Mercoledì, 23 Marzo 2016 00:00

Un atlante per (provare a) capire il Mediterraneo

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Complessità. Se dovessimo individuare una parola adatta a descrivere la situazione che il Mediterraneo, in particolare che i paesi definiti come ME.NA (Middle East and North Africa) vivono oggi, di sicuro quella parola sarebbe complessità.

Questa affermazione necessita di essere ribadita in particolare oggi, all'indomani dell'attacco che ha segnato la capitale d'Europa, Bruxelles, e che ha seguito quelli che a novembre hanno coinvolto Parigi. Il pericolo di semplificazioni, di strumentalizzazioni, di risposte istintive è più che mai dietro l'angolo. E l'invito alla riflessione e all'analisi è proprio ciò che caratterizza la nuova versione del 2016 dell'Atlante Geopolitico del Mediterraneo, curato da Francesco Anghelone e Andrea Ungari ed edito da Bordeaux edizioni in collaborazione con il CeSI (Centro Studi Internazionali).

Quindi è della complessità della contrapposizione tra sciiti e sunniti, ad esempio, che questa pubblicazione parte. Il Medio Oriente da decenni vive conflitti, di vario tipo, che si basano su contrapposizioni culturali, religiose ed etniche che si portano dietro variabili equilibri di potere e geopolitici. Se è infatti facile individuare il ruolo nefasto avuto dalle potenze coloniali nella determinazione dell'attuale situazione nell'area, altrettanto ovvio è che la loro azione si è basata su contraddizioni e conflitti insiti nelle società “colonizzate”. Vero è che le potenze occidentali hanno avuto un ruolo centrale del delinearsi dell'attuale assetto, ma la lettura che diamo non sarebbe completa se non tenessimo di conto tutte le implicazioni politiche (legate, solo per fare degli esempio, a quello che sta succedendo in Iran, Yemen e Bahrein) che la contrapposizione tra il fronte sciita e quello sunnita si portano dietro. Implicazioni che hanno a che fare con la fomentazione (e strumentalizzazione delle primavere arabe), con la nascita dell'ISIS e del terrorismo salafita. È inoltre bene tenere a mente quali sono le condizioni, culturale ed economiche, delle società in cui tali fenomeni di diffondono (e qui, ad esempio, come il malcontento di popolazioni a maggioranza sunnita abbiamo portato a rivolte o finanche ad ingrossare le fila delle organizzazioni terroristiche di matrice islamica).

E questo ci porta alla complessità del collegamento, a doppio filo aggiungeremmo, tra Medio Oriente ed Europa. Il rapporto di causa-effetto che collega le guerre che da anni hanno ridotto in ginocchio paesi come l'Afghanistan, l'Iraq, la Libia, la Siria alla volontà colonizzatrice occidentale si intreccia con quello che porta le persone che fuggono dai conflitti sopracitati a cercare una speranza in Europa. A questo aggiungiamo la totale inettitudine con la quale le nuove ondate di questo fenomeno migratorio vengono affrontate: nessun ragionamento strutturale che prenda in considerazione il destino demografico del vecchio continente ma in compenso una continua attitudine emergenziale che porta i capi di stato e di governo riuniti nel Consiglio Europeo ad affrontare la questione apponendo semplici toppe che chiudono la falla in maniera precaria.

Ancora, proprio per spingere all'analisi della complessità di cui stiamo parlando, l'Atlante geopolitico del Mediterraneo, affronta con due saggi a cura di Alfredo Mecchi e di Gabriele Iacovino il fenomeno dell'ISIS, nuovo attore internazionale tutt'altro che irrilevante. Gli autori spiegano non solo le origini del Califfato e come questo si ricolleghi, ma allo stesso tempo differenzi, da Al Qaeda ma anche come questo si inserisca a pieno titolo come “attore globale” nella situazione che viviamo. Globali sono infatti i finanziamenti che questi ricevono, il campo di azione scelto ma anche gli iniziali tentativi di strumentalizzazione che hanno però poi visto l'organizzazione sfuggire di mano. Lo sviluppo delle nuove, e vecchie, organizzazioni terroristiche islamiche è affrontato con un interessante sguardo a quelle che sono le loro strategie comunicative. Queste sono state sottoposte ad una prima “rivoluzione” con il lancio delle due maggiori televisioni satellitari del mondo arabo (Al Jazeera, di matrice qatariota, e Al Arabyia, di matrice saudita) che hanno giocato un ruolo fondamentale nella fomentazione (ed in seguito nel fallimento) delle primavere arabe ed ad una seconda dall'avvento del web, in particolare dei social network, che di certo raggiungono meno persone nel mondo arabo ma che forniscono le grandi armi dell'anonimato e della viralità dei contenuti.

Si tratta quindi, questa dell'Atlante geopolitico del Mediterraneo, di una lettura vivamente consigliata a tutti coloro che, attraverso le schede di approfondimento sui singoli paesi e gli speciali dedicati all'ISIS, si pongono l'obiettivo (non certo facile) di sciogliere i nodi che legano i paesi che si affacciano su questo Mare Nostrum, senza limitarsi a letture semplicistiche come quelle dello scontro di civiltà o del becero complottismo, ma provando piuttosto a comprendere nel profondo le situazioni che quotidianamente si evolvono e che affliggono milioni di vite umane.

Ultima modifica il Martedì, 22 Marzo 2016 19:27
Diletta Gasparo

"E ci spezziamo ancora le ossa per amore
un amore disperato per tutta questa farsa
insieme nel paese che sembra una scarpa"

Cit.

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