Eccentrico e stravagante, il trio formatosi a New York nel 1993 si è subito imposto come uno dei massimi esponenti del noise-rock più underground, attirando le attenzioni degli stessi Sonic Youth. Composto dalla fascinosa cantante e chitarrista giapponese Kazu Makino e dai fratelli Pace, nati a Milano ma cresciuti artisticamente nelle accademie musicali canadesi e statunitensi, il gruppo formatosi a New York ha risentito fortemente dell'ambiente culturale della metropoli americana, ricca, all'epoca, delle più variegate spinte e suggestioni new wave, indie, noise e neopsichedeliche. Il loro è però un suono avanguardistico e non scolastico, peculiare e personale che è passato attraverso innumerevoli ridefinizioni, fino ad approdare ad una forma più pop, sebbene sempre obliqua e dissonante, nella seconda parte della loro carriera.
Misery is a Butterly (2004) si situa proprio in questa frattura che vede un progressivo abbandono della componente underground rumorista del complesso per abbracciare in toto sonorità più accessibili ma anche più elaborate. Misterioso ed evanescente sin dalla copertina, è l'album probabilmente più celebre del trio e uno dei più apprezzati dalla critica, che solitamente comunque tende a preferirgli il precedente "Melody of Certain Damaged Lemons" (2000), uno dei capisaldi del noise-rock tutto.
Non c'è dubbio che del breve tour italiano, una delle tappe più suggestive sia quella di Fiesole, grazie al carattere estremamente suggestivo della sua location: lo splendido teatro romano. Concerto per poche centinaia di intimi, dunque quello di Domenica 17 Luglio, che ha sicuramente reso più affascinante un appuntamento che già di per sé prometteva un grande coinvolgimento emotivo.
E così in effetti è stato. Fin dalle prime note i Blonde Redhead hanno restituito pienamente il fascino obliquo e caotico dell'album, ripercorrendolo con rigore filologico dall'inizio alla fine (ma senza rispettare del tutto la tracklist del disco). Messi a punto gli ultimi dettagli nel corso dei primi tre pezzi, aiutati da una buona acustica, gli otto musicisti sul palco hanno sprigionato un sound avvolgente e profondo che ha lasciato senza fiato gli spettatori.
I battiti irregolari e singhiozzanti di Amedeo Pace e le anomalie ritmiche imposte dalla chitarre, amplificano l'effetto di essere in presenza di un pop tanto magnetico quanto disturbato, tanto attraente quanto molesto. I vocalizzi di Makino, striduli ma mai così dolci e soffici e i languidi mantra di Simone Pace definiscono i tratti di un art rock bipolare e schizofrenico. La quiete e l'armonia di fondo definita dagli archi viene continuamente spezzata, in una estetica dello spaesamento che ha portato il critico Piero Scaruffi a parlare di "teatro della psicosi". Con Misery is a Butterfly la dolcezza diventa inquietudine: i gentili tocchi di tastiera orientaleggianti, i vortici chitarristici in sapore classico invece di far trionfare l'apollineo, si perdono in labirinti senza uscita, in loop ipnotici scomposti e imprevedibili.
Il live ha avuto il grande merito di condurre lo spettatore ancora più addentro le loro dolci nevrosi. Da brividi i vocalizzi sofferti di una Makino in grande spolvero sulle allucinazioni oniriche di una meravigliosa "Anticipation" così come è memorabile l'esecuzione della lunga suite "Pink Love" segnata da progressioni surrealiste per una visionaria ballata per archi e tastiere liquide. Ma è i generale tutto a funzionare alla perfezione con un ottimo bilanciamento e una più che discreta armonia fra i vari strumenti. Bene anche i nuovi pezzi, concessi durante il bis, che, meno irregolari, sembrano portare il gruppo sempre più un vero e proprio rock orchestrale.
A Fiesole i Blonde Redhead si sono dimostrati all'altezza della propria fama con un concerto emozionante e coinvolgente che ha evitato di scadere nel prolisso e nell'autocelebrativo. La decisione di riproporre "Misery is a Butterfly" con un quintetto d'archi, cercando di catturare meglio le atmosfere originali del disco, paga appieno.