Domenica, 27 Gennaio 2013 00:00

Rinnovare la democrazia con la partecipazione

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Articolo scritto da Monica Sgherri e Sara Nocentini

Nella scorsa legislatura, sulla scia del percorso aperto a livello internazionale dal movimento dei movimenti, più noto come “no global” si aprì anche in Regione Toscana una riflessione sulle forme e le pratiche che avrebbero potuto rinnovare la democrazia rappresentativa, recuperando il rapporto tra rappresentanti e rappresentati e ravvivandone lo scambio. Già allora si comprendeva che l’ubriacatura della governabilità e il sacrificio della rappresentanza perpetrato ad arte attraverso leggi elettorali sempre più escludenti, comportava di fatto una profonda cesura nel nostro sistema democratico e nella rispondenza tra i bisogni da rappresentare e le priorità dell’agenda politica.

Non si trattava pertanto, fin dall’inizio, di mettere in discussione la democrazia rappresentativa, ma di mostrarne tutte le derive e le storture, recuperando i saperi, le conoscenze e l’impegno per la collettività che stava sempre più emergendo, chiedendo spazi.

In questo contesto la Regione Toscana si attivò per coinvolgere molti soggetti interessati, dalla Rete del Nuovo Municipio, un vero punto di riferimento nazionale sul tema, a tutte le associazioni e i singoli e le singole che volevano collaborare alla redazione della legge, scegliendo di praticare un metodo aperto e partecipato fin dalle prime fasi della redazione della legge. Il risultato fu di grande rilievo e ancora oggi leggendo le finalità e i principi della legge si rimane colpiti per la sensibilità, la complessità e l’efficacia della formulazione scelta.

Il terzo comma dell’art. 1 della Legge 69 costituisce un vero e proprio manifesto della partecipazione quale rinnovamento della democrazia rappresentativa. La legge si propone infatti di rinnovare la democrazia con pratiche partecipative, rafforzando attraverso la partecipazione degli abitanti, la capacità di costruzione, definizione ed elaborazione delle politiche pubbliche e di promuovere la partecipazione come forma ordinaria di amministrazione e di governo della Regione in tutti i settori e a tutti i livelli amministrativi.

Al fine di scongiurare il pericolo di scambiare per partecipazione una semplice campagna informativa o di sensibilizzazione, entra anche nel merito di pratiche più in dettaglio, mirando a creare e favorire nuove forme di scambio e di comunicazione tra le istituzioni e la società; contribuire ad una più elevata coesione sociale; contribuire alla parità di genere e all’inclusione dei soggetti deboli, all’emersione di interessi diffusi o scarsamente rappresentati; a sollecitare e attivare l’impegno e la partecipazione di tutti alle scelte e alla vita della comunità di riferimento; a valorizzare i saperi, le competenze e l’impegno diffusi nella società; promuovere le migliori pratiche e a valorizzare le esperienze in atto.

Oggi la legge è in corso di revisione da parte del Consiglio Regionale perché essa stessa aveva messo un termine alla propria attività, al 31 dicembre 2012, per dare modo al legislatore e alla cittadinanza tutta di riflettere sulla sua applicazione e su eventuali miglioramenti. Prima dello scadere del termine previsto, il Gruppo della Federazione della Sinistra-Verdi ha proposto che la legge attuale venisse prorogata in attesa della sua revisione, da effettuarsi entro il mese di marzo 2013. Tutta la maggioranza ha accolto la proposta, approvata all’interno di una risoluzione dell’ultimo Consiglio regionale del 2012.

La proroga era necessaria per dare continuità ad un’esperienza e la scadenza stringente è fondamentale per non perdersi in discussioni oziose e dare una risposta concreta alla domanda di partecipazione attiva che sempre più cresce sui territori e sempre più si manifesta come la vera risposta al rinnovamento della politica e alle derive dell’antipolitica.

Le difficoltà di allora, durante la fase di scrittura ed approvazione, erano di due tipi dal carattere diametralmente opposto ma entrambe alimentate dalla diffidenza. Da una parte, c’era chi temeva che la legge avrebbe ingabbiato le manifestazioni spontanee della cittadinanza dal basso; dall’altra chi sosteneva che il potere decisorio sta strettamente nelle mani delle assemblee elettive (ma di fatto nelle giunte) e che questa sovranità non deve essere ceduta in nessuna parte.

L‘applicazione della legge ha fugato le preoccupazioni di cittadini, comitati e associazioni che una legge sulla partecipazione significasse voler regolamentare la partecipazione stessa con l’obiettivo di indirizzare i risultati dei percorsi partecipativi e dall’altra parte che la legge diventasse lo strumento esclusivo di chi si oppone ai progetti, perché neanche questo si è avverato.

La revisione della legge, il cui iter è ad oggi troppo chiuso tra gli addetti ai lavori e i referenti istituzionali, deve pertanto partire da qui, dalla bontà delle finalità dei principi e delle esperienze che sono state sostenute, per operare poche e mirate modifiche volte a rafforzarne e agevolarne l’applicazione e la sua massima diffusione.

Immagine ripresa da www.valdera2020.it

Ultima modifica il Venerdì, 25 Gennaio 2013 18:17
Monica Sgherri

Nata a Firenze il primo ottobre del 1953, laureata in architettura, ho collaborato con l'università di Firenze. Ho fondato una cooperativa di servizi culturali dove ho lavorato fino al 1985, per poi diventare dipendente della Provincia di Firenze. L'impegno politico inizia nel 1975, con l'adesione al PCI, nel quale resto iscritta fino alla nascita del Movimento della Rifondazione Comunista. Attualmente sono capogruppo per la Federazione della Sinistra e i Verdi come consigliera regionale della Toscana.

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