Mercoledì, 15 Ottobre 2014 00:00

Articolo 18, archeologia industriale e giovani cariatidi

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Vorrei cominciare con una lunga citazione che cerca di riassumere gli argomenti di coloro che chiedono l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei diritti dei lavoratori.

Ma un elemento non meno deleterio … è rappresentato dalla rigidità del mercato del lavoro, in gran parte tragico frutto della demagogia sindacalista … . Io credo che l’opinione pubblica, i disoccupati, gli operai stessi, non si siano resi conto ancora del gravissimo danno determinato dall’instaurazione di una politica sindacale ispirata ad un parossistico vincolismo. … È ovvio, infatti, che la cristallizzazione degli organici, praticamente determinatasi in grazie ai mille vincoli …, non consente oggi quel processo di selezione attraverso il quale un tempo si affermavano i migliori ed erano eliminati gli elementi più scadenti; è altrettanto ovvio, d’altra parte, che con tanta maggiore prudenza le direzioni aziendali oggi si avventurano ad assumere nuovo personale, quanto più sanno che ogni sorta di difficoltà si frapporrebbe loro quando per nuove, mutate esigenze d’ordine tecnico-produttivo, dovessero poi diminuirne il numero anche in minima marte. Questo … non può che alterare profondamente la fisionomia della nostra organizzazione economica e, attraverso un assurdo rigidismo provocare … assieme ad un notevole grado cristallizzazione dell’occupazione …, un’ancor più sentita cristallizzazione del peso dei disoccupati, venendo fatalmente meno per molti di costoro tante possibilità, anche temporanee, d’impiego.”

Oggi l’articolo 18 è assolutamente solo un simbolo, un totem ideologico, proprio per questo trovo inutile stare adesso a discutere se abolirlo o meno. Serve solo ad alimentare il dibattito agostano tra gli addetti ai lavori. E’ giusto riscrivere lo statuto dei lavoratori? Sì, lo riscriviamo - … -. E riscrivendolo pensiamo alla ragazza di 25 anni che non può aspettare un bambino perché non ha le garanzie minime. Non parliamo solo dell’articolo 18 che riguarda una discussione tra destra e sinistra. Parliamo di come dare lavoro alle nuove generazioni.”

Per questo lo Statuto dei lavoratori, che come la Resistenza vive di glorie passate, ma che venne scritto quando c’era la Cortina di ferro, andrebbe certo rottamato”.

Ora, prima che vi prenda il mal di fegato a causa degli argomenti sopra riportati, è bene che siate messi a conoscenza delle fonti della lunga citazione.

Il primo capoverso, il più ampio, è tratto dalla relazione svolta da Danilo de Micheli [presidente degli industriali fiorentini n.d.a.] alla VIII assemblea generale ordinaria fiorentina dell’associazione, tenutasi in data 20 marzo 1951, sì avete letto bene venti marzo millenovecentocinquantuno.

Il secondo capoverso, quello del totem per intendersi, è tratto dall’intervista resa da Matteo Renzi alla trasmissione Millenium della RAI il 12 agosto 2014.

Il terzo ed ultimo, il più breve, ma anche se vogliamo il più diretto, da un editoriale de il Foglio del 16 settembre 2014, firmato dalla redazione.

Per chi volesse verificare la prima delle citazioni è contenuta in Associazione degli industriali della Provincia di Firenze Venti anni di attività 1944 – 1964, le altre sono facilmente reperibili in internet.

Quello che stupisce nelle tre distinte citazioni, e che offre più di un elemento di riflessione, è l’assoluta e coerente continuità di argomenti contro maggiori tutele dei diritti dei lavoratori, argomenti che in 63 anni rimangono pervicacemente gli stessi.

Va inoltre sottolineato che ai tempi del conte de Micheli la condizione dei lavoratori era tutt’altro che garantita, erano i tempi dei reparti confino, dei licenziamenti politici, che coinvolsero anche storiche aziende fiorentine come la Pignone e la Galileo, i tempi insomma dell’affermazione: “chi si mette in lista per la Fiom si mette in lista per il licenziamento”.

Lo Statuto dei diritti dei lavoratori mise fine ad una stagione di arbitrio padronale, finalmente, si disse, la Costituzione entrava in fabbrica.

Sui principi progressivi dello Statuto dei diritti dei lavoratori e sulla loro validità e attualità, si potrebbe scrivere a lungo e certamente fra i collaboratori de il Becco c’è chi per competenza e studi riuscirà a farlo meglio dello scrivente; quello che mi preme sottolineare in questa sede è invece la contraddizione di chi ha costruito le proprie fortune politiche sul “nuovo”, sulla “rottamazione” del vecchio, e poi pratica politiche dettate qualche diecina di anni addietro.

Ad ogni piè sospinto, costoro si fanno forti di un solo argomento: il nuovo che deve affermarsi sul vecchio! L’articolo 18 è il frutto di una stagione passata, superarlo significa guardare al futuro ed ai giovani, anziché attardarsi nella sterile difesa dei “privilegi” dei vecchi!

La verità nuda e cruda è che dietro le giovani facce degli attuali dirigenti Pd e le grazie delle Grazie di Renzi, si nasconde quanto di più vecchio ed ammuffito esista nel nostro Paese sul piano della cultura sociale e politica, così vecchio e ammuffito da piantare le proprie radici in un passato fatto di completo e totale arbitrio padronale, basato sul concetto: chi ha possesso ha de jure governo d’uomini, come affermò un proprietario toscano ai primi del novecento.

Il futuro non sta nella diminuzione dei diritti, ma nel loro accrescimento, in ogni luogo e in ogni ambiente, non vi può essere certezza di un diritto qualsiasi se questo non sia garantito sempre e ovunque, e fra i diritti vi è una gerarchia di valori fondamentali: la libertà civile e politica e l’uguaglianza dei diritti per tutte e tutti superano lo stesso diritto di proprietà, che infatti è in ogni paese, compresi gli Stati Uniti, subordinato a leggi che ne regolano l’esercizio.

In definitiva la Costituzione non può arrestarsi ai cancelli di un’azienda.

Il nuovo avanza solo con l’estensione dei diritti, altrimenti è solo brutale regressione, anche se attuata sotto le insegne del “nuovo”del “giovane”, d’altra parte non è forse stato un regime che a base della propria retorica la giovinezza, a partire dal proprio inno, a causare le più grandi sciagure per la gioventù italiana?

L'immagine di Poletti e Squinzi è una foto liberamente ripresa liberamente da www.corriere.it)

Francesco Draghi

Francesco Draghi, nel Partito Comunista Italiano prima e dalla sua fondazione nel PRC, ha ricoperto in entrambi incarichi di direzione politica, è stato amministratore pubblico.

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