Lunedì, 07 Luglio 2014 00:00

I Metallica by request a Roma

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Alle 15 iniziano ad entrare i primi di quei 30/40 mila che alzeranno la polvere dell’ippodromo delle Capannelle. Gli stand sono abbastanza numerosi e permettono di non precipitarsi sotto al sole, ma che senso avrebbe accamparsi davanti ai cancelli o comunque arrivare ore prima se non per conquistarsi uno spazio per scorgere qualcosa che non siano soli gli schermi e il video in diretta?

Due ore dopo, intorno alle 17, appare un uomo con testa di gufo. La voce dei Kvelertak prova da accendere gli animi, senza però entusiasmare eccessivamente. Tra il cantato in norvegese e una qualità audio non eccellente, si può solo apprezzare una mezz’ora di metal onesto ma sacrificato come carne da cannone.

Il tempo di cambiare il palco e prima delle 18 a partire sono i Volbeat, reduci da un significativo successo commerciale ma non così noti da saper entusiasmare il pubblico ancora provato dal sole inclemente. Michael Poulsen decide di richiamarsi costantemente a Johnny Cash per farsi amica la platea e finisce che forse in pochi si sono accorti della chitarra di Rob Caggiano (già Anthrax) che, se la memoria non mi tradisce, tirò fuori due parole in italiano ai tempi del Big 4 di Milano (2011) senza però replicare quest'anno. Nonostante la maggior parte dei pezzi viri più sull’hard rock e su un metal leggero, dalle mie parti sono in diversi a segnarsi il nome per ripromettersi di trovarli su Youtube e poi scaric... acquistare i loro dischi. Intrattenimento finalizzato a farsi conoscere: obiettivo raggiunto per questo gruppo danese che molte promesse fa intravedere per il futuro.

Sono passate le 19.30 quando a salire sul palco sono gli Alice In Chains. La qualità dell’audio sale, così come l’entusiasmo di ormai diverse migliaia di presenti (siamo quasi al completo). Perfetti, eleganti, quasi austeri. Accendono l’entusiasmo con i pezzi più noti e si fanno gustare come un aperitivo, anche se la percentuale di chi è presente per loro resta bassa. C’è tutto un retroterra nei rapporti tra Alice e ‘tallica, ma tra gli oltre 30mila presenti c’è poca memoria storica.

I Four Horsemen attirano un pubblico eterogeneo. Ci sono genitori con figli (anche piccoli), talvolta tenuti coraggiosamente sulle spalle. Capelli bianchi che hanno superato i 50. Duri fedeli del metal, tatuati e intolleranti ai gruppi spalla. Giovani pronti a pogare senza pietà, accanendosi su chi ha la brutta idea di contestarli. I nerd più vicini a sonorità più epiche, ma comunque affascinati da uno spettacolo che pochi gruppi sono in grado di offrire (anche in termini di scenografie e qualità tecnica).

Per chi scrive era il sesto concerto dei Metallica: da ormai qualche anno va avanti l’idea della grande famiglia che si ritrova intorno ai capifamiglia, quest’anno particolarmente ruffiani.

Una scaletta scelta interamente da chi aveva acquistato il biglietto. 16 pezzi pescati dai primi cinque dischi del gruppo, a cui si è aggiunto l’inedito per il tuor estivo (Lords of Summer). La diciottesima canzone è stata scelta con il televoto, tra i primi tre pezzi di quelli rimasti fuori dalla selezione sul web. Dalle 17 in poi si sono alternati una serie di video dove i volti dei Metallica invitavano a mandare un sms per scegliere quale pezzo suonare a fine concerto (il penultimo pezzo, rigorosamente seguito da Seek & Destroy). Purtroppo tra The Four Horsemen, Whiskey in the Jar e Fuel ha vinto quest’ultima, anche se l’impatto emotivo del pubblico ha confermato essere la preferita tra i presenti.

A presentare due canzoni sono stati dei fan tra quelli che sono stati fatti salire sul palco.

Ormai è tutto un grande spettacolo, non un semplice concerto dove il primo che arriva sta in prima fila a contendersi il plettro lanciato. Ci sono diversi livelli. Da chi vince i concorsi a quelli che pagano di più per stare nel primo anello. Decine e decine di plettri lanciati a manciate. Senza che questo snaturi però la sostanza, per quanto si possa poco apprezzare la nuova piega commerciale del gruppo. Perché chiunque si metta a predicare che “i Metallica erano belli nei primi dischi ma poi...” vuol dire che si limita ad ascoltarseli nelle cuffie da solo, per poi sposare la crociata contro la casta che ha tradito la musica...

Dopo la classica introduzione con l’Estasi dell’oro, la consueta apertura con Morricone e il da poco scomparso Wallach, tocca a Battery (senza introduzione) far tacere il boato delle decine di migliaia di persone accorse intorno ai quattro cavalieri. Un continuo di classici sostanzialmente interamente cantati da un pubblico che raramente ha potuto ascoltare una tracklist così familiare.

La storia del metal va in scena, ricordando il perché i Metallica sono riusciti a travalicare i confini del genere e farsi ascoltare anche fuori da un circuito dall’identità definita e orgogliosa.

Come già detto, forse più uno spettacolo che un concerto nel senso classico del termine, ma uno di quegli spettacoli che varrà sempre la pena accorrere a vedere, nonostante i mille limiti organizzativi di questi eventi in Italia (l’Appia intasata e da cui era impossibile uscire in tempi umani ne è solo un esempio).

I Metallica dal vivo sono ancora una grande band. Sad (per alcuni) but true.

Foto ripresa liberamente dalla pagina Facebook dei Metallica, qui

Ultima modifica il Venerdì, 04 Luglio 2014 16:51
Dmitrij Palagi

Nato nel 1988 in Unione Sovietica, subito prima della caduta del Muro. Iscritto a Rifondazione dal 2006, subito prima della sconfitta de "la Sinistra l'Arcobaleno". Laureato in filosofia, un dottorato in corso di Studi Storici, una collaborazione attiva con la storica rivista dei macchinisti "ancora IN MARCIA".

«Vivere in un mondo senza evasione possibile dove non restava che battersi per una evasione impossibile» (Victor Serge)

 

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