A causa di un suono pulito e cristallino dominato da testi riflessivi di grande livello e dallo stile inimatibile di Mark Knopfler (“il fingerpicking”, la pizzicata delle corde con le dita senza l’ausilio del plettro), in totale controtendenza con il punk e la disco music allora in voga, i Dire Straits alla fine degli anni ’70 rappresentavano una gran bella novità nel panorama musicale internazionale.
Il nucleo storico del gruppo si formò a Deptford (Inghilterra) nel 1977, quando i fratelli scozzesi David e Mark Knopfler, e l’inglese John Illsley condividevano lo stesso tetto con pochi soldi. I tre decisero di fondare un gruppo usando delle canzoni che Mark aveva scritto. Non le aveva mai suonate in pubblico a causa della timidezza e della scarsa fiducia nei suoi mezzi.
Dopo un esordio non proprio brillante, il gruppo trovò la sua denominazione definitiva grazie a un amico del batterista Withers che suggerì il nome Dire Straits (“terribili ristrettezze”) con riferimento all’infelice situazione economica che attanagliava i componenti del gruppo.
Tranquilli oggi sareste in buona compagnia.
Ma si sa è proprio quando cadiamo che impariamo a trovare le risorse per rialzarsi.
Ci volle tempo per il successo che avvenne tra il 1977 e il 1978 grazie al singolo “Sultans of swing” e all’esperienza come band di supporto al tour dei Talking Heads di David Byrne.
Il resto è storia con 9 album di studio (raccolte escluse) di grande livello con pezzi che sono entrati ben presto nell’immaginario collettivo.
Fino a quel “tragico” 1992, anno in cui il leader Mark Knopfler, distante anni luce dalle logiche della rock star, scelse la carriera solista cancellando di fatto i Dire Straits.
Nel 1996 con “Golden Heart” iniziò la sua nuova vita. Il sound divenne più sperimentale e intimistico. Nel 2000 con “Sailing to Philadelphia” ebbe un grande successo grazie anche al singolo “What it is”. Rimane però l’unico vero marchio di fabbrica della carriera solista del grande Knopfler che ancora oggi prosegue tra alti e bassi.
I Dire Straits Legends non sono tuttavia una tribute band, bensì un progetto finalizzato alla realizzazione di un tour per rivivere, sul palco e con il pubblico, alcuni dei pezzi più importanti della storia del rock.
Ma veniamo al concerto di Firenze.
Ed ecco la band che entra sul palco avvolta dalla musica di Ennio Morricone: il capo della “combriccola” Phil Palmer (chitarra), Danny Cummings (percussioni), John Illsley (bassista,storico fondatore nel 1977 dei Dire Straits), Steve Ferrone (già batterista per Eric Clapton e Duran Duran), Mel Collins (sax), gli italiani Primiano Di Biase (tastiere) e Marco Caviglia (voce e chitarra).
Ovviamente il vero dispiacere è l’assenza di Mark Knopfler. Sarebbe stato da urlo ma nella vita tutto non si può sempre avere. Dopo tutto l’ho già visto almeno due volte, di cui una insieme a Bob Dylan sullo stesso palco.
Ma torniamo a noi.
Un concerto con venti pezzi per oltre due ore di emozioni vere.
Ecco Phil Palmer che esclama: “John, are you ready to get your finger working again?”
Ovviamente John Illsley,co-fondatore della band con i fratelli Knopfler, risponde di essere pronto e si inizia. L’apertura, si sa, è prerogativa di “Calling Elvis” del 1991, brano che rievoca lo spirito rock di Presley. A ruota il grande successo commerciale di “Walk of life” (pubblico già in delirio). Seguono canzoni dei primi due dischi della fine anni ’70: ”Down to Waterline”, “Six Blade Knife”, “Setting me Up”. Ed ecco il lungo salto nel tempo al 1991 con “When it comes to you” e “The Bug”, tratti dall’ultimo album di studio della band, “On every street”. Poi Palmer annuncia due parole che iniziano con la lettera emme. Per i fan dei Dire Straits significa “Making Movies” (1980), pietra miliare della discografia della band inglese che ha venduto ben 8 milioni di copie nel mondo. Un album che con soli 7 brani mette gioia di vivere, affetto, immagini oniriche e filmiche,testi maestosi governati dalla sapiente maestria della Fender Stratocaster di Mark Knopfler.
