2) Cucchiaio di legno no magari. Qualche successo da rivendicare c'è. In Toscana non c'è nessun Centro di Identificazione ed Espulsione.
Certo, la questione dei CIE sembrava il tormentone che doveva mettere in crisi la nostra presenza in giunta. Quel pericolo è stato scampato e, spero, definitivamente.
Non solo questo però. Anche su altri terreni abbiano segnato dei punti. Primo tra tutti le politiche abitative. La percentuale di sfratti eseguiti rispetto alle sentenze è calata dal 16% all‘1,6% tra il 2012 e il 2013. È facile fare i conti di quante famiglie abbiamo salvato da questo dramma sociale.
Un’altra questione che temo sia fortemente a rischio è la prosecuzione dell’attività della cabina di regia per i Rom, con la quale avevamo lanciato un progetto di uscita dall'ottica dell'emergenza e di progressiva integrazione di quelle comunità impiegando 2 milioni di risorse europee per i primi progetti di inclusione. Questa azione aveva già trovato forti difficoltà di realizzazione sui territori per l’incapacità delle amministrazioni locali di affrontare a viso aperto questo tema. C'è il rischio concreto che ora venga meno anche la determinazione della regione.
3) Come hai vissuto questi ultimi passaggi, che ti hanno riguardato anche individualmente?
Sul piano personale l’abbandono della politica fatto sul territorio, del profumo e della vita di federazione è stata una grande sofferenza. Da questo punto di vista saluto con piacere questa nuova condizione. Quello che però mi porto dietro, oltre le cose fatte, è anche un tessuto importante di relazioni umane che sono riuscito a instaurare sia con tutti i dipendenti della Regione Toscana che con molti territori. Ho affrontato questi passaggi con spirito anglosassone, freddo e distaccato, ma devo confessare che di fronte a tante testimonianze di affetto vero alla fine mi sono commosso anche io.
4) Uno dei problemi principali della sinistra italiana (ma non solo) è il non essere riuscita a proporre un modello alternativo rispetto alla personalizzazione della politica, con un conseguente accentramento dei meccanismi decisionali. Enrico Rossi si è adeguato alle "cattive pratiche" della politica?
Non è stato da meno. Nel breve colloquio che ho avuto con Rossi ho ragionato proprio su questo punto. La politica non può essere separata dalla qualità delle relazioni umane. Da questo punto di vista devo, con amarezza, segnare un forte punto di differenza.
La vera questione, forse, è che è mancata in questo periodo la possibilità di mettere a frutto l’intelligenza di un collettivo, che una giunta può esprimere, anche nelle differenze di posizione, con un confronto serio tra diverse componenti per un’attività che sia più efficace e più comprensiva dei punti di vista portati a sintesi. La direzione della Regione Toscana ha avuto questa grave mancanza.
5) Renzi è la chiave di lettura della nuova giunta?
Certo. Ci tengo a dire una cosa. Quello che mi preoccupa non è tanto l'adeguamento di Rossi al partito nazionale. Da questo punto di vista lo capisco. Anche io sono uomo di partito e anche se non l'avessi condivisa mi sarei adeguato ad un cambio di linea della mia organizzazione.
Il partito nonostante il vento che tira continua per me ad essere infinitamente più importante di un governo o di una giunta. Il problema però è che Rossi non si adegua solo al segretario del PD, ma si piega al presidente del Consiglio, facendo venire meno quella capacità di autonomia che la Regione Toscana ha saputo mostrare non solo durante il governo Berlusconi, ma anche con Monti e Letta.
6) Chiudiamo ancora con il rugby?
Volentieri. Non si è rugbisti solo durante la partita o per il breve tempo in cui siamo atleti. Il rugby è una scelta di vita, così come la politica: quindi finiscono le esperienze ma la battaglia continua.
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