Lunedì, 09 Marzo 2015 00:00

Il mercato del niente

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Il mercato del niente

Ci siamo, manca poco la pseudo-kermesse in salsa globale in scena a Milano, dal Maggio del corrente anno, sta per aprire i battenti. EXPO 2015, innovazione, tecnologia, nuove idee per un mondo diverso.

Questo è il pensiero di molti sull’evento mainstream dell’anno in Italia e anche nel mondo. Le esposizioni universali, retaggio anacronistico dell’età vittoriana recano in se tutto il pensiero stesso del processo della globalizzazione economica che ormai si è insediata prepotentemente nella nostra civiltà.
Sono passati più di 160 anni dalla prima esposizione universale tenutasi nell’apposito Crystal Palace presso Hyde Park a Londra. In 160 anni è inutile dirlo, il mondo è cambiato ed è stato rivoltato come un calzino: conflitti armati, guerre economiche e il tanto declamato “scontro tra civiltà”. Mega progetti, rendite milionarie e costi esorbitanti; per chi?

La domanda è lecita soprattutto in virtù della propaganda mediatica che questo evento sta catalizzando su se stesso.
La vulgata in merito a questa operazione vuole Milano cambiato radicalmente, trasformata in una vera e propria metropoli europea, migliaia di posti di lavoro per giovani alla ricerca del loro futuro (volontari pagati 0 euro, o individui “retribuiti” la miseria di 2,5 euro l’ora) e addirittura la pretesa di eterodirigere la sovranità alimentare e dei consumi. Lo slogan “nutrire il mondo” è infatti entrato nelle menti di tutti, forse a volte senza sapere vagliare bene alcun argomenti caldi che riguardano l’iniziativa mondiale.
Come si può pretendere che sponsor come McDonald’s o Coca-Cola possano avere solo la pretesa di assumersi l’onere di fare da sommi scienziati dell’alimentazione del futuro? Com’è possibile che le vite di miliardi di persone siano sotto scacco delle attenzioni capitalistiche che vedono in quest’occasione un immenso luogo di profitto?

È chiaro che il modello di sviluppo che impone l’esposizione universale si sposa alla perfezione con l’idea neoliberista che vede esclusivamente, anche in maniera piuttosto barbara, la preponderanza del profitto rispetto qualsiasi tipo (anche il più scarno) d’interesse comune. È chiaro che le politiche economiche dell’Europa da anni guardano ad “amicizie” transatlantiche e il progetto del TTIP va proprio in questo senso. Una grande esposizione universale perenne, un grande mercato di un miliardo di persone tra le due sponde dell’Atlantico. Chi ci guadagna anche in questo caso? Ovvio i soliti noti, le multinazionali molte delle quali sponsor dell’esposizione milanese. Gli spettatori (inermi) di questa trasformazione socio-economica sono le collettività che passivamente assistono a tutto ciò e molto spesso approvano inconsapevolmente queste dinamiche pensando magare di trarne giovamento anche nel loro piccolo. Ci sono tavole imbandite dove gli ospiti non sono tutti egualmente graditi, posti dove all’inclusività si contrappone una piena essenza escludente.

Quello che resta, l’unica arma a disposizione, è la voce. Essa dovrebbe urlare contro, perché ormai il futuro di tutti e tutte è stato messo sul bancone del mercato del niente, rischia di essere venduto, regalato per quattro soldi senza diritto di riacquisto.
La risposta può venire dai popoli, dai diretti interessati verso una visione autodeterministica del proprio futuro. Rigettare il TTIP ad esempio può dare un segnale forte in questo senso, la lotta sarà dura e ampia ma è un dovere affrontarla.
Proporre un modello di sviluppo diverso che parte anzitutto da una gestione delle risorse più equa e, favorendo l’interesse dell’insieme piuttosto che del singolo. Intervenire veramente sulle questioni ambientali e alimentari perché, è inutile dirlo il mondo è cambiato in peggio ed è solo colpa nostra.
Pensare ad una esposizione universale quando nel mondo la disuguaglianza sociale è ai massimi storici forse è delittuoso. Sembra di vivere all’interno di una società ovattata e muta, quando fuori spesso la realtà è ben diversa da quella che ci presentano e ci presenteranno gli stand della Milano versione globale.

Ultima modifica il Domenica, 08 Marzo 2015 10:56
Andrea Incorvaia

Nato a Locri (RC), il 28 Febbraio 1988, attualmente vivo per studio a Pisa. Sono un allievo specializzando presso la scuola di specializzazione in beni archeologici dell’Università di Pisa, dopo essermi laureato in Archeologia nel 2012. I miei interessi spaziano dall’ambito culturale (beni storico-archeologici soprattutto), alla tutela e alla salvaguardia del paesaggio. Svolgo attività politica nella città che mi ospita e faccio parte di un sindacato studentesco universitario.

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