Abitato fino al 1841 dalla famiglia Grassi (fu ospitato a lungo Domenico Guerrazzi, scrittore e politico risorgimentale), passò poi ai conti Agostini Venerosi della Seta, fino al 2008, quando il palazzo è rientrato nel patrimonio di una società per azioni, la Tognozzi SPA.
La società che deteneva la proprietà dell’immobile è ora al vaglio dell’autorità giudiziaria, indagata per corruzione all’Agenzia delle Entrate -il proprietario dell’azienda è indagato per il pagamento di tangenti a fronte di agevolazioni fiscali - ma non è la sola responsabile del degrado perpetrato, nonostante sei anni di ponteggi e lavori totalmente inutili e fittizi, visto che l’amministrazione comunale, forte con i deboli, ma supina ai poteri forti, non si è minimamente mossa per salvare questo bene culturale.
Un episodio di incuria e danneggiamento così grave proprio a Pisa, pronta a candidarsi solamente un anno fa come Capitale della cultura Europea per il 2019, una città che presenta troppe opere d’arte e beni culturali abbandonati a loro stessi, fuori dai circuiti virtuosi di valorizzazione che meriterebbero.
Chi dovrebbe garantire alla collettività un servizio mirato a far conoscere e ammirare il passato che continua a vivere, anzi, sopravvivere, nel presente, non fa altro che legittimare l’attacco al comparto dei beni culturali, che dal piano nazionale si sta concretizzando nella nostra città, dove le istituzioni hanno scelto di far lavorare i “volontari” nel settore, seguendo il protocollo di un accordo prefettizio tanto povero di contenuti quanto pericoloso per il patrimonio stesso.