Le quasi due milioni di firme raccolte dalla Mesa de Unidad Popular, primo passo per indire un referendum volto a revocare la nomina alla Presidenza delle Repubblica a Maduro, era, nelle intenzioni delle opposizioni, la via prediletta per mettere fine alla rivoluzione bolivariana, sfruttando elettoralmente il grande malcontento che imperversa nel Paese a causa della devastante crisi economica legata al crollo del prezzo del petrolio.
Ora quello che sembra essere uno stop definitivo da parte delle autorità di Caracas al piano delle opposizioni, potrebbe portare queste ultime a tentare di prendere il potere per vie non costituzionali, come lasciano anche intendere le parole di Capriles, uno dei principali leader delle destre: "se abbandonerete la via democratica, non sappiamo cosa accadrà in questo Paese. Il Venezuela è una bomba pronta ad esplodere in qualsiasi momento".
Maduro sembra ormai aver capito che la solo egemonia all'intero delle istituzioni statali non è sufficiente per avere il controllo su tutto il paese. Nonostante il piano di nazionalizzazioni di Chavez, l'iniziativa privata in economia è ancora molto diffusa ed è per lo più in mano a una ristretta elite economica, molto vicina se non coincidente con le figure più di spicco all'interno dei partiti di destra riuniti sotto la Meda di Unidad Popolar. Comprensibile, anche se forse tardiva, la volontà del Presidente di radicalizzare la rivoluzione in ambito economico, strappando dal controllo privato ampi settori chiave.
Gli errori nella gestione economica, si uniscono, del resto, oltre che con gli elementi esogeni e congiunturali, anche con quelli relativi al boicottaggio da parte delle suddette elite dell'economia nazionale in quella che, non del tutto a torto, ma un po' propagandisticamente è stata definita da Maduro come una "guerra economica" condotta dalle destre con lo scopo di destabilizzare il paese.
Nello scenario di un paese al collasso, Maduro, in un discorso di piazza rivolto ai suoi sostenitori, ha esortato gli operai a occupare le fabbriche che hanno interrotto la produzione. Ma è ormai difficile stabile se questi impianti abbiano chiuso per un piano politico eversivo o per effettive ragioni economiche. Tuttavia, quel che è certo, è che le parole del Presidente, non sembrano dettate da un piano di oculata riorganizzazione economica ma solo dall'urgenza di dare una risposta forte sia ai propri sostenitori che alle opposizioni.
Il recente rafforzamento nella partnership con la Cina che ha garantito la sottoscrizione di un piano di ingenti prestiti al paese sudamericano in cambio di rifornimenti petroliferi, potrebbe aiutare il paese a ritrovare un minimo di credibilità sui mercati finanziari, ma difficilmente risulterà risolutiva. Per questo motivo Maduro, negli ultimi giorni, si è anche attribuito poteri speciali per garantire all'esecutivo una maggiore possibilità di azione per arginare la crisi. Ma il Parlamento, in mano alle opposizioni, ha immediatamente respinto il decreto, ritenendolo un ulteriore attacco alla libertà democratica. La Corte Suprema ha comunque la possibilità di ribaltare la decisione presa dal Parlamento.
Nelle ultime ore dichiarazioni sempre più preoccupanti si rincorrono. Maduro ha affermato che "l Assemblea Nazionale ha perso di ogni legittimità politica" e che è "inetta e incapace" in quanto il suo unico obiettivo sarebbe quello di rallentare le soluzioni apportate dall'esecutivo per risolvere la crisi istituzionale. Non meno gravi le parole del suo rivale Capriles che arriva addirittura ad affermare che "l'esercito deve scegliere se stare con Maduro o con la Costituzione", evocando così non certo una soluzione costituzionale ma più che altro lo spettro di un colpo di stato che, con l'aiuto delle elite politiche ed economiche occidentali, sembra l'unico mezzo rimasto alle opposizioni per sbarazzarsi della rivoluzione bolivariana e tornare al potere.
Ormai le regole democratiche e costituzionali sono state (irrimediabilmente?) infrante da entrambe le parti, ma l'inasprimento delle misure politiche ed economiche di Maduro, insieme con la crisi economica, sembrano essere elementi in grado di dare un pretesto alle opposizioni per muoversi nell'illegalità. L'aiuto delle potenze occidentali alle opposizioni potrebbe creare le condizioni per dare il colpo di grazia al fragile esecutivo socialista.