“A sciogliere i Democratici di Sinistra e la Margherita si diventa un partito con la maggioranza assoluta che governa, dicendo agli scudi crociati cosa fare”. Così si beava il militante della Sinistra Giovanile ai tempi in cui Veltroni battezzò la nuova creatura tricolore. Già allora l’onorevole Finocchiaro aveva argomentato il progetto in campo: un bipolarismo statunitense dell’alternanza, per cui era meglio votare il nemico di sempre, Berlusconi, piuttosto che l’alleato delle amministrazioni locali (ai tempi confuso in un'abborracciata Sinistra Arcobaleno).
In fondo Renzi di male non sta facendo molto. A dire che con l’antiberlusconismo bisognava smetterla, perché tanto non spariva dalla scena, ci avevano già provato in tanti. Peccato non ci fosse riuscito nessuno.
A forza di perdere un intero gruppo dirigente della sinistra si è così abituato. Tanto che adesso non si sa più che fare.
Finisce che Civati scrive al Presidente della Repubblica per denunciare l’operato del Presidente del Consiglio, che poi si dà il caso sia anche il Segretario del partito di cui è dirigente e da cui uscirà “quando meno ve lo aspettate...”.
Cara massima autorità dello Stato, c’è un brutto uomo al governo, che fa cose cattive, anche se legittimato dalle primarie della comunità a cui appartengo, io non so che fare, mi dà una mano lei?
A pensarla così sono anche autorevoli figure che nel corso di un paio di decenni hanno guidato la ritirata concertativa dei sindacati, aprendo le porte alla flessibilità e al precariato. Nel frattempo nella società maturava un senso di insofferenza verso le organizzazioni politiche.
C’è stato un po’ di tutto. Dai girotondi a Cofferati, che doveva salvare la sinistra ed è finito a fare lo sceriffo di Bologna. Dal direttore di MicroMega che all’ultimo chiamava al voto utile per Veltroni alle scissioni che dividevano la sinistra per unire la sinistra.
Così alla fine è successo. Tra astensione e rabbia è venuto fuori il 5 Stelle, il grande nemico del momento, per cui dall’alternanza con Berlusconi si è passati ai governi tecnici con Forza Italia (dopo la “missione fallita” del compagno Fini). Tanto che a sentire quelli che offendono Renzi perché parla con Verdini, si rischia di dimenticarsi l’interregno Monti-Letta (grandi successi della politica italiana).
In questo disastro il democristiano di Rignano si è mosso con spregiudicatezza e senso dell’umiltà, senza dare per scontato che le posizioni gli erano dovute e conquistandosi pezzo dopo pezzo la presidenza del Consiglio. Ha giocato per vincere e questa cosa ha spiazzato tanti pezzi di sinistra. Tanto che oggi Orfini chiede a Sposetti lo scalpo (sedi e soldi) dei Democratici di Sinistra, giusto per vedere se alla corte di Rignano almeno i giovani turchi eviteranno la fine di Fassina.
Così adesso si sostituisce Renzi a Berlusconi e si fa una piazzata contro il nuovo populista, nello stile del PMLI, che sostituisce il volto sui suoi manifesti e lascia la scritta “contro il Duce x”. Poco importa se all’opposizione non ci si è davvero e se il centrosinistra in realtà ad oggi governa con il centrodestra all’opposizione. In Piazza degli Apostoli si replica un copione stantio, nella speranza che i mutamenti non siano avvenuti nella società ma si possa consumare tutto all’interno dei palazzi (magari alla fine l’astensione aumenta e quindi un 3-5% può diventare un 10%).
Ci sono il già citato Civati e altri parlamentari del Partito Democratico, che voteranno la fiducia con senso critico e “sprezzo del ridicolo” (citazione di Gianpasquale Santomassimo). Addirittura c’è chi teorizza che cedere al ricatto di Renzi sia un segno della difficoltà in cui versa Renzi.
Poi c’è Landini, che fa il sindacalista ma tutti pensano sia il nuovo leader della sinistra. Così finisce che si esalta la sua affermazione sul rischio che si arrivi a occupare le fabbriche, senza capire che in gioco c’è un tessuto produttivo definitivamente da ripensare e non qualche assemblea in cui dare vita a sedute spiritiche amarcord per vedere se saltano fuori Guccini e gli Inti Illimanni a far cantare i compagni di ieri. Poco importa se Landini va da Renzi, Cuperlo, Civati e Vendola, ma deve gestire un pessimo rapporto interno alla Cgil. L’importante è rivendicare la piazza degli Apostoli. Che poi in realtà era di SEL, un partito nato per il centrosinistra che ha perso la scommessa politica insieme a Bersani e oggi si ritrova di fatto a prender tempo, che la lista Tsipras ha confermato a tutti i detrattori della sinistra di alternativa che con i residui dei dirigenti di Rifondazione (ormai più fuori che dentro il partito) non ci si organizza nemmeno un’escursione degli scout senza perdersi dopo mezzo chilometro.
Si vocifera persino di una nuova scissione per unire. Un altro (micro)pezzo del PRC che migra verso SEL, dopo che un (micro)pezzo di SEL è migrato verso il PD.
Nel frattempo di analisi della società e di cosa significhi fare politica in un contesto completamente mutato è bene non ragionare. Quello lo fa già Renzi, e fin troppo bene.
Alla sinistra non rimane che coccolarsi con i suoi Dalemoni, sperando di sopravvivere anche a questa fase e tornare a fare la bella vita dell’opposizione “chi non salta Berlusconi è”.
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