Andando oltre queste prime forme di politica, potremmo dire, spontanea, bisogna osservare che il termine rimanda alla greca pòlis, ossia quella che viene considerata la prima forma conosciuta di vera democrazia, pur ovviamente con tutti i limiti. Insomma, nasce l'esigenza di fare politica allorché si deve forzatamente convivere con altri e quindi si rende necessario dare una regolamentazione a questo stato di cose. Nella società odierna ancora ovviamente si fa politica, ma altrettanto ovviamente sono cambiate le modalità: in particolare anche in questo campo si è affermato l'uso (a volte abuso, come vedremo più avanti) dei social network. Infatti non c'è partito o uomo pubblico che non apra una propria pagina Facebook o un profilo Twitter per poter dialogare con i propri elettori.
Il fatto in sé non desterebbe alcuna preoccupazione, se non fosse per la purtroppo scarsa capacità della maggior parte delle persone di interagire per via telematica; tanto da parte degli uomini politici, quanto da quella della gente. Se un politico non mi piace per quale motivo dovrei mettere "mi piace" alla sua pagina Facebook? Ma proprio per esprimere il mio dissenso ad ogni piè sospinto. Certo, nessuno vuole, tranne i diretti interessati, che le pagine ufficiali diventino dei fan club del proprietario, ma ci si augurerebbe che la gente fosse capace di esprimere il suo dissenso con cognizione di causa, rispondendo a tono ai post con critiche motivate ed argomentate. Perché in un post che parla ad esempio di scuola devo prendermela con la sanità, o con gli onnipresenti migranti? Qualsiasi lamentela può essere giusta, o perlomeno ha tutto il diritto di essere espressa, ma se non lo si fa nei modi e, soprattutto, nelle circostanze opportune si rischia di passare solo da strilloni.
Se voglio criticare la sanità sarebbe opportuno cercare un post che ne parli e commentare quello, magari portando qualche esempio supportato da dati oggettivi, che esulino dalla mia singola esperienza. D'altronde, come si suol dire, una rondine non fa primavera! Purtroppo osserviamo che la gente non è in grado di fare un tale salto di qualità, ma si limita a spammare lo stesso messaggio indignato (e troppo spesso delirante) sotto ogni singolo post del personaggio odiato.
D'altronde però, dicevo sopra, sono spesso gli stessi politici a non avere idea di come dominare i nuovi mezzi di comunicazione, ma sovente se ne fanno dominare. Se si è assidui frequentatori della pagina Facebook (per parlare del Social probabilmente più popolare) si può osservare come manchino quasi totalmente le risposte ai commenti di critica, mentre abbondino i ringraziamenti per le lodi ricevute. Ecco, ritengo questo atteggiamento quanto mai sbagliato: infatti chi 'tifa' un personaggio continuerà a faro anche se al messaggio di "congratulazioni per il lavoro svolto" non riceverà alcun ringraziamento.
Sarebbe invece importante dibattere con chi muove una qualche accusa, per avere la possibilità di spiegare il proprio comportamento, magari riuscendo a far cambiare idea al contestatore. Non si sa mai, questo atteggiamento potrebbe portare un voto a favore al momento delle elezioni! D'altronde rispondere alle critiche, oltre a non essere gratificante, presuppone uno sforzo in più: bisogna essere convincenti, e per farlo si deve comunicare nel modo giusto. Proprio per questo motivo è fondamentale, per qualsiasi personaggio pubblico, avvalersi di una persona che sappia come gestire questi mezzi: infatti, posso avere le idee politiche migliori del mondo ma, ahimè, nell'era della comunicazione (digitale per giunta) devo assolutamente saperle esporre. Sono assolute cadute di stile gli anatemi lanciati a destra e a manca sui Social da un politico nei confronti di un rivale: quando si scrive su una pagina pubblica, anche se è la propria, non si può non ricordare che non ci stiamo rivolgendo alla nostra cerchia di amici, ma ad una platea molto più vasta e che, soprattutto, comprende anche persone che non ci possono vedere.
Chiaramente non è auspicabile mascherare le proprie idee, ma è necessario esprimerle in maniera che possano risultare accettabili, e magari condivisibili, anche da chi non è propriamente un fan. Anche per chi si trova da questa parte della barricata è indispensabile argomentare le proprie parole, portando quanti più esempi è possibile. Inoltre sarebbe consigliabile adoperare un linguaggio semplice ed accattivante, senza però scendere ad esempio nel turpiloquio. E soprattutto, i social vanno usati sempre, non soltanto in periodi clou come quello elettorale. Altrimenti vale il detto "fatta la grazia gabbato lo santo". Mi avete dato il voto? Bene, e io faccio quello che voglio senza raccontarvi nulla finché... ho nuovamente bisogno del vostro aiuto! Non funziona così: gli elettori vanno fidelizzati, li si deve rendere partecipi della vita pubblica, di quello che stiamo facendo grazie al loro voto. Ormai siamo nell'era dello streaming, dei video in diretta, dei selfie scattati in ogni dove: il popolo si aspetta di vedere cosa accade nelle stanze dei bottoni, o perlomeno di poterne leggere. Certo, non è auspicabile trasformare la politica in un reality show, ma conviene, in ottica di una futura rielezione, mantenere un dialogo con coloro che saranno gli artefici del destino pubblico della persona.
Insomma, per concludere, non si fa altro che sentire la frase "siamo nell'era della comunicazione". Ed è così, comunque la si pensi in merito. È quindi necessario naturalmente agire, fare quello che ci si è promesso in campagna elettorale. Ma è altresì opportuno raccontare quello che si è fatto, che si sta facendo, e che si farà. Compito troppo gravoso? Assicuriamoci l'appoggio di una persona valida che lo faccia per noi!