Sabato, 22 Novembre 2014 15:53

La bellezza è di tutte e tutti: Palazzo Boyl bene comune

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Di Francesca Gabbriellini e Andrea Incorvaia

L’alba del 22 Novembre a Pisa, è stata un altro bellissimo momento di bagliore nel grigiore quotidiano di una città, costretta a vivere sotto una cappa cupa e rigida, per certi versi legata a schemi desueti.
Gli attivisti e le attiviste del Municipio dei Beni Comuni hanno liberato dall’incuria, dal degrado, dal vile e ingiusto abbandono uno dei più bei palazzi affacciati sul Lungarno Mediceo, definito dal Leopardi “ancor meglio di quello di Firenze”. Una liberazione, sì, in piena regola: le catene del tempo imposte dalle logiche speculative e di gentrificazione che si erano impossessate dei soffitti, delle pareti finemente affrescate, dei pavimenti ridotti a cumuli di polvere, di ogni cosa presente all’interno di un luogo narrante cinquecento anni di storia, sono state finalmente spezzate. Un’occupazione all’insegna della restituzione alla cittadinanza tutta di uno spazio che sarebbe altrimenti finito nel nel dimenticatoio, a fronte di una storia importante e di grande valore.

Abitato fino al 1841 dalla famiglia Grassi (fu ospitato a lungo Domenico Guerrazzi, scrittore e politico risorgimentale), passò poi ai conti Agostini Venerosi della Seta, fino al 2008, quando il palazzo è rientrato nel patrimonio di una società per azioni, la Tognozzi SPA.

La società che deteneva la proprietà dell’immobile è ora al vaglio dell’autorità giudiziaria, indagata per corruzione all’Agenzia delle Entrate -il proprietario dell’azienda è indagato per il pagamento di tangenti a fronte di agevolazioni fiscali - ma non è la sola responsabile del degrado perpetrato, nonostante sei anni di ponteggi e lavori totalmente inutili e fittizi, visto che l’amministrazione comunale, forte con i deboli, ma supina ai poteri forti, non si è minimamente mossa per salvare questo bene culturale.
Un episodio di incuria e danneggiamento così grave proprio a Pisa, pronta a candidarsi solamente un anno fa come Capitale della cultura Europea per il 2019, una città che presenta troppe opere d’arte e beni culturali abbandonati a loro stessi, fuori dai circuiti virtuosi di valorizzazione che meriterebbero.

Chi dovrebbe garantire alla collettività un servizio mirato a far conoscere e ammirare il passato che continua a vivere, anzi, sopravvivere, nel presente, non fa altro che legittimare l’attacco al comparto dei beni culturali, che dal piano nazionale si sta concretizzando nella nostra città, dove le istituzioni hanno scelto di far lavorare i “volontari” nel settore, seguendo il protocollo di un accordo prefettizio tanto povero di contenuti quanto pericoloso per il patrimonio stesso.

Beccai

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