Non sono moltissime le opere esposte ma la loro qualità delinea perfettamente la passione della coppia per l’arte rinascimentale, passione che fu proprio madame André a trasmettere al marito fino a quel momento amante più che altro dell’arte francese di 600-700.
I contatti con Bardini ebbero inizio dal 1882 e nei dieci anni che seguirono i coniugi acquistarono dal mercante oltre 50 pezzi, non solo dipinti, ma anche pregevolissimi oggetti di arte minore, recandosi presso l’atelier fiorentino o trattando con l’antiquario direttamente a Parigi.
Le due opere cardine della mostra sono senz’altro il San Giorgio e il drago di Paolo Uccello - versione successiva a quella conservata alla National Gallery di Londra – e l’Ecce Homo del Mantegna - esposto nella quarta sala dedicata alla pittura veneta- che tra l’altro presenta uno stato conservativo eccellente.
La mostra ci porta indubbiamente a ripensare alla figura di Stefano Bardini, figura di grande spicco nella Firenze di fine ‘800 del quale molte famiglie nobili, spesso in crisi finanziaria, si servirono per la gestione dei propri affari ovvero la vendita e il commercio di opere d’arte. Il suo intuito per la compravendita lo portò a frequentare i direttori dei musei più importanti tra cui Wilhelm Von Bode - fondatore del Kaiser-Friedrich-Museum di Berlino poi direttore generale dei Musei Berlinesi - e questo contribuì indubbiamente a fare la sua fortuna anche a l’estero.
Bardini ha il merito di aver riqualificato Piazza de’ Mozzi che alla fine del XIX secolo gravava in uno stato di degrado e abbandono. L’antiquario acquisto appunto l’ex convento e successivamente il palazzo adiacente procedendo con un operazione di riqualificazione dell’intera area. In seguito acquistò anche la villa di Costa San Giorgio che oggi porta il suo nome e che, come in questa occasione, ospita mostre di rilievo.
L’intero complesso appartenuto un tempo all’antiquario è oggi uno dei meno visitati dell’area fiorentina. C’è da augurarsi che questa mostra, che ha nel proprio titolo la parola “Rinascimento”, possa portare un elevato numero di visitatori così da stimolare la loro attenzione e curiosità nei confronti di Stefano Bardini e di quanto da lui lasciato in eredità alla città di Firenze.