorni senza acqua, luce e gas e con gli ospedali chiusi, il brillante intervento di Martina Bianchi, del Dipartimento di Giurisprudenza dell'università di Pisa, mette in luce come la grande attenzione mediatica su Kobane, che ha dato visibilità alla situazione curda, fa da contraltare all'assordante silenzio con cui i media internazionali nascondono la violenta offensiva di Ankara nel Kurdistan turco, paragonabile alle barbarie dell'ISIS nel Rojava. Ma è proprio su questa regione del nord della Siria che l'intervento di Martina Bianchi si focalizza, mettendo soprattutto in evidenza, più che l'aspetto militare- strategico degli scontri fra fondamentalisti e curdi per difendere la loro terra, l'aspetto politico e l'organizzazione socio-economica che i tre cantoni del Kurdistan siriano si sono dati dopo il ritiro delle truppe di Assad dall'area. Infatti, nonostante i durissimi combattimenti che hanno interessato l'area e che hanno visto il loro apice nell'assedio di Kobane, i curdi non hanno rinunciato a perseguire le loro idee politiche fondate sull'orizzontalità dei rapporti di potere e sulla gestione collettiva delle risorse e degli affari pubblici. Dopo la ritirata del governo centrale, i tre cantoni del Rojava, nella necessità di autogestirsi, hanno puntato con decisione nella direzione di una gestione democratica e paritaria del potere. Fondamentali, da questo punto di vista, le idee di Öcalan e fatte proprie dal PKK, di comunitarismo democratico come forma organizzativa alternativa tanto al liberismo quanto al concetto di Stato Nazione occidentale, che ha costituito la base ideologica di fondo di un laboratorio politico in cui si stanno sperimentando alcune delle idee più progressiste nella storia del Medio Oriente e non solo. Il risultato di questo sforzo politico sarà la Carta del Contratto Sociale del Rojava, una delle costituzioni più avanzate al mondo, fondata sui principi di reciprocità e convivenza, sul concetto di equilibrio ecologico e di armonia fra uomo e ambiente, proprio in uno dei territori più ricchi di risorse naturali dell'area (acqua e petrolio), oltre che sulla parità di genere e sull'antimilitarismo. Altri capisaldi: il rispetto di ogni credo religioso, l'autonomia locale e il rifiuto di ogni forma di centralismo e il rispetto e la valorizzazione di ogni minoranza etnica.
Anche Erdal Karabey del Coordinamento Toscano Kurdistan rimarca come del Kurdistan si sia parlato solo in coincidenza con l'assedio di Kobane e di come però, una volta respinto l'ISIS, l'interessamento mediatico per i curdi sia venuto meno, nonostante in molte aree della Turchia, Erdogan stia perpetuando massacri nei confronti della popolazione civile curda paragonabili a quelli del Daesh in Siria. Occorre notare come in realtà la Turchia, già dal 1925, ovvero sin dai barlumi della sua storia moderna, è impegnata in una criminale azione di repressione violenta nei confronti dei curdi nell'indifferenza generale. Il 2013 sembrava essere l'anno di un cambiamento, con la normalizzazione dei rapporti fra Ankara e i curdi e i negoziati di pace, ma la svolta autoritaria del governo Erdogan, i suoi interessi regionali e la destabilizzazione della Siria, hanno portato a una drammatica ripresa delle ostilità: attualmente l'esercito turco ha messo sotto coprifuoco 11 città a maggioranza curda, mentre gli eccidi continuano senza interruzione.
Nel corso dell'incontro, viene rimarcato il lavoro sul campo di organizzazioni come "Mezzaluna Rossa Kurdistan" e di "Un Ponte Per..." nell'aiutare la popolazione civile curda tanto in Iraq che in Siria, dove imperversa la guerra con i fondamentalisti del Daesh. I progetti di Un Ponte Per...sono presentati da Mohamed Ambrosini: dal 1991 in Iraq vengono forniti aiuti di prima assistenza ai 250,000 rifugiati curdi siriani e sono stati aperti numerosi centri giovanili. Dal 2015, Un Ponte Per... è attivo anche nel Rojava dove ha mandato aiuti umanitari, medicinali, attrezzature varie (tende, coperte ecc...) che hanno permesso il sostegno di 40,000 persone, non solo curde ma anche appartenenti alla minoranza Yazida. MezzalunaRossa Kurdistan dalla sua, è impegnata in prima linea per portare materiale sanitario in Rojava, inoltre è stata organizzata una staffetta umanitaria di medici che, alternandosi, aiutano nei teatri di guerra.
L'appello finale è di natura politica: togliere il PKK dalla lista delle organizzazioni terroristiche, appello che, nello scenario di feroce repressione di Ankara e della proliferazione del fondamentalismo islamico, spesso con il benestare delle potenze regionali e occidentali, ci sentiamo di condividere in pieno.