Venerdì, 29 Novembre 2013 00:00

Sciopero di Genova e RSU sulle pensioni: occasioni per la sinistra

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Quattro giorni di sciopero dell'azienda pubblica genovese di trasporto hanno obbligato la giunta comunale a fermarne la privatizzazione, che sarebbe stata accompagnata dal rincaro del servizio e da riduzioni degli organici. Pressoché contemporaneamente oltre 30 RSU di tutta Italia hanno unitariamente deciso di avviare una mobilitazione sul tema delle pensioni, con l'obiettivo dell'abolizione dell'infame legge Fornero e del ritorno delle pensioni a strumenti che consentano un numero civile di anni di vita degna agli anziani. I due fatti sono separati quanto a protagonisti diretti: ma sono uniti da un solido legame. Sarebbe un errore madornale considerarli alla stregua delle tante lotte, spesso disperate, di quei lavoratori che occupano la fabbrica o salgono su un tetto perché il padrone non paga i salari o chiude, o anche di lotte vincenti come quella della FIOM contro Marchionne.

Genova non solo è una lotta che ha vinto, ma che ha vinto con un'azione di sfondamento, cosa che non si vedeva da gran tempo. La mobilitazione delle RSU sulle pensioni, a sua volta, va all'attacco di una delle peggiori porcate del dopoguerra contro il mondo del lavoro, anzi contro il complesso delle classi popolari, cioè contro il 90% del popolo italiano. Inoltre questo avviene in un paese dove da anni i lavoratori sono oppressi da un senso di inutilità delle loro lotte e dalla paura di farle, paventando discriminazioni, cassa integrazione, licenziamenti. Il vento sta cominciando a cambiare. Non si tratta, beninteso, di prendere lucciole per lanterne, la strada sarà molto aspra: ma sarebbe cieco non vedere che un cambiamento importante è in avvio. D'altronde la mobilitazione su larga scala dei lavoratori avviene da tempo negli altri paesi europei maggiormente massacrati da crisi, Commissione Europea, governo tedesco, governi di centro-destra, centro-sinistra, larghe intese, ecc.

Il fatto è che al massacro antisociale operato dai governi italiani, Monti prima, Letta ora, allo sfascio del sistema industriale, imposto dall'Unione Europea ma condiviso, da più di vent'anni, da governi che, unici in Europa, non hanno inteso attivare politica industriale alcuna, allo sfascio del sistema dei servizi pubblici, imposto dall'Unione Europea ma condiviso da governi che con le privatizzazioni continuano ad alimentare la parte più parassitaria del capitalismo, al crimine di governo contro i pensionati: il fatto è che a tutto questo o ci si oppone con la più dura lotta di classe, o si continua a essere massacrati. Parimenti il fatto è che le condizioni di crisi in cui versa l'economia, il dissesto finanziario dei servizi e di molte amministrazioni locali, il collasso di molte imprese industriali, commerciali, agricole, nei servizi, la continua minaccia delle delocalizzazioni impongono al mondo del lavoro la necessità di lotte che abbiano immediato contenuto politico; più precisamente, che abbiano a immediata controparte il potere politico (quindi il governo, nel caso delle pensioni, le giunte cittadina e regionale, a Genova). Infine il fatto è che le condizioni generali della politica e la frattura sindacale, per quanto in via di timido superamento, impongono al mondo del lavoro che l'iniziativa delle azioni di lotta sia intrapresa in primo luogo e con piena autonomia dalle rappresentanze dirette dei lavoratori, cioè dalle RSU, e dalle assemblee. Ciò non significa affatto tagliare fuori le confederazioni o i loro sindacati di categoria: al contrario significa aiutarli, in particolare significa aiutare la CGIL e i suoi sindacati di categoria, che sono obbligati per molte validissime ragioni a un paziente lavoro di ricostruzione dell'unità sindacale, a uscire dalle limitazioni imposte dalla crisi, dalla depressione e dalla paura dei lavoratori, dal freno a mano di CISL e UIL, dal condizionamento di centro-sinistra, ecc. La stessa prospettiva unitaria non potrà che avvantaggiarsene.

