Ho atteso il risultato delle primarie del centro-sinistra (!) e l’esito dell’Assemblea nazionale di “Cambiare si può!” per questa riflessione sulla relazione inscindibile tra la struttura sociale come si presenta oggi, i molteplici soggetti dell’azione politica e le istituzioni: in breve tra il cittadino e i vari livelli di potere e quanti hanno occupato lo spazio politico con l’obiettivo esclusivo di detenere il potere ad ogni livello. Indubbiamente la società è molto articolata e non esistono contenitori in grado di rappresentarla in maniera soddisfacente ed adeguata.
Un’estrema frammentazione ha portato alla nascita di soggetti dell’azione politica diametralmente opposti: alcuni che si fondano su interessi particolari e, in certi casi, fortemente identitari; altri con la caratteristica del contenitore omnibus dal quale si scende e si sale a piacimento o per convenienza; altri ancora con forti caratteri e modalità di azione populistiche e fortemente influenzati da interessi personali.
Dai risultati delle primarie di coalizione, con l’affermazione di Bersani, ci troviamo di fronte ad una duplice lettura della linea politica che ha vinto: quella che sostiene il governo Monti con l’adesione alle politiche dell’Unione Europea e delle altre istituzioni comunitarie o una proposta alternativa e molto annacquata di socialdemocrazia europea attenta alle politiche sociali e non assoggettata alla finanza internazionale e al sistema bancario? È lecito chiedersi se la coalizione guidata dal PD dovesse affermarsi alle elezioni politiche si porrebbe come interprete delle istanze che sono la manifestazione della disperazione, dell’emergenza sociale e della paura del domani e che si sono impadronite di settori sempre più ampi della società e tradurrebbe questo in provvedimenti legislativi volti direttamente ad incidere sui problemi del lavoro – disoccupazione e precarietà –, sul sistema pensionistico, sugli investimenti pubblici, sulla riduzione delle spese militari, sull’introduzione della patrimoniale, sull’evasione e l’elusione fiscale, sul sistema bancario e sul potere incontrollato della finanza internazionale.
Ritengo pertanto che una maggioranza parlamentare di centro-sinistra della quale fanno parte anche i sopravvissuti di identità politiche sconfitte dalla storia recente del nostro paese, troverebbe resistenze insormontabili a riaffermare il primato dello stato sociale e di diritto e si dovrebbe barcamenare tra i diktat europei e la pressione sociale, non riuscendo a rappresentare stabilmente quantomeno la metà del proprio elettorato, perdendone progressivamente il consenso e restare prigioniera dei propri apparati.
L’altra ipotesi in campo, proposta dall’Assemblea di “Cambiare si può!”, si pone nel solco della contrapposizione al Governo Monti e alle forze che lo stanno sostenendo, in primis il PD. Indubbiamente questo soggetto nuovo, che si potrebbe porre come quarto polo, è l’interprete del movimento che si è ritrovato nel NO-MONTI DAY e nel comitato referendario in difesa delle pensioni e dei diritti dei lavoratori. Legato a forze politiche di alternativa, a parti significative del sindacato, al cosiddetto movimento dei sindaci e a personalità di primo piano della cultura e della società civile si pone come interprete del rapporto società–soggetti politici privilegiando temi e contenuti alternativi sui quali proporre una politica interprete delle istanze della base sociale e per questo contrario al fiscal compact e al pareggio di bilancio in costituzione. Si tratta quindi di seguire l’evoluzione del movimento e l’elaborazione della proposta che si pone come obiettivo la presenza nelle istituzioni attraverso la presentazione di una lista alle prossime elezioni.