Da più parti si è reagito come se la musica dovesse viaggiare su un binario parallelo rispetto alla politica, alla militanza, all'impegno. In Italia la situazione è tragica: la politica pretenderebbe di silenziare ogni voce discorde, sia essa parlata, scritta o cantata! Ma ciò non è mai stato possibile, non è ad oggi possibile, e non sarà mai possibile. Perché no, non "sono solo canzonette". O almeno non sempre. La storia è piena di artisti che si sono schierati al fianco di uomini politici, o comunque hanno detto la loro su eventi del mondo esterno: basti pensare a Born in the USA, celeberrimo brano di Bruce Springsteen che, ben lungi dall'essere un inno patriottico per l'America, parla della guerra in Vietnam. Ci sono anche casi di cantanti presi per la giacchetta dal politico di turno in occasione degli appuntamenti elettorali, come il già citato Springsteen in occasione della candidatura di Ronald Reagan.
Ma se una canzone spalleggia il potere nessuno fiata. Quando invece un cantante osa denunciare le storture di un governo si scatena il finimondo: ed è appunto quello che è avvenuto allo Stadio Olimpico di Roma, durante l'ultima data italiana del tour della band di Seattle. In quel caso addirittura la band non si è limitata a cantare una canzone, ma si è permessa di riproporre l'hashtag #ApriteIPorti, quindi chiamando in causa un preciso fatto di attualità del paese ospitante e quel Matteo Salvini che, con la sua decisione scellerata, ha dato il via alla triste storia. E ovviamente a Qualcuno a Roma sono fischiate le orecchie quando il pubblico accorso in massa al richiamo di Eddie Vedder ha acceso la luce dei cellulari, come a voler illuminare le menti dei politici italiani, ed ha intonato "Imagine there's no country".
Ma non solo la politica si è sentita in dovere di rimbrottare Vedder, è spuntata fuori anche Rita Pavone, pronta a sostenere l'inopportunità di certe esternazioni. Insomma, Eddie Vedder è riuscito a far scoppiare una bomba in Italia, e dovremmo essergliene grati! Chissà mai se alcuni concetti saranno più chiari e facilmente digeribili da parte dell'opinione pubblica se a passarli è la voce di un amato cantante! Credo che sia quanto mai opportuno citare Madonna e il suo "bene o male purché se ne parli". Intanto l'esibizione del 26 giugno ha contribuito a non spegnere la luce sui misfatti di Salvini, ha fatto sì che ancora una volta si parlasse di migranti, che negli occhi dei "sudditi" accorsi alla corte dei Pearl Jam si mostrasse il grido #ApriteIPorti. Perché no, la situazione non è cambiata: i migranti continuano a partire in cerca di una vita migliore e, se i porti italiani restano chiusi, cercando una vita migliore rischiano di trovare solo una morte terribile.
Ovviamente nessuno si illude che il parere di un cantante possa servire fattivamente a cambiare le decisioni della politica italiana, neanche se a Vedder si unissero altri musicisti. La politica purtroppo continuerà a fare orecchie da mercante, ad accampare scuse, a nascondersi dietro il mantra "ma l'Europa ci deve aiutare". Ciononostante la cultura, di cui la musica è l'espressione probabilmente più mainstream, ha il diritto, se non il dovere, di schierarsi, di prendere posizione sui fatti dell'attualità, e non soltanto della madre patria: la musica non può essere ridotta a motivetto da fischiettare sotto la doccia, ma ha l'onere di smuovere le coscienze e passare in maniera soft concetti ed idee importanti, sulle quali non è ammissibile non parteggiare.
A parti inverse capita però che una band esprima concetti non esattamente condivisibili. Cosa fare in quel caso? Limitarsi ad ascoltare la musica, tralasciando i testi. Operazione nella quale spesso, in caso di cantanti d'Oltremanica, viene in aiuto l'italica ignoranza dell'inglese! Insomma, non si deve dimenticare che dietro a un cantante c'è sempre un uomo, con le proprie idee e convinzioni, che in nessun caso è lecito spegnere. Sta al pubblico decidere, chiaramente documentandosi, se essere d'accordo o meno con chi dal palco fa parlare un'idea o un'altra.
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