Partono le note delle straordinarie ballate d’amore “Romeo and Juliet” e “Tunnel of Love”. Due marchi di fabbrica della premiata ditta Dire Straits con un John Illsley impagabile e mai domo. Dire che la gente aveva la pelle d’oca è semplicemente riduttivo. Quasi 20 minuti (con due canzoni) tutti di un fiato. Perle che ancora oggi emanano lucentezza rara.
Ma non è finita certo qui. Dopo applausi scroscianti, ecco “Private Investigations”, tratto dal disco “Love over gold” del 1982, cantata da John Illsley.
È solo una piccola quiete prima della tempesta.
Perché subito dopo anche il più tranquillo del pubblico inizia ad agitarsi: ecco le prime note della fantasmagorica “Sultans of swing”, primo capolavoro universale della discografia della band. E ieri sera, per l’appunto, cadeva l’anniversario della pubblicazione che avvenne proprio il 19 maggio 1978.
Dopo oltre 10 minuti di puro rock e qualche minuto di standing ovation,il concerto si fa più intimo. Ecco “Your latest trick” (con una grande prova al sax di Mel Collins), “Once upon a time in the West” e un’autentica anteprima: l’inedito “Railway Tracks”, il brano tratto dal nuovo disco di John Illsley,intitolato “Testing the water”, di prossima uscita.
Gran bel pezzo vi segnalo. Poi tra sguardi divertiti e complici, si arriva agli ultimi tre pezzi del concerto con l’immensa “Telegraph Road” (con l’immancabile chitarra resofonica della copertina del celeberrimo “Brothers in arms”), “You and your friend” e una versione spettacolare di “Express love” (tratta da “Making Movies”).
Mentre alcuni avevano ancora in mente “You know i'm crazy for the girl” della canzone appena finita, il palco si svuota. I sette componenti della band se ne vanno. Ovviamente è una finta perché il teatro è una bolgia e chiede incessantemente il bis. E il finale non si dimentica facilmente. Illsley,Palmer e gli altri chiamano tutto il pubblico sotto il palco per il gran finale. Ecco la straripante “Brothers in Arms” che omaggia la bontà e l’onestà dei compagni d’armi nell’inferno delle guerre. Ed ecco un lungo assolo di chitarra che riecheggia nel teatro tra il divertimento e la commozione della gente.
Tutti si aspettano che il concerto finisca qui. E invece c’è tempo per l’ultimissimo pezzo che nella versione originale è cantato,oltre che da Mark Knopfler,anche da Sting (ritornello e cori). Sto parlando,ovvio,della celeberrima “Money for Nothing” anticipata dalla celebre “schitarrata” che riconoscerebbe chiunque. Un pezzo ironico contro il music business di Mtv e delle radio generaliste di oggi che hanno ucciso la vera musica con l’invadenza della tecnologia che non permette l’abilità e il sentimento umano. Infatti i giovani di oggi in sala erano pochi. Per la maggioranza della nostra generazione il motto è “money for nothing and chicks for free” ovvero soldi e f..a gratis. E a volontà se preferite,Silvio permettendo.
Il concerto è finito,la buona musica pure. La band ringrazia il pubblico sotto valanghe di applausi che sottolineano che la buona musica non conoscerà mai i segni del tempo. Per quanto mi riguarda devo dire che in questa serata ho coronato un sogno: non solo perché ho visto del vero “solid rock” rigorosamente dal vivo ma perché la musica degli Straits è un “ticket for heaven”. O semplicemente l’estasi dei sensi in un “tunnel of love”. Ecco che ogni tanto, nelle “dire straits” quotidiane, la vita ti sorprende e ti dà i motivi per gioire. Sta a noi trovare il tempo e il coraggio per fare carpe diem.