Lungi da me elogiare il classico uomo solo al comando, i cambiamenti (quelli veri) si attuano dal basso con la partecipazione di tutti e tutte. Esiste però un seme, una speranza che troppo spesso viene gettata da pochi affinché cresca un grande albero che riesca a salvare tutti. Ricordo bene quel murales scritto a Genova, subito dopo la morte di Carlo Giuliani: “Ognuno di noi deve dare qualcosa, in modo che alcuni di noi non siano costretti a dare tutto”. Frase emblematica, simbolo di un pensiero, una vero e proprio mantra di quello che significa essere collettività.
Ebbene in Sicilia, troppo spesso pochi hanno dato tutto e molti niente. Pochi si sono battuti fino alla fine, urlando veramente contro il vento impetuoso mentre tanti se ne sono stati li in riva al fosso ad aspettare l’onda di piena.
Il 30 Aprile 1982 veniva freddato barbaramente da cosa nostra, il segretario regionale del Pci, Antonino Pio La Torre. Un vero e proprio sacrificio di chi da sempre durante la sua breve vita, decise da che parte stare.
La storia di Antonino è la storia di una comunità che resiste, una comunità che tramite azioni e parole sapeva dire no, ma proponeva tanti si per un futuro diverso. Famose le sue battaglie al fianco dei braccianti siciliani, al grido di “La terra a chi la lavora”. Così scriveva nel 1949 in una relazione inviata al Partito nel giugno del 1949:
“La parte più importante del nostro piano di lavoro è quella che si riferisce allo sviluppo delle lotte politiche e sindacali nelle campagne. Nostra intenzione è quella di sviluppare una mobilitazione contemporanea a tutti gli strati della popolazione contadina. Per i braccianti della fascia costiera: l’imponibile di mano d’opera. Per i coltivatori diretti e piccoli proprietari abbiamo pensato di avviare una organizzazione cooperativa capace di immettere direttamente al consumo della città i loro prodotti ortofrutticoli, sottraendoli allo sfruttamento degli intermediari. Per i mezzadri, prepariamo l’imminente battaglia per la ripartizione del prodotto estivo a 60 e 40.
Per i contadini poveri senza terra dell’interno, prepariamo la nuova grande lotta per la conquista e la concessione delle terre incolte o mal coltivate”.
Pensieri rivoluzionari, semi di un nuovo modello di “sviluppo”. Pio La Torre era anche un pacifista e le sue battaglie contro le installazioni americane sul suolo di Sicilia hanno quasi del leggendario.
Cosa è rimasto della spirito di Pio la Torre e dei suoi “fratelli”, gente caduta per difendere un idea e un intero popolo?
La fine del XX secolo e l’inizio di questa nuova epoca hanno portato ancora maggiore miseria alla terra del sole. Svenduta, stuprata e regalata al migliore offerente come si farebbe nella peggiore televendita anni’ 80.
Queste menti qualcosa hanno lasciato, ne sono convinto. Vado oltre il dato esplicativo di quella che può essere l’analisi di un movimentista.
Ho partecipato a diverse manifestazioni in quel di Niscemi, li dove la bandiera a stelle e strisce ha collocato il suo Muos(tro). Proprio nella vicenda del Muos i due fattori terra e antimilitarismo si fondono in un copione perfetto, architettato e scritto proprio affinché i semi piantati dal sindacalista palermitano possano finalmente germogliare e opporsi alle angherie.
Ettari di bosco e di terra tolta alle comunità per arricchire le tasche di chi con la guerra specula e ne trae profitto. Proprio in questi giorni l’istanza di sequestro del Muos è stata riconfermata dal tribunale del riesame di Palermo. I “figli” di Antonino hanno gioito e gioiscono, esiste ed è una bella realtà questa Sicilia che (R)esiste. Sono sicuro però che il sorriso di Pio La Torre, ovunque egli sia, sarà sicuramente arrivato su quelle malefiche antenne. Quel seme piano piano sta iniziando a germogliare, forse c’è speranza per quella terra.