Cosmo - L'Ultima Festa
Il pop elettronico dei Drink To Me rappresenta una delle più belle realtà del panorama italiano. Si può tuttavia comprendere il bisogno del frontman Marco Bianchi, originario di Ivrea e torinese di adozione, di cercare forme espressive diverse lanciando un suo progetto solista sin dal 2013. Sotto il nome d'arte Cosmo, si ricerca uno stile più cantautoriale, pur volendo rimanere fedeli a un synth pop dalla venature malinconiche, già marchio di fabbrica dei Drink to Me. Su "L'ultima festa", Cosmo pone le fondamenta della sua arte su formule pop accattivanti e semplici, quasi al limite della filastrocca ("Le voci", "L'altro mondo") ma con una colta ricerca musicale (indietronica, dream Beat, persino certa techno d'autore) e dei testi coinvolgenti, tutti in italiano, che aprono un universo di desolante crisi esistenziale sullo sfondo di una decadenza sociale senza fine. Rispetto ai Drink to Me, qua si guadagna proprio dal punto di vista dei testi ma si perde molto, forse troppo, dal punto di vista della ricerca melodica, troppo ancorata a un pop scanzonato e spesso piatto che non rende del tutto giustizia a uno dei più acuti esponenti del synth pop nostrano. Superato questo shock, il disco si fa ascoltare eccome.
voto: 6,5/10
Mary in June - Tuffo
Uno dei dischi più solidi venuto fuori dal calderone indie-rock è sicuramente "Tuffo", dei romani Mary in June, prodotto dall'ex CCCP Giorgio Canali. Il gruppo si muove su quelle coordinate indie ormai consolidate negli ultimi anni da musicisti come Fine Before you Came, Stato Sociale e Le Luci della Centrale Elettrica. Ed è proprio quest'ultimo che sembra essere il riferimento privilegiato della poetica visionaria, decadente e surrealista dei Mary in June che però su tracce dal buon impatto emotivo come "Sogni per l'Analista" o "Fango" sviluppano una abrasività punk che rimanda maggiormente a band come Tre Allegri Ragazzi Morti, Fast Animal and Slow Kids o Il Teatro degli Orrori. "Tuffo" appare a tratti un po' troppo scolastico e prevedibile ma i testi ispirati e le sonorità dirette e sanguigne lo rendono piacevole e godibile. Nel contesto di una scena indie italiana scevra di grandi capolavori, questo disco, nella mediocrità generale, entra di diritto nel novero degli album più interessanti di questa stagione musicale.
voto: 6,5/10
L I M - Comet
Dopo lo scioglimento dei validi Iori's Eyes, Sofia Gallotti prova la carriera solista sotto il moniker L I M. E i risultati arrivano subito: basta un EP di cinque tracce, intitolato "Comet", per far gridare al (mezzo) miracolo. Si ritrovano qua sapientemente mescolate e dosate le principali tendenze della musica alternativa contemporanea, fra un synth pop oscuro o onirico e calde e avvolgenti vibrazioni r'n'b, sulla scia di artisti quali FKA Twigs e Polica, ma con un gusto per i ritmi sincopati e singhiozzanti del trip -hop di Portishead e Massive Attack. La perfezione estetica è raggiunta sulla title track "Comet", uno dei pezzi italiani più belli dell'anno, ma anche le altre composizioni sono gioiellini in grado di rivaleggiare con i lavori dei più quotati colleghi britannici. Occorrerà aspettare il suo esordio sulla lunga distanza per vedere se tutte le promesse verranno mantenute. Per ora ci godiamo un EP davvero sorprendente.
voto: 7/10
Winstons - The Winstons
Dietro i Winstons si nascondono alcuni degli artisti e polistrumentisti di maggior spessore in Italia: Roberto Dellera (bassista degli Afterhours), Enrico Gabrielli (Mariposa, Calibro 35) e Lino Gitto. Si tratta di un concentrato di conoscenze su arrangiamenti, tecniche di produzione, unite alla maestria e al virtuosismo strumentale che rende lecito aspettarsi un prodotto di alta qualità. E in effetti i Nostri non deludono affatto. Nel loro disco omonimo, i Winstons abbracciano in pieno uno stile progressive che guarda da vicino tanto la scuola di Canterbury quanto la grande tradizione italiana (PFM, Area, Picchio dal Pozzo, ecc...). Fra suggestioni retro-psichedeliche in salsa Beatles e Doors ("She's my Face"), lunghe suite di jazz acido ("A Reason for Goodbye") e stupendi passaggi prog dissonanti alla Emerson, Lake & Palmer ("Dancing in The Park With a Gun"), il disco recupera in maniera suggestiva e rigorosa buona parte dell'immaginario e delle sonorità degli anni settanta, da King Crimson e Pink Floyd fino a Robert Wyatt e Roger Waters. Un esercizio di stile, ma davvero formidabile.
voto: 7,5/10