Genova, i suoi lavoratori dei trasporti pubblici, ha indicato esattamente questa strada; ha indicato che oggi a vincere è solo una lotta che sappia andare oltre le iniziative essenzialmente dimostrative e che porti rapidamente a un danno irreggibile per la controparte; ha indicato che le decisioni o le prendono direttamente i lavoratori o non funziona. Genova ha pure indicato che questa è la strada della stessa unità sindacale, poiché è solo dal basso che può essere ricostruita e funzionare; inoltre che è la strada del recupero di consenso popolare attorno ai lavoratori. La medesima indicazione sta ora venendo, con la crescita entusiasmante di adesioni di RSU, o di assemblee o comunque di gruppi di un tipo o dell'altro di lavoratori, all'iniziativa contro l'infame legge Fornero. Il valore di quest'iniziativa è immenso, perché tende a una mobilitazione popolare su scala nazionale e perché interviene in una condizione politico-istituzionale, che è certo compatta sul piano degli orientamenti antisociali, ma che al tempo stesso è frantumata, litigiosa, precaria, instabile, ciò che significa che può bastare una forte pressione a scompaginare padroni e poteri, aprendo la possibilità di un corso politico i cui contenuti siano coerenti con le attese del mondo del lavoro e delle classi popolari. Ancora, Genova e l'iniziativa delle RSU sulle pensioni indicano che gli obiettivi di lotta debbono essere individuati e decisi prima di tutto dai lavoratori, non da loro finte rappresentanze politiche che con i lavoratori non parlano mai, e che si dilettano in una gara tra chi le spara più grosse e più insensate; inoltre indicano che gli obiettivi di lotta debbono essere di una concretezza estrema. Appunto, la difesa del servizio pubblico, le pensioni.

Ci sono stati altri momenti della storia italiana in cui, sottoposti al rullo compressore di governi e padroni, i lavoratori riuscirono a reagire; e sono stati a volte anche momenti in cui in precedenza, per anni, sembrava che tutto fosse perso. Dopo l'esclusione nel 1947 delle sinistre, comunisti e socialisti, dal governo partirono licenziamenti di massa di quanti erano iscritti ai partiti di sinistra e alla CGIL, le manifestazioni pubbliche furono vietate, se venivano egualmente fatte la polizia arrestava, sparava, uccideva, i picchetti erano attaccati e dispersi; gli operai avevano paura e non scioperavano. Andò avanti così fino al 1960, quando la Democrazia Cristiana si alleò apertamente ai fascisti: ma i lavoratori insorsero, dieci furono assassinati dalla polizia, la CGIL e la sinistra proclamarono lo sciopero generale, e si vinse. Il là lo aveva dato anche allora Genova, con i suoi portuali. I giovani, che erano apparsi fino ad allora passivi, furono con gli operai la grande massa delle manifestazioni di strada. Da un paio d'anni erano anche cominciati gli scioperi nelle fabbriche elettromeccaniche dell'area di Milano. Cominciò così un lungo periodo di lotte dei lavoratori, che accanto alla conquista di salari più alti e di condizioni di lavoro migliori riconquistò la democrazia; e nel 1969 portò alle RSU di allora, i consigli dei delegati.

Oggi siamo, pur con tutte le differenze che si vuole, in una condizione analoga, e in un momento di possibile svolta analoga. Genova e l'iniziativa delle RSU sulle pensioni è questo che ci dicono. Ed è un'occasione gigantesca per il rilancio della sinistra politica: alla condizione che serva a qualcosa, che rimetta i piedi per terra, che la smetta di guardarsi l'ombelico.

Luigi Vinci

Protagonista della sinistra italiana, vivendo attivamente le esperienze della Federazione Giovanile Comunista, del PCI e poi di Avanguardia Operaia, Democrazia Proletaria, Rifondazione Comunista. Eletto deputato in parlamento e nel parlamento europeo, in passato presidente e membro di varie commissioni legate a questioni economiche e di politica internazionale.